Musica dal mondo (vol. 2)

Vol. 1. Questa volta è stata la scoperta di alcune raccolte della sempre lodata Sublime Frequencies a fornirmi lo spunto per nuove ricerche che hanno portato alcuni succosi frutti e ancora ne porteranno, ne sono certo:

http://youtu.be/X8eSSybFb8o

e ora la danza:

ritornando verso est:

http://youtu.be/TQDS8tBqSAY

ora musica che richiede attenzione:

gli immancabili film indiano-pakistani (assolute chicche anche le immagini):

infine i musicisti di strada (nella cui ricerca è possibile perdersi innumerevoli volte):

e proprio l’ultimissima cosa in chiusura: suggerisco la ricerca di quest’album: My Friend Rain. Saludos Amigos.

The Doors of Perception

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Le porte della percezione Huxley le schiuse con la mescalina, ma un’anima allenata può farlo anche attraverso la trascendenza indotta dall’ascolto di determinata musica. Ciò avviene con la musica (quasi sempre denominata ambient) di alcuni artisti, quali i due di cui vi voglio brevemente parlare: Steve Roach, uno dei maestri indiscussi di quest’arte immaginifica e Dirk Serries, ovvero Vidna Obamana, belga autore di innumerevoli opere di valore in questo settore, come Revealed By Composed Nature. Ho scoperto che i due, nel lontano 1995, collaborarono alla genesi di una trancemusic (in doppio disco) che univa l’ambient più meditativa e trascendentale sia ad un etnicismo da rituale che ad una kosmichemusic da perdita dei sensi. E la collaborazione tra queste due anime destinate ad incontrarsi continuerà con altri album di (quasi) uguale spessore.

Non potete far altro che farvi tra(n)sportare.

L'ultima partita di Miles

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Immaginatevi la scena: siamo al tavolo verde, 1° febbraio 1975, si gioca la finale mondiale di bridge. A sfidarsi, per l’ennesima volta, Stati Uniti e Italia, sullo sfondo l’isola di Bermuda. Nell’ultima leggendaria mano Belladonna e Garozzo realizzano un Grande Slam a Fiori contro un Piccolo Slam Senza Atout messo a segno dagli americani. L’Italia si riconferma campione mondiale con la squadra Blue Team, chiudendo proprio con questa vittoria un ventennio di dominio quasi incontrastato.

Nello stesso giorno, a molte miglia e fusi orari di distanza, e precisamente all’Osaka Festival Hall, un altro grande campione del ventennio precedente sta per giocarsi quella che per un bel po’ di tempo sarà la sua ultima carta; sto parlando del re del jazz: Mr. Miles Davis.

Miles+Davis

La squadra davisiana non aveva certo nulla da invidiare al Blue Team in quanto a maestria, sangue freddo e abnegazione; c’erano, oltre a Mr. D alla tromba elettrica e all’organo, Sonny Fortune al flauto e al sax soprano, Pete Cosey alla chitarra elettrica e al sintetizzatore, Reggie Lucas altra chitarra elettrica, Michael Henderson grandioso basso elettrico, Al Foster alla batteria, il fantastico Mtume alle conga e percussioni varie.

E chisà se Mr. D disse alla sua squadra: “ok ragazzi, facciamoci quest’ultima giornata d’orgia sonica e poi ci fermiamo per 5-6 anni; vi voglio più cazzuti del solito, facciamo vedere a sti musi gialli che figli di puttana siamo!”; ma, molto più probabilmente, Miles non ha detto un cazzo a nessuno della sua intenzione di fermarsi, di prendere tempo e di capire dove ancora dirigere la sua Musica, avrà come al solito messo sotto torchio i suoi uomini col suo incommensurabile carisma e genio, chiedendo un’unica cosa: “dobbiamo mischiare tutto quello fatto finora e dobbiamo andare oltre!”. Roba da poco insomma.

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Teniamoci ai fatti: due esibizioni, una pomeridiana e una serale; la decisione presa è suonare quasi tutta roba nuova in lunghissime improvvisazioni mantriche e corroboranti, sudatissime suite hardfusionfunkyjazz. Roba che avrebbe dovuto ipnotizzare le masse nelle intenzioni di Mr. D e invece, ovviamente, non lo fece. Ne uscirono due album doppi! Agharta registrato il pomeriggio e Pangaea la sera, che poca notizia fecero all’epoca, eppure erano qualcosa di unico: immaginatevi giocare insieme allo stesso tavolo Sun Ra, James Brown e Jimi Hendrix e ognuno tirar fuori il proprio Grande Slam a Fiori!

Prendiamo il Prelude di Agharta e analizziamo lo schema di gioco: la prima mossa spetta a Henderson, Lucas e Mtume, che iniziano funkeggiando in libertà ma tenendo bene in mente la visione fuomosa del Godfather of Soul che campeggia sulla copertina di The Payback, uscito pochi mesi prima: poi il sintetizzatore spaziale di Cosey ci introduce Mastro Davis e la sua tromba pungente, intanto la sezione ritmica non si ferma un secondo, va e va incessante fino ad un microstop nel quale si inserisce furtivo un immenso Sonny Fortune al sax; quando questi si acquieta ritornano insieme Cosey e Lucas e qui davvero sembra di vedere Sun Ra e Jimi che facendosi occhiolino calano insieme la carta vincente. Da qui in poi la vittoria è assicurata, non resta che gestire la partita e infatti verso il minuto 17 ci si diverte anche con un riffettino funky, tappeto ideale per il ritorno dell’elettrica tromba di M.D. che si sposa alla meraviglia prima con il lavoro di Mtume e poi con quello di Lucas/Cosey. C’è ancora spazio per far divertire Henderson manco fosse Bootsy Collins e poi via di jam fino alla fine dei 32 minuti di questo Preludio! Le successive mani di gioco riprendono questo schema e lo scompongono e ricompongono a piacimento.

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E’ così nell’ultima partita giocata negli anni ’70, questo squadrone mischia tutto ciò che lo stesso Miles Davis aveva contribuito pesantemente a generare, cioè la fusion, il funkyjazz e il prog, con altra roba ancora, la psichedelia, il funk duro e puro del padrino e ne tira fuori una musica che in un sol colpo scavalca i Parliament/Funkadelic e tutto il P-Funk ma anche gente come Bill Laswell, Praxis e compagnia, puntando dritto nello spazio. Diciamo una stazione orbitante dove si balla e ci si diverte; molto corpo e molta mente.

Un’ultima partita coi controcoglioni.

Come rendere le canzoni tristi un po' più allegre


L’Exploratarium Science Museum scrive “Nella musica occidentale, non c’è nulla che ci restituisce ‘tristezza’ come una chiave minore”. Oggi, grazie all’abilità tecnica e ad una varietà di software musicali, tra cui alcuni come Melodyne della Celemony, si può mandare in frantumi questa magia e avere la singolare possibilità di cambiare la scala armonica nelle canzoni. Tra i fautori di questa idea vi è Oleg Berg, ingegnere e musicista ucraino, che ha trovato il modo di convertire le canzoni da chiave maggiore a minore e viceversa in un progetto durato diversi anni. Quello che serve è solo avere una canzone in una buona qualità audio, “the process itself is rather complex, I thought about it for a long time, but the current rework method I use for rework was invented it in 2010 while experimenting with music editing”. Una delle canzoni esemplari di questo processo è sicuramente Losing my Religion dei R.E.M. dove l’impatto della tonalità cambiata conferisce un aspetto totalmente nuovo e quasi inquietante alla canzone: la conversione della scala armonica trasforma la canzone da una ballata triste dal canto doloroso quasi in una felice canzoncina pop, una operazione che suscita un sacco di domande sulle relazioni tra musica e processi celebrali nell’uomo.

Passare da una chiave minore a maggiore vuol dire cambiare la distanza dei toni tra le note. Il compositore Rob Kapilow, intervistato sulle manipolazioni del progetto Majov vs Minor di Oleg Berg, ha commentato Summertime della Fitzgerald come un perfetto esempio delle degli spunti emozionali presentati da una scala maggiore o minore:

One of the things that’s so beautiful about ‘Summertime,’ which is originally in a minor key, is that the words are about, ‘Summertime and the living is easy,’ but there’s a wonderful undercurrent of sadness because the chords are minor, [..] When you put it in major, it actually is easy. And you actually lose all the complexity and that kind of bittersweet flavor of the minor.

Probabilmente ancora non abbiamo gli strumenti per capire quale siano i motivi precisi per cui una chiave armonica restituisca alcune sensazioni precise e così codificate da tutti, ma con una certa probabilità le cause sono da ricercarsi nell’aspetto culturale e nel modo in cui siamo intimamente legati ad alcune sonorità rispetto ad altre. Come ricordava John Dewey, la musica avendo come medium il suono “esprime dunque di necessità in maniera concentrata gli urti e le instabilità, i conflitti e le risoluzioni, che sono i mutamenti drammatici che hanno luogo sullo sfondo più duraturo della natura e della vita umana”.

Altri esempi da Major vs Minor: Smells like Teen SpiritSmooth OperatorPersonal Jesus –  Beat it

A Trip by Masahiko Satoh & Soundbreakers

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[avvertenza: leggere molto flemmaticamente durante l’ascolto]

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Il cielo si fa plumbeo, si accavallano scene da film noir ed esplosioni atomiche, una distonia improvvisa sembra inchiodarmi al suolo; un suono basso mi martella le tempie. Aeri da guerra sfrecciano nel cielo mentre in strada si predica col mitra e si guardano sfilare le fanfare; le bandiere sono a mezz’asta, si piangono gli ainu caduti, eppure c’è nell’aria la speranza, è quella amara del “ora possiamo solo rialzarci”;

poi d’improvviso prendo coscienza di me stesso, ma è giusto un attimo, con la forza del lampo mi esplodono nella mente visioni psichedeliche; vedo gente che discute animatamente se sia giusto lasciarsi andare al Viaggio; quelli che patteggiano per il sì stanno tutti con Timothy Leary; ma il tizio dietro i tamburi ignora gli uni e gli altri e va per la sua strada.

Ritorna insistente la guerriglia e poi vivo un doppio salto nel vuoto: sento un quartetto d’archi, sono a casa del kaiser, e allora mi chiedo: “possibile sia tutto un sogno?”, il paesaggio che muta mi risponde di sì: sono nel Village, c’è un tizio che mi passa una canna e un altro che ci da dentro con l’organo hammond, dice di averlo inventato negli anni ’30 poco prima della molotov, io me ne frego e comincio a farmi trasportare dal groove. Però dio se potessi far tacere queste maledette trombe nella mia testa! vanno per fatti loro, mi stanno facendo impazzire!

E’ molto dura ma ci riesco: sono ancora nel trip, le cose però stavolta vanno storte, c’era da aspettarselo: i fantasmi iniziano il loro inseguimento, li vedo e non riesco a sfuggire… tutto diventa gotico, horrorifico, mi manca il fiato, poi cristo sia lodato riecco la mia ancora di salvezza, il demone dell’organo: ancora una volta mi si rianima intorno la festa ed è estrema confusione, birre, donne procaci…

mi sento bene eppure ho sonno, non riesco a non addormentarmi e ricordo chiaramente che tutto d’un colpo ho iniziato a sognare: sono un piedipiatti e sono io l’inseguitore stavolta, ma l’inseguito mi sfugge, rovino al suolo e mi sveglio; ma solo una volta, non la seconda. Questa volta è tutto fin troppo chiaro: sono intrappolato nel sogno di mezzo! La paura mi schiaccia perché ora lo so, sono nel limbo dove tutto può accadere: dei brividi di ghiaccio mi dicono che sarà questa la mia realtà, per sempre. Non posso sfuggirvi.

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[opera di Tadanori Yokoo]

KENDRICK LAMAR

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[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2012/12/02-Bitch-Dont-Kill-My-Vibe.mp3]
Kendrick Lamar – Bitch, Don’t Kill My Vibe

[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2012/12/05-Money-Trees-Feat.-Jay-Rock.mp3]
Kendrick Lamar – Money Trees (Feat. Jay Rock)