Il commerciale che è in me

No, non avete sbagliato blog, è sempre lo stesso.
Stiamo parlando del mondo che molti odiano e disprezzano. Canzoni scritte a tavolino, team di compositori, campagne elefantiache di comunicazione, marketing spinto, turnisti alto livello in studio di registrazione. Il commerciale ed il mainstream, che scremato di tutti i suoi contorni terreni, è sempre presente col suo portato uditivo. E quando facciamo i conti solo ed esclusivamente con le nostre orecchie, solo lì, vengono fuori possibili piaceri nei luoghi meno sospetti, che è bene tenere nascosti.

Bruno Mars – Locked Out of heaven: Sostanzialmente stiamo parlando di Sting coi Police scuro di carnagione e con un account VEVO (ho un scudo di difesa). Molteplici sono gli accostamenti fatti col timbro vocale di Michael Jackson, ma la strada (anche chirurgica) ci sembra lunga.

Swedish House Mafia – Don’t You Worry Child: trio svedese di dj e produttori che sembrano noti al mondo intero dal 2007 mentre a casa mia non è mai entrato nulla di ciò.  Forse siamo troppo abituati al meglio, e al fatto che se un dj non indossa almeno una maschera il suo valore rasenta i primi numeri del sistema decimale, ma la radio ogni tanto passa qualche unz unz di arbitraria gradevolezza. Sia ben chiaro, non andranno molto avanti con la carriera musicale, e nemmeno mi sperticherei con gli auguri.

Rihanna – Diamonds: non poteva mancare in rassegna. Ogni anno un album fuori e a breve partirà il 777 Tour, 7 nazioni 7 concerti in 7 giorni. Della serie “facciamo soldi a sufficienza e andiamo a vivere di rendita su qualche atollo che manco Briatore conosce”.

Asaf Avidan – One day/Reckoning Song: la storia è semplice, cantautore israeliano che compone questo brano nel 2008, che oggi viene remixato e prodotto da un dj tedesco (Wankelmut) e arriva nelle vette delle classifiche di tutta Europa.

e con oggi può bastare!

Musteri Hinna Föllnu Steina

Negli ultimi due mesi ho passato molte notti insonni. Insonnia del peggior tipo: quella che ti fa addormentare e dormire come un bambino fino alle tre o quattro del mattino e poi, esattamente come un bambino, ti svegli disperato e frignante, in preda al terrore. Vorresti urlare e farti abbracciare da mamma, ma mamma non c’è e se urli i vicini chiamano la polizia. Quindi non chiudi occhio fino all’alba, e nemmeno dopo. Finché, o ti alzi e ti avvii a una giornata da zombie dove l’unico scopo sarà gonfiare e sgonfiare i polmoni con una certa frequenza e tenere stabile la frequenze ritmica del battito cardiaco, oppure crolli esausto e pensi di morire. Ma non muori, perché un’ora dopo controlli l’orologio, sono le otto del mattino e non sei morto. Le otto, non a caso il numero che se rovesci rappresenta l’infinito, l’infinito cacamento di cazzo di vivere, come direbbe il faraone. E’ più o meno come in quei film dove viaggi nel tempo e a te sembrano passati solo venti minuti e invece per gli altri sono passati vent’anni, però al contrario e con molte sigarette in più. Il resto del mondo si sta svegliando, mentre tu sei di ritorno dal Vietnam e il tuo sguardo è cambiato. Gli altri non possono capire, loro sono andati a letto, dormire, sognare, forse scopare: poi si sono alzati ed era un’altra giornata, si amavano, lavoravano, giocavano e vivevano e tutto era bello perché se Mary è accanto a te ti senti un re. Ma tu sei solo e fermo all’interminabile giornata di prima, in un’oscura bolla spazio-temporale, lontano da tutto e schiavo dell’entropia perché Mary non c’è, è andata via, Mary non è più cosa mia. E in molte di queste notti, a dire la verità in quasi tutte, quando mi svegliavo mettevo subito le cuffie e accendevo la musica per evitare di sentire il Terribile Silenzio che a quell’ora, tre o quattro del mattino, è l’incubo peggiore che l’essere umano possa immaginare da sveglio. Il disco era sempre lo stesso. A volte seguivo l’ordine dei pezzi, a volte attivavo la modalità casuale, ma credo di aver sentito il disco Musteri Hinna Föllnu Steina più di quanto abbiano fatto i loro stessi autori. La citazione è ormai troppo sputtanata, lo so, però era veramente un dolce naufragare in questo mare, un gorgo oscuro di droni, echi di treni in mezzo alla nebbia, pulviscolo atmosferico, pianoforti fantasma e mostri della laguna grigia dallo sguardo gentile. In breve in questo disco è diventato la colonna sonora del mio cervello, quell’accogliente bolla spazio-temporale dove accucciarmi e resistere in attesa dell’alba. Ora, io non so come renda questo disco in condizioni normali. Non sto dicendo che si possa ascoltare solo alle tre o alle quattro del mattino come arma contro il terrore notturno. Non dico questo. Ma senza dubbio richiede un certo isolamento temporaneo dal mondo degli uomini. Notte, eventualmente. Cuffie, senza dubbio. E fate attenzione alla testa, nel tempio delle pietre che cadono.

(immagine da Sardegna Abbandonata)

Tim Hecker live nella Chiesa Metodista a Roma

Venerdì 30, a Roma, una frangia di Guylum Bardot sarà al concerto di Tim Hecker nella Chiesa Metodista in Via XX settembre 123.

Qui sotto viene offerto (in sacrificio per voi) un recente articolo apparso sulla rivista Musicworks, a bientot!

[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2012/11/06-Hatred-Of-Music-I.mp3]
Tim Hecker – Hatred of Music I

William Basinski – The Disintegration Loops (reissue)

Ricordo che circa sette anni fa scrissi una piccola tesina, per un modulo di Storia della musica, su William Basinski. Tracciavo un percorso che partiva da Erik Satie e finiva col parlare della sua musica ambient, descrivendo le caratteristiche storiche della “musica da parati”. In mente avevo l’imprescindibile The Disintegration Loops, un album di quelli che o si incomincia ad amarlo smodatamente una volta immersi dentro oppure lo si cestina scrivendo qualche recensione con insulti e schiamazzi.
La musica che propone qui Basinski si basa essenzialmente su dei lunghi loops sinfonici (la durata può superare i 60 minuti) registrati su nastro, i quali vengono fatti girare fino allo sgretolamento sonoro e fisico della materia musicale stessa. Il primo esperimento in merito si è trattato principalmente di una casualità che ha permesso di sfruttare l’accaduto della “bruciatura” su tutta una serie di nastri che teneva conservati nei cassetti da molto tempo.
L’album è uscito esattamente dieci anni fa, ed in occasione dell’anniversario esce un limited edition box set composto essenzialmente dalle tracce rimasterizzate e due performance live al Metropolitan Museum e alla Biennale di Venezia, includento in totale 5 CD, un DVD e 144 pagine di foto e note a cura di Basinski stesso, David Tibet dei Current 93 e Michael Shulan del National September 11 Memorial & Museum.
Mi son chiesto cosa potesse c’entrare l’11 settembre con questa nuova edizione, ma ho subito confinato il dubbio quando mi è balzato alla mente il video “ufficiale” qui sotto, girato da Basinski il giorno dell’attacco alle Torri Gemelle, dal tetto della sua abitazione:

Disintegration Loop 1.1 consists of one static shot of lower Manhattan billowing smoke during the last hour of daylight on September 11th, 2001, set to the decaying pastoral tape loop Basinski had recorded in August, 2001. Shot from Basinski’s roof in Williamsburg Brooklyn, this is an actual documentary of how he and his neighbors witnessed the end of that fateful day. It is a tragically beautiful cinema verite elegy dedicated to those who perished in the atrocities of September 11th, 2001

Ci sarebbe da scrivere altre due tesine, altre recensioni, e probabilmente fare uscire un reissue ogni dieci anni. Ma, soprattutto, stare del tempo sopra questa roba (il mio disintegration loop preferito in assoluto è D|P 3, ricordo di averci dedicato ore ed ore). In conclusione, non ci resta che far girare i loops: godiamoci la comodità di non dover far ri-partire la traccia dall’inizio e di assistere al suo decadimento totale.