L'arte di Shuji Terayama

Shuji+Terayama

(Shuji Terayama)

Tutto cominciò col Krautrocksampler (l’ormai mitico libro di Cope) di cui rimarrò sempre un fedele credente. Qualche settimana fa ne ho risfogliato avidamente le pagine e in un deliquio di ricordi da sospiri nella notte ho riascoltato molta di quella musica. Subito dopo non potevo non ricominciare anche col Japrocksampler suo successore. Chiariamolo subito: il rock giapponese non è neppure lontanamente paragonabile a quello tedesco per portata ne per fascinazione, anche se, come in tutte le arti, scavando per bene alcune perle sono rintracciabili anche lì nel rock seventies del paese del sol levante. Sostanzialmente si può schematizzare il tutto dicendo che molti, moltissimi, quasi tutti i gruppi giapponesi dell’epoca si rifacevano (se non copiavano) lo stile dei gruppi anglosassoni/occidentali, a volte proprio pedissequamente. Quelli che più sono riusciti ad essere originali hanno ovviamente creato qualcosa di più interessante da andare a scovare: tipo i nostri adorati (e davvero parliamo di amore per quanto mi riguarda) Les Rallizes Dénudés (che pure si rifacevano ai primi Velvet), Magical Power Mako (molto Faust e molto Battiato primissima maniera) il jazz incontrollato di Masahiko Sato, i Brast Burn/Karuna Khyal, i Taj Mahal Travellers e il maestro J.A. Caesar (o J.A. Seazer).

J.A. Caesar

(J.A. Caesar e Tenjo Saijki)

Quest’ultimo era compositore di tutte le musiche degli spettacoli teatrali del gruppo Tenjo Saijki che ruotava attorno alla figura del regista/poeta/scrittore Shuji Terayama (e si avvaleva anche della magnifica arte grafica di Tadanori Yokoo). Cope propone l’ascolto di diversi dischi di J.A. Caesar, anche se, a parere di chi scrive, sono davvero poche le emozioni ricavabili dall’ascolto di queste opere dato che esse sono di solito un potpourri di prestiti dal rock occidentale (anche protometal), folk giapponese e musica “di sottofondo”, il tutto però sovrastato costantemente dai dialoghi o dalle urla di cori femminili. Una eccezione è il bel esperimento di Jinriki Hikouki No Tame No Enzetsu Souan dall’album Kokkyou Junreika, dove una voce femminile elenca in maniera fredda tutti gli stati del mondo mentre un’altra maschile salmodia qualcosa in giapponese.

07 – jinriki hikouki no tame no enzetsu souan

Due anni prima di quest’album (nel 1971) Caesar è stato probabilmente (lo stesso Cope non ha dati per accertarlo, ma sembra altamente probabile) coinvolto nella realizzazione della colonna sonora attribuita ai Tokyo Kid Brothers (costola dei Tenjo Saijki emigrata negli states) di Throw Away The Books, Let’s Go Into The Streets, di cui vi propongo questo brano che mi colpì fin dal primo ascolto:

10 1970-Nen 8-Gatsu

1970-Nen 8-Gatsu

Per il resto del disco stessa storia degli album di Caesar anche se qui, essendo il tutto più rock-oriented, la fruibilità aumenta. Tutt’altra storia se questa musica la si gode prendendo visione del film di Terayama, un vero capolavoro d’arte sperimentale del quale consiglio caldamente la visione, possibile sul tubo: Parte 1Parte 2.

difference

Infine segnalo un cortometraggio del maestro Terayama:

titolo usato dagli Stereolab per un loro disco, ricordate?

Le stagioni di Artavazd Pelechian

Le stagioni di Artavazd Pelechian (1972) part 1part 2part 3

Questa è la versione originale, quella con le musiche di Vivaldi, ed è un capolavoro. Ma ne esistono due versioni più recenti, una musicata da Gavino Murgia e una da Arnaldo Pontis. Sulla prima purtroppo credo sia assolutamente impossibile trovare una testimonianza, se non nel ricordo di chi ha assistito all’esibizione durante il Babel Festival di Cagliari dell’anno scorso. Invece per quanto riguarda la seconda, quella di Arnaldo Pontis, è possibile visionarla unicamente presso la sede della Cineteca Sarda, quindi diciamo che è solo leggermente meno introvabile della prima. Ed è un peccato, perché è assolutamente magnifica, principalmente elettronica, con loop di cori armeni, canti gutturali manipolati, parti alla Popol Vuh e un finale praticamente post-rock che si combina alla perfezione con la lotta tra uomo e natura e il continuo susseguirsi di intemperie, scivolate, pendii, rapide e “vita in tumulto” del corto di Pelechian. Il finale in particolare, con i pastori armeni che scivolano in una scarpata abbracciati alle pecore (a quanto pare una versione particolarmente spettacolare della transumanza) è immediatamente diventata una delle mie combinazioni suono-immagine preferite in assoluto, dritta in classifica con il volo di Steiner musicato dai Popol Vuh. Mi sembra di capire che Arnaldo Pontis sia noto anche come Magnetica Ars Lab, che segnalo volentieri anche perché mette a disposizione gratuitamente la propria musica.

Popol Vuh – Die Große Ekstase des Bildschnitzers Steiner

steiner

quella della grande estasi dell’intagliatore steiner è forse la colonna sonora meno nota dei popol vuh, ricordati più per quelle (bellissime) di aguirre e nosferatu. il film è del 1974 ma la colonna sonora è tuttora inedita. uno dei pezzi si trovava già in aguirre, e assieme agli altri – che incredibilmente non si trovano neanche tramite p2p – sono finiti anni fa in un’edizione limitata italiana curata da enrico bassi, fondatore del fan club italiano dei popol vuh (ebbene sì, esiste), al momento fuori catalogo.

non resta che guardare il film, anche perché si tratta di uno di quei casi in cui la musica è indissolubilmente legata alle immagini e forse proprio per questo non è mai stata pubblicata. i suoni malinconici ma epici dei popol vuh e il rallenty di walter steiner che salta sono una cosa sola: grande estasi. nonostante ciò, per puro feticismo, allego un pezzo trovato su soulseek che consiste semplicemente nell’audio del film – credo registrato da qualche disperato che, come me, se non possiede il pezzo in una forma qualunque non è soddisfatto – anche se, ripeto, il godimento maximo nel film è dato dalla ripetizione del tema accompagnato dai numerosi rallenty.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/11/01-Die-Große-Ekstase-des-Bildschnitzers-Steiner.mp3]
Die Große Ekstase des Bildschnitzers Steiner

e a proposito di feticismo ricordo che il fondatore dei popol vuh florian fricke appare in una scena di un altro film di herzog, l’enigma di kaspar hauser, nelle vesti di un pianista cieco che suona e canta al pianoforte “agnus dei”, un altro pezzo dei popol vuh tratto da aguirre.

E' morto Jarre (padre)

lawrencequando ho letto il titolo “è morto il musicista jarre” mi è venuto un colpo. in realtà scopro ora che non si tratta di jean michel (che, a quanto vedo dalle foto, è immortale) ma di suo padre maurice, grande compositore di colonne sonore per il cinema. ne ha fatto tantissime e tutte famose: dottor zivago, passaggio in india, mosquito coast, perfino ghost e il cult occhi senza volto.

quella che preferisco però rimane quella meravigliosa di lawrence d’arabia, di cui allego la celeberrima overture assieme a un pezzo di suo figlio non troppo conosciuto tratto dal suo album che preferisco, zoolook, capolavoro sottovalutato del 1984 pieno di idee e suoni anticipatori. sentite questo pezzo e ditemi se non ci sono oggi un sacco di giovinastri che devono solo inchinarsi e succhiare. tra l’altro io mi ero perso questo suo  disco del 2007 e questo suo pezzo techno dedicato agli amori su internet (poi remixato da benny benassi!).

poi vabbè, se non avete mai sentito oxygene o equinoxe, non so nemmeno che vivete a fare.