marlo monti

Obama e il sindaco di Reykjavik hanno affermato entrambi di amare Omar Little. i due avranno avuto i loro diversi motivi (Obama per ribadire di essere un nero combattuto che combatte contro il male, il sindaco di Reykjavik per ribadire di essere un bianco omosessuale che vive da privilegiato, quindi un perfetto fan di the Wire), e sebbene si tratti rispettivamente del presidente della nazione che ci ha regalato reddit, i meme, facebook, la crisi economica e tumblr, e del sindaco della capitale di una delle mete più ambite degli smidollati fiocchi di neve europei, questa loro uscita risulta tutto sommato piacevole. è palese, però, che dichiarare la propria simpatia per Omar Little sia una mossa di pubbliche relazioni scontata per un politico occidentale dei tempi dell’internet, e che il prossimo governante a farlo risulterà inevitabilmente più viscido e palloso. Omar è negro, ricchione, non dice le parolacce, va in culo alle bande di spacciatori, ha amiche lesbiche e una morale abbastanza rigida: è insomma il Power Ranger rosso di the Wire, così facile da amare per le sue qualità che lo rendono l’eroe figo di qualsiasi bleeding-heart liberal americano o di uno scemo SEL -- mentre invece è da amare per le sue piccole grandi epifanie (cfr. la scena dei Cheerios e il dialogo con Bunk) e per la potenza di fuoco (la sparatoria per strada contro gli uomini di Barksdale, l’obliterazione di Stringer Bell).

adesso che the Wire è oramai arrivato in mano anche agli italiani, c’è da aspettarsi che qualche giovane politico tiri fuori qualche citazione o confessi la sua ammirazione per Omar (o meglio ancora, se sufficientemente nerd/dotato di sufficienti nerd a imboccarlo, per Bunny Colvin). la cosa interessante sarebbe stata sentire i ‘vecchi’ politici parlare dei personaggi di the Wire. [fossi più simpatico, inserirei qui un’ipotetica dichiarazione di Berlusconi ambizioso come Stringer Bell e infoiato come McNulty e Bunk al bar].

mi è sempre piaciuto pensare a Mario Monti come a una sorta di Marlo Stanfield italiano. una specie di new kid on the block che si porta dietro una reputazione sufficiente a non essere troppo ‘new’, sia essa una condanna per omicidio con annessa cicatrice o un prestigioso curriculum con annessa autorevolezza in ambiente europeo. uno che fin dal primo momento ti fa capire che ci sarà sangue da sputare e che a lui non frega un cazzo dei tuoi problemi da piccolo uomo: un paragone da internet abbastanza arguto sarebbe quello tra Equitalia e il duo Chris-Snoop.

e inoltre: il motivo ricorrente dei beni immobili come metafora di morte – l’IMU e i corpi nascosti negli appartamenti vuoti, il continuo movimento perché la stabilità è una bara, per i governanti ma anche per i sudditi, niente posto fisso, niente casa di proprietà e soprattutto rimanere nella paura. la sobrietà, la frugalità volatile non è una scelta di vita, ma l’unica vita possibile per i Mario e i Marlo: i loro incarichi nascono e muoiono nell’emergenza, nel fallimento degli altri poteri, e dal traballare dell’istituzione nascono per partenogenesi mostri para- o semi-istituzionali sempre più mostruosi e cold-hearted motherfuckers. sempre in giro per l’europa o in giro per parchetti di cemento, rare chiavate, a portare godimento sono i soldi in sé e il potere.

il potere, quindi il nome, la faccia. non a caso Marlo sbrocca solo quando, alla fine, in galera, scopre che Omar andava in giro per strada a tacciarlo d’essere un cagasotto e una puttana, e il sobrio Monti non si è potuto trattenere dal rispondere a tono quando Berlusconi lo aveva definito in qualche modo che adesso non ricordo. l’attaccamento al prestigio, al nome, è l’unico organo vestigiale che Mario & Marlo hanno conservato, e che anche dopo essere usciti di scena non vorranno lasciare, fondando un partito nuovo o menando due niggaretti ad un incrocio.

è l’economia che afferma il suo dominio sulla politica, i numeri che affermano il loro dominio sulla vita e così l’efficienza spietata che afferma il suo dominio sul game, perché sia per Mario che per Marlo, è all in the game, e finalmente i vecchi adagi c’è la crisi, dobbiamo tirare la cinghia, fare sacrifici, così come quell’all in the game, vengono svelati in tutta la loro crudeltà. c’è quella bella scena in cui Bodie confessa a McNulty che oramai, con gente come Marlo, the game is rigged, il gioco è truccato e così non vale. nei secondi che seguono, Bodie e McNulty sono molto vicini a capire o hanno già capito, e infatti fanno tutti e due una brutta fine.