LICHENI n.1 "CORPO" luglio 2021

La nera cupa massa del lavoro

di Guido Caserza

(da “Canto dei morti caduti sul lavoro”)

La nera cupa
                       massa del lavoro
                                                    erompe dalla tenebra
                                                    alla tenebra ritorna
                       l’alba vorace dell’etere luminoso
tutto assimila al suo sorgere,
tutti i corpi viventi e tutte le azioni,
le trasformazioni chimiche,
il processo del petrolio e quello della fotosintesi,
così scorre la linfa nei rami,
ampia similitudine che tutto abbraccia come feroce nutrice,
tutte le vite e tutte le morti,
corpi scoppiati
corpi-creature
mani amputate
corpi a pezzi
la macchina umana fatta a pezzi
una gamba della creatura
trovata due metri più in là
una gamba di un’altra creatura
incastrata nell’impastatrice
la macchina esplosa con pezzi di cadavere
le merci in viaggio prodotte con pezzi di cadaveri
le mani dei cadaveri levate verso il cielo
le mani gridando vendetta.
Sfilano
                       talvolta
nella fantasia del padrone
vecchi fantasmi
                           facce appaiono fatte
di nebbia, appaiono
                                  a migliaia
                                   scheletri
di giovani e
                                   di vecchi,
le reliquie di tutti
                               gli uomini uccisi dal lavoro,
scheletri di vecchi
                               corpi lividi senza pace
alcuni
          con una gamba di carbonio,
altri tutti bendati ed esangui,
                                corpi senza pace,
quasi tutti morti, o lì per esserlo,
credono che sia ancora il loro padrone,
sollevano i veli e mi guardano
con occhi di follia e rancore,
offuscano il sole,
mi attorniano, farabutti! con musiche infernali,
mi si piazzano davanti quando me ne vado,
i vecchi appoggiati sulle spalle dei giovani,
che spettacolo orribile,
chi ha fatto uscire tutti questi morti dalle fosse?
Non ci pensare o impazzirai, così gli parla la moglie,
è solo una specie di varietà
con cadaveri di ogni specie, giovani cadaveri
vaghi come la morte
inetti e innumerevoli
che vivono in altri lavoratori,
loro figli nipoti o bisnipoti,
non esiste morte di questo tipo
che non germini semi per altra morte
e tutti danno frutto, e nuovamente vengono seminati
e portati dal vento o gettati dalla mano dell’uomo,
questo è il naturale ciclo produttivo.
Non ci pensare, dunque, marito mio,
non ci pensare.
Insonne, tra le ricchezze incalcolabili, ci pensa,
vede morti biascicargli suoni terribili
con le gengive nude,
si rimpinzano del suo cibo,
ancora più alti e giganti si levano,
lo attorniano con piedi recisi,
gli scivolano dalle mani come anguille,
crivellati di colpi si siedono alla sua tavola,
è forse la rabbia che vi fa tremare?
Via! tornate alle vostre tombe vecchi sciancati,
ritiratevi in disordine vecchi pazzi,
questo sonno con voi è un sonno troppo duro per me.
Ma il pensiero durò una sola notte, poi, all’alba,
coi suoi quattro figli intorno, gigantesco e superbo
picchiò il pugno serrato sul tavolo,
Andiamo avanti disse, e non smise mai più
di accumulare ricchezze.
Allora tutti quei morti uscirono dal sogno
e tornarono alle fabbriche
e giunse persino ad amarli,
avrebbe potuto abbracciarli a uno a uno,
dicendo con voce stentorea,
tra gli splendori signorili ai morti e ai vivi,
Al lavoro! Al lavoro!
ma morte e notte erano su di loro,
e le labbra erano inerti ed esangui
ed erano caduti, e freddi, e morti.