Quel che cerco e non trovo

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C’è un pezzo bellissimo del film “Tutte le mattine del mondo” dove il vecchio maestro chiede all’allievo cosa sia la musica, e lui dà una serie di risposte tutte molto convincenti, tanto che lo spettatore a ogni risposta è portato a pensare “ecco, questa è quella giusta!” e invece no, il maestro dice sempre di no, finché, fuochino, dice “ecco, ecco: ci sei quasi” e poi viene fuori la risposta giusta, che non vi dico perché non è questo il punto. Che invece, forse, è questo qua: tra poco usciranno le classifiche sui migliori album dell’anno – pure qua su guylum bardot, come da tradizione, dato che le classifiche le amiamo – quelli che abbiamo sentito e ci sono piaciuti, quelli che forse ci diranno qualcosa anche fra cinque anni, quelli che ci hanno entusiasmato per un mese e poi chi se li ricorda più, le canzoni che non ci leviamo dalla testa e i suoni che ci hanno fatto intravedere la possibilità di qualcos’altro. Ed è appunto questo qualcos’altro che a volte, soprattutto quando non lo cerco, mi capita di trovare, in questo caso come allegato in una mail di un carissimo amico:

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Die Forelle

Attualmente la mia versione preferita di Die forelle ma anche manifesto di quello che cerco e non trovo. Capita raramente e quindi mi è sembrato doveroso condividerlo. Altri casi:

Sugar Man

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Documentario la cui visione è da considerarsi OBBLIGATORIA. Si consiglia di scaricare o comprare la versione originale, in giro si trovano anche i sottotitoli ita. Altro consiglio: per non rovinarvi la visione non cercate assolutamente alcuna info su internet nè sul film nè sulla storia nè sul personaggio in questione. Guardate e ascoltate.

Sugar Man
Rodriguez – Sugar Man

Sole che brucia

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Per seguire il volo di un vento fortissimo: ardere di laviche coltri o euforia grazie a libertà sconfinate, come questo desertico pezzo? Quale gorgo starà risucchiando i giorni odierni? Risorgere di nuovi significati o la morte della realtà, della verità, tra l’altro?

Di questo suono un occhio torvo e dissuccesso aspira larghe boccate, e le volute delle atmosfere che lo sommergono a poco a poco, quando ci saranno rivelate? Di quale ghiaccio sarà arso il chiodo conficcato nel soffocare dei giorni odierni?

Lo sguardo mansueto della serenità: si tratta del bollore di un sole caldo, sotto le magie dei paesaggi sudafricani, forse desertici. Occhi fratelli guardano uguale, ma quando sorge dall’ascolto il flusso di marea di acque, lisergiche o meno, che immergono lo sguardo dissuccesso già menzionato, di cosa quest’ultimo ci starà parlando? Chi conosce il cuore pulsante dei giorni odierni; chi conosce “l’anima, e l’essenza” del tempo che scorre, oggi, tra i nostri dispersi moti contemplativi?

Cos’è il cuore se non questo suono, ed il contrario di esso?

Sentire il fuoco delle dune… per affondarvi morbidamente il viaggio…

Di quale rabbia potremmo riconoscere la presenza? Fuoco, sconfinatezza e libertà da tutti: quale era, quando il pezzo nasceva, il “veleno” che faceva stringere il morso, se c’era? O l’entusiasmo, del fuoco, e di “una Venere signora sotto un sole pomeridiano”?

O forse un tenero, verde prato; tè e savane selvagge, nelle quali respirare anche l'”anima”, e solo il Sole a permeare il pezzo? Se una ruvida stretta di mano scalda questa “anima”, quanto è più verde il prato, e quanto più gradevole il vento (sempre che ci fosse)?

Magari tutti e due i “fumi” (o i “panorami”) sono stati presenti…

Fatto sta che: dove, dato che c’è, il cuore pulsante dell’attualità di questo pezzo? Questo è il punto principale. Io mi perdo nella libertà del deserto (il “veleno” di un annientatore potrà sfiancarmi a terra, se il Regno Selvaggio lo deciderà). Lo sguardo dei gorghi sfrenati dei tempi moderni invece?

Ogni secondo condanne a morte, e ogni giorno qualcuno si sveglia… Un sole che brucia incorniciato nel selvaggio sogno dei viaggi dei decenni passati: quale il legame con le visioni del canto passato? Dagli anni Sessanta in poi, quale la storia del nostro cuore, specialmente se autentico nel fare musica?

Sole e forza di andare avanti quando il mio “sguardo” lo vede, e allorquando potrà testimoniarlo un’altra volta, per amor di precisione, per esperienza.


Africa Unite – Sole che brucia

Bombino – Nomad (2013)

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se qualcuno dovesse chiedermi cos’ho fatto nel 2010, intendo nel corso dell’intero anno, la mia risposta sarebbe “ho ascoltato imuhar”. a 3 anni di distanza, e dopo altri bellissimi album, esce Nomad, una specie di raccolta di vari pezzi del grandissimo Omara “Bombino” Moctar prodotti da dan aurebach dei black keys. al blues desertico di bombino, tutto cuore e chitarra, viene fatta un’iniezione di rock psichedelico: più suoni, più ritmo, più produzione, più tutto. e il risultato è eccellente, anche se in alcuni casi – soprattutto in imuhar, qui in una versione più energica e a tratti quasi ethio-jazz – si prova la stessa sensazione che si prova ascoltando le cover dei pezzi che amiamo: sì bella, però preferisco l’originale. molto bella la chiusura del disco, tamiditine.

[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/06/04-Imuhar.mp3]
Bombino – Imuhar

Il mistero dei pirati del Planet O


Il tempo scorre e ogni giorno sembra uguale, finché, quando hai smesso di cercare, trovi la perla di cui non potevi nemmeno immaginare l’esistenza. Più che scoprirla ti arriva proprio in email. Mi scrive infatti Raffaele:

Il testo è fantastico, violentissimo e grottesco, eppure inserito in una cornice disco music tra Daddy Cool, Moroder e le Baccara, precursore di tutta una branca sci-fi dell’electro, da Afrika Bambaata ai Drexcya. Io dico che è il grande assente della storia della musica del Novecento.

Ora, com’è possibile che questa meraviglia dance con i robotici pirati del pianeta O che dicono “faremo di te una schiava, violeremo la tua anima, ti ipnotizzeremo” e la donna che gemendo risponde “per favore non toccarmi, chiamate mia madre” sia diventata la sigla della prima stagione dell’anime Lupin III, è un mistero.

Ci piace pensare che dietro ci sia un piano ben preciso, forse fallito, forse no.

Inc. – No World

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degli Inc. avevo scaricato anni addietro un paio di EP (Fountains/Friend of the Night3), mi aveva colpito l’abilità tecnica, la struttura jazzata dei primi pezzi, la posizione isolata di quasi-controtendenza verso le varie ‘next big things’ dell’epoca. No World, questo primo full-length pubblicato dalla gloriosa 4AD, porta avanti l’impronta R&B minimalista già evidente in 3 (e in effetti gli Inc. vengono sfottuti ovunque tirando in mezzo Prince), spostandosi su tracce più suadenti e meno ‘spezzate’, che combinate alla voce quasi ansimante ed eterea (se non fosse per Desert Rose (War Prayer) e Trust (Hell Below) arriverebbe anche a rompere il cazzo), risultano in un amatoriale filmato dagli Steely Dan con D’Angelo (sì, ho appena citato il negro melomane e palestrato che ha fatto un video nudo, tra poco ne nomino un altro anche migliore) e la tipa dei Cocteau Twins. evito l’inevitabile e presente riflessione sull’appropriazione dell’R&B da parte del sottobosco indie, esistono tesisti, giornalisti pubblicisti e snob di varia foggia appunto per questo — a me No World piace abbastanza perché, anche se probabilmente tra qualche mese o anno qualche traccia verrà trasmessa su qualche emittente lugubre o a qualche serata a Milano, resta comunque una cosa che Omar Little o le sue amiche banditesse lesbiche metterebbero sullo stereo mentre trivellano il/la proprio/a partner in un appartamento con le finestre sbarrate, un’R&B accessibile anche ai più sconvolti e malinconici.

[audio: http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/03/05-Inc.-Trust-Hell-Below.mp3]
Inc. – Trust (Hell Below)

[audio: http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/03/10-Inc.-Careful.mp3]
Inc. – Careful

per quanto riguarda le classiche cose più importanti: consiglio di tener d’occhio le reissues passate, presenti e future dell’ottima bureau bDeutschland, Deutschland über alles. passo e chiudo.

A Trip by Masahiko Satoh & Soundbreakers

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[avvertenza: leggere molto flemmaticamente durante l’ascolto]

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Il cielo si fa plumbeo, si accavallano scene da film noir ed esplosioni atomiche, una distonia improvvisa sembra inchiodarmi al suolo; un suono basso mi martella le tempie. Aeri da guerra sfrecciano nel cielo mentre in strada si predica col mitra e si guardano sfilare le fanfare; le bandiere sono a mezz’asta, si piangono gli ainu caduti, eppure c’è nell’aria la speranza, è quella amara del “ora possiamo solo rialzarci”;

poi d’improvviso prendo coscienza di me stesso, ma è giusto un attimo, con la forza del lampo mi esplodono nella mente visioni psichedeliche; vedo gente che discute animatamente se sia giusto lasciarsi andare al Viaggio; quelli che patteggiano per il sì stanno tutti con Timothy Leary; ma il tizio dietro i tamburi ignora gli uni e gli altri e va per la sua strada.

Ritorna insistente la guerriglia e poi vivo un doppio salto nel vuoto: sento un quartetto d’archi, sono a casa del kaiser, e allora mi chiedo: “possibile sia tutto un sogno?”, il paesaggio che muta mi risponde di sì: sono nel Village, c’è un tizio che mi passa una canna e un altro che ci da dentro con l’organo hammond, dice di averlo inventato negli anni ’30 poco prima della molotov, io me ne frego e comincio a farmi trasportare dal groove. Però dio se potessi far tacere queste maledette trombe nella mia testa! vanno per fatti loro, mi stanno facendo impazzire!

E’ molto dura ma ci riesco: sono ancora nel trip, le cose però stavolta vanno storte, c’era da aspettarselo: i fantasmi iniziano il loro inseguimento, li vedo e non riesco a sfuggire… tutto diventa gotico, horrorifico, mi manca il fiato, poi cristo sia lodato riecco la mia ancora di salvezza, il demone dell’organo: ancora una volta mi si rianima intorno la festa ed è estrema confusione, birre, donne procaci…

mi sento bene eppure ho sonno, non riesco a non addormentarmi e ricordo chiaramente che tutto d’un colpo ho iniziato a sognare: sono un piedipiatti e sono io l’inseguitore stavolta, ma l’inseguito mi sfugge, rovino al suolo e mi sveglio; ma solo una volta, non la seconda. Questa volta è tutto fin troppo chiaro: sono intrappolato nel sogno di mezzo! La paura mi schiaccia perché ora lo so, sono nel limbo dove tutto può accadere: dei brividi di ghiaccio mi dicono che sarà questa la mia realtà, per sempre. Non posso sfuggirvi.

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[opera di Tadanori Yokoo]