The samples fascination pt.1

Ho sempre avuto una passione nello scandagliare le canzoni che più mi piacciono. Tentare di capire come sono state composte e che mezzi sono stati usati per arrivare a tale magico risultato, una sorta di decoupage applicato ai suoni o di decostruzione più terrena e mondana. Oggi, ove buona parte della musica ascoltata è elettronica (uso di synth, laptop, softwares etc.), i samples sono un sicuramente un oggetto portante nel caso si voglia analizzare e capire come un pezzo “esce fuori”.

Così ho trovato il modo a canalizzare le mie piccole e brevi indagini con un video (alcune ricerche son semplici, altre più complesse, e coinvolgono anche l’interrogazione dell’artista stesso); questo è il primo forse di una serie, o almeno si spera (da perdonare la qualità youtube e il primo sputtanato sample, si accettano consigli):

Sorveglianza novembrina

Sorveglianza

ovverosia: it’s hard to remember / what we did last november — un paio di segnalazioni para-danzerecce poco coerenti con le condizioni atmosferiche.

Della città di Chicago, che oggi evoca la becera indietudine contemporanea, dovrebbe essere soprattutto ricordata la maternità della house. Non serve parlare di come il genere abbia influenzato direttamente e indirettamente molta della musica che conosciamo e amiamo (vedi: Detroit, Salem, filiazioni e derivate moderne della dance). E di Chicago è la Mathematics Recordings, gestita da Jamal Moss (aka Hieroglyphic Being), che rilascia senza posa interessanti settepollici. Notevoli soprattutto gli Africans With Mainframes, indubbi vincitori del premio per il miglior nome di un’unità musicale, a cui piace combinare la house Chicagense della prima maniera con vocoder e percussioni terzomondiste; risultato è una piacevole commistione sperimentale che sa dei David Byrne e Brian Eno più africaneggianti mentre si fanno un giro nel midwest americano accompagnati dai Kraftwerk.

Altrettanto interessante è il vicino futuro della Aus Music, etichetta inglese le cui pubblicazioni dubstep e techno sono tra il meglio che c’è in circolazione: melodie velate e beat a frammentazione, suoni strani e potenza bassa, insomma tutto quello che ha reso interessante il dubstep à la Werk Discs. Nomi come Appleblim, Joy OrbisonAl Tourettes e Ramadanman sono da tenere d’occhio tassativamente per chiunque sia interessato a quell’area. La Aus Music vanta già remix di nomi del calibro di Actress, e ancora migliore sarà la partecipazione al prossimo(22 novembre) Void 23: niente meno che Carl Craig (per chi non conoscesse Carl Craig, questo e questo possono dare un’idea).

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Al Tourette’s & Appleblim – Mr Swishy

In uscita a novembre è anche il nuovo EP dei Raime, If Anywhere was here he would know where we are/This Foundry (Regis version), che si spera bello come il primo, sempre per Blackest Ever Black — da qualche tempo in quelle zone si è interrotto il costante flusso di link a oscuri pezzi post-punk e dark ambient. Indice di lavori in corso?

Chiudo, dopo la breve sequela di ritmi, con una delle mie canzoni novembrine preferite, nonché una delle più belle cover di tutti i tempi. Perché le novità e l’aspettativa possono andare anche bene, ma le sigarette sotto la pioggia, le mani fredde, la solitudine e il grigiore restano sempre meglio.

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Junior Boys – When No One Cares

Kno – Death is silent

Inizialmente pensavo che l’album hip-hop dell’anno fosse quello dei Roots (cioè Dear God 2.0 era melensa però ascoltabile, lo so i soliti testi anti-quello ed anti-questo ma tanto siamo italiani e ci passiamo sopra, e poi Doin’it again è una bestia di pochi secondi che spacca i culi bianchi)

Poi invece ho detto, no, l’album hip hop dell’anno deve essere quello dei Blue Sky Black Death (cioè quell’ultima canzone era scandalosamente bella, anche se la sensazione che qualche traccia riempitiva c’era).

Ed oggi no ancora. L’album dell’anno è di Kno dei CunninLynguists. Hip-hop composto, corretto, basi spaventose che manco Dio capisce, e sample presi alla vecchia maniera attraverso vinili che manco nostro nonno conosce (il singolo “Graveyard” è preso proprio da una vecchia canzone, che bello applicare i beats ad un flauto, no?). In questo modo Kno, che altro non è che “colui che crea le basi per gli altri due rapper del gruppo”, si aggiudica il momentaneo podio di album hip-hop dell’anno. Poi può darsi che domani già cambia il mondo, però Dio benedica queste tredici tracce che mi trascinano prima tra le foreste della Norvegia e poi nel più cupo oriente.

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Kno – Graveyard ft. Sheisty Khrist

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/10/13-The-New-Day-Death-Has-No-Meaning.mp3]
Kno – The New Day (Death Has No Meaning)