Cos’è il carattere e come allenare i bambini al fallimento

Maestre e genitori fanno spesso l’errore di considerare un bambino “educato” un bambino che reagisce in modo prevedibile e non invasivo… in poche parole secondo molti un bambino è educato… se non rompe le palle.

Io sono sia un figlio che un genitore, e dato che non è banale capire cosa sia veramente l’educazione, facciamo 3 esempi pratici:

  • Matteo si sporca mangiando il gelato. La mamma dice “Matteo, fai attenzione la prossima volta“. Da quel giorno Matteo mangia il gelato molto lentamente e sta attento a non sporcarsi. Quando lo vedono le altre mamme dicono “com’è educato tuo figlio!“. Matteo sente tutto, ma non dice nulla.
  • Emma si sporca mangiando il gelato. La mamma dice “Emma, sei una pasticciona! fai attenzione a non sporcarti“. Da quel giorno Emma ci prova, ma si sporca spesso, diciamo il 50% delle volte. Quando le succede la mamma si spazientisce ed Emma a sua volta si arrabbia. Una volta persino butta per terra il gelato, pur di non sentirsi rimproverare di nuovo. Le altre mamme assistono alla scena mute, non ritengono Emma una bimba educata, ma per quieto vivere non dicono nulla.
  • Nicolò si sporca mangiando il gelato. Per qualche buffa ragione dice “Scusa mamma, mi sono sporcato, la prossima volta starò più attento“. Le altre mamme assistono alla scena e fanno un applauso, commosse. Eleggono la mamma di Nicolò capoclasse.

Secondo te, quale di questi 3 bimbi è il più educato?

Ad un primo impatto, sembrerebbe che Nicolò sia il vincitore della nostra stupida gara tra i bambini più educati del paese. Ma ora: aggiungiamo un altro fattore: il tempo. Facciamo passare tutta l’estate, e portiamo il nostro esperimento mentale a circa 30 gelati dopo:

Matteo sta molto attento quando mangia il gelato. Ogni volta che le altre mamme lo vedono mangiare il gelato notano che basta un’occhiata della madre per far rallentare Matteo, che mangia il gelato con grande attenzione. Le mamme fanno i complimenti per l’educazione di Matteo, il quale non risponde quasi mai.

Emma mangiava il gelato con gusto. A volte si sporca, a volte no. Questo 50% di probabilità di dover fare una lavatrice aggiuntiva crea nella sua mamma un’ansia da prestazione. In gelateria la tensione è palpabile, Emma qualche volta dice addirittura che non ha voglia di gelato, la mamma tira un sospiro di sollievo. Le altre mamme ritengono Emma una bambina strana perchè non la vedono quasi mai mangiare il gelato.

Nicolò si sporca mangiando il gelato, il 100% delle volte. La probabilità che questo si verifichi con tale costanza rasenta l’incredibile. Ogni volta dice la stessa frase: “Scusa mamma, mi sono sporcato: la prossima volta starò più attento“. Le altre mamme non applaudono più, anzi iniziano infatti a pensare che Nicolò soffra di delirium tremens. Non sono più così sicure che Nicolò sia ben educato, e cambiano rappresentante di classe.

Eccolo qui il primo pregiudizio da sfatare oggi: ognuno di noi ha un’idea di cosa potrebbe essere l’educazione… ma in pratica non sappiamo cosa sia… fino a quando non ne vediamo i risultati.

Poche certezze: ma confuse

A volte un genitore deve essere netto. Per poterlo fare in modo utile è necessario che alla base sia presente un legame forte e riconosciuto dal bambino.

Il bambino deve avere la certezza che qualsiasi cosa accadrà, non gli saranno mai negati un abbraccio o una carezza. Tenere il muso a un bambino, tendo l’espressione seria in occasione di uno sbaglio del bimbo può diventare controproducente a livello educativo.

Può capitare che i bambini cerchino le coccole per “evitare” una sfida, a quel punto è meglio rimandare le coccole (es. “prima fai il tuo dovere, poi ti riempio di coccole“) facendo presente che il valore del legame è sempre presente, anche se un po’ più lontano di quanto il bambino si aspetterebbe.

i genitori non hanno tutte le colpe o i meriti

è una frase vera… ma è pericolosamente simile al grande classico “è il suo carattere che è cosi, accettalo“… che mi sento pronunciare spesso dalle maestre, dai nonni o dalle persone che in generale non hanno capito quanto i bambini vengano influenzati dalle cose che diciamo, da quelle che non diciamo e soprattutto dai comportamenti che assumiamo quando non siamo attenti o meglio quando siamo istintivi.

Ciò che superficialmente chiamiamo “carattere” è un’imitazione semi-automatica dei nostri lati istintivi. Un’imitazione particolare: “indirizzabile”.
Vivendo accanto ai bimbi e conoscendo le persone con le quali vivono noterete che introducendo una nuova persona nel vostro “cerchio” familiare, le abitudini istintive del bimbo accetteranno gradualmente alcuni comportamenti di questa nuova persona nello “schema comportamentale base” del bimbo.

Esempio: toni di voce, modi di fare, modi di dire: che sembrano dettati dal carattere, in realtà sono semplici imitazioni di istinti visti su altre persone.

Come vedete nel disegno qui sopra, il bambino, soprattutto quando è piccolo e paciocchino: attrae tante persone diverse e da ognuna prenderà un pezzo della propria personalità. La mia tesi, sulla quale non accetto mediazioni è semplice:

Nessuno sa dove stia il confine tra carattere e imitazione di un comportamento.

Mi fanno incazzare tutte quelle persone che sono convinte di saper vedere “il carattere di un bambino”, perchè semplicemente nessuno può osservare il bambino 24 ore su 24, nessuno può dire con certezza quando quel comportamento del bambino sia stato imitato e quando sia stato introdotto consapevolemente.

Frasi tipo “non farci caso, questa bimba è così… turbolenta di carattere” ecc. mi fanno schiumare di rabbia, perché chi le pronuncia non si rende conto che con la sua definizione della realtà sta anche modificando l’auto-immagine del bambino che in quel momento si sente descritto, e che spontaneamente creerà parte della propria autoimmagine basandosi sulle definizioni altrui.

Sì, io sono uno di quei bambini cresciuti timidi anche grazie ai continui “rinforzi negativi” di quelli che mi vedevano temporeggiare, e subito sparavano la loro sentenza: “è un bambino timido, è fatto così“.

Se aggiungiamo una buona dose di tempo… otteniamo che i caratteri appresi si “mischiano” sotto il comando più o meno consapevole del bambino, che andrà a creare sì un carattere… ma anche un’autostima (che si basa sulla percezione di se stessi, cioè l’auto-immagine).

Cos’è il carattere (secondo me)

Questa attività di attrazione dei caratteri altrui per la formazione del proprio stile comportamentale avviene sia consapevolmente che inconsapevolmente, da parte di tutte le persone che abitano la terra, non solo da parte dei bambini. L’apprendimento non si ferma mai, nemmeno da anziani (è dimostrato).

Tutti prima o poi copiamo comportamenti altrui e ne verifichiamo l’efficacia applicandoli sulla nostra esperienza di vita e/o contesto sociale.

Ho il sospetto che il carattere si sviluppi solo in alcuni momenti precisi, i cosidetti fallimenti.

e che poi questo carattere “resti a dormire” fino al prossimo fallimento.

Quando sento qualcuno dire “è il suo carattere che ci vuoi fare” non posso evitare di leggervi all’interno un senso che mi preoccupa, accettando che i bimbi possano avere un “carattere” già definito stiamo anche dicendo a noi stessi: “non voglio cambiare il mio comportamento per dare il buon esempio a un bambino, perchè tuttosommato mi fa comodo il tipo di relazione che ho costruito finora“.

Sapere che il carattere è in continua evoluzione invece è come dire a noi stessi che dobbiamo stare sempre all’erta, sempre attenti ai nostri istinti perchè il bambino potrebbe assimilarli in qualsiasi momento.

e quando non riusciamo a controllarci?

Il caso classico di assenza di controllo da parte di un genitore avviene durante un fallimento. Può essere più stress di quello che riusciamo a gestire, può essere il troppo senso di responsabilità… può essere un pianto di troppo che ci fa sbroccare, o ci tira fuori un atto di violenza (es. un ceffone, un urlo, un’umiliazione del bambino di fronte ad altre persone). In tutti questi momenti noi come genitore abbiamo fallito.

I bambini formano il loro carattere durante i nostri fallimenti.

I bambini infatti fotografano quella nostra azione istintiva, ad esempio prendere a calci una sedia, e la “mettono in memoria”. Apparentemente sembra che non sia accaduto nulla, poi, dopo un mese… rivediamo il bambino che durante un momento di stress… prende a calci la stessa sedia.

ma allora che possiamo fare?

Non sarebbe possibile dire ad un genitore di mantenere l’autocontrollo per il 100% del tempo che passa con i propri figli, non siamo robot. Quindi, accettiamo il fatto che ogni tanto possiamo anche fallire, non succede nulla di male.

Accettando quindi di aver fallito, in un certo punto del nostro ruolo di educatori, possiamo anche col nostro esempio far vedere al bambino che sappiamo imparare dai nostri errori, sappiamo accettare lo sconforto che ci deriva dall’aver messo in pratica azioni “non ottimali”, e che andiamo avanti.

Soprattutto il modo in cui gestiremo il nostro fallimento di fronte ai figli, sarà il vero esempio che possiamo dare come genitori.

il ruolo del genitore

io penso che il ruolo di genitore (almeno quello che voglio costruirmi) sia quello di costruire per i figli una palestra nella quale possano allenare i propri fallimenti ed il proprio carattere.

Costruire una palestra per me significa ogni giorno dire ai nonni di stare attenti alla loro PNL (frasi tipo “ah camilla sei proprio una pasticciona” qui sono vietate perchè influiscono su un inconscio che è ancora in fase di costruzione). Allo stesso tempo non avendo io il controllo sulla PNL del mondo esterno, cerco di dare alla Camilla gli anticorpi per digerire le stronzate che le dicono, ad esempio “Papà, mi prendono in giro perchè metto i collant” ha la mia risposta “a volte i bambini prendono in giro perchè hanno voglia di scherzare, se trovi il modo di scherzare assieme a loro, eviterai che ridano di te“. Concetto tutt’altro che facile da spiegare, soprattutto se noi stessi non abbiamo una vera strategia per sopravvivere agli sfottò altrui.

in pratica: non mi aspetto di renderle la vita più facile (non riesco a farlo con la mia, figurarsi con la sua) ma almeno cerco di darle spazi in cui si può allenare a fallire, a vincere, a beccare mazzate, a darle… cosa che poi fa fisicamente anche all’asilo.

Quando i genitori comprano il corso di judo, pattinaggio, pallavolo… stanno in realtà comprando una palestra di prova.

Adattarsi al periodo

Un esame semplicissimo che chiunque può fare riguarda il nostro modo di dare risposte.

  • Se hai dato la stessa risposta alle stesse domande fatte in momenti diversi, non ti stai adattando.

in conclusione

la possibilità che hai come genitore è quella di poter influire sul carattere di una persona che cresce di fianco a te. Io sto cercando di creare le situazioni per cui questo carattere possa crescere forte e col suo spirito… bella sfida visto che questo spirito non si sa da dove venga! In generale penso che i bambini non hanno bisogno di qualcuno che nasconda la realtà, hanno solo bisogno di qualcuno che gliela spieghi.

Gioie e sconfitte

La mia piu grande sconfitta sarebbe sentirmi dire da Camilla “ho fatto questa cosa perchè mel’hai detto tu“.

La mia piu grande gioia sarebbe sentirla dire a 18 anni “papà mi hai rotto, vado ad abitare da sola

e le tue quali saranno?

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Commenti

  1. Ciao simone. sono d’accordo con te .io non ho figli ma credo che non si possa imporre ai bambini un determinato carattere,che è poi quello che emerge in ognuno di noi quando si ha a che fare con i vari fallimenti nella vita,ma l’unica vera cosa importante che si deve insegnare è il rispetto verso gli altri e l’essere sempre pronti a porgere la mano a chi è in difficoltà e chiede aiuto.

    ricordo che i miei genitori mi dicevano di non prendere in giro i bambini meno fortunati di me e di rispettare il modo di fare di tutti gli altri.d’altronde credo che il principio base dell educazione sia rispettare le idee di tutti avendo sempre la facoltà di condividerle o meno.senza sminuire mai nessuno se ha opinioni diverse dalle nostre su vari argomenti che si stanno trattando.

    • ciao Mirco! Hai toccato un punto ultra-dolente. Purtroppo il rispetto è una di quelle cose che anche io… devo ancora capire fino in fondo!

  2. Bellissimo il tuo pensiero. È difficile essere genitori perfetti.io faccio quel che mi detta il cuore al momento ….cercando di essere ferma nella decisioni .

    • Grazie per il commento! Confermo essere fermi nelle decisioni è importante perchè penso dia un certo senso di stabilità ai bambini. E poi si apre il tema della gestione delle eccezioni alle decisioni, che è normale che ci siano e restano sempre un confine importante.

  3. Tutto quello che hai scritto,rispecchia proprio la mia esperienza di mamma.tutti gli errori che ho commesso da genitore,sono stati compresi dopo 20 anni,con i miei figli ne parliamo spesso e io umilmente non mi vergogno di ammetterlo.ciao Simone .rita

  4. Sono molte le cose che condivido del tuo articolo, ma per rispondere al quesito dell ‘ultimo capoverso nella mia vita da genitore uno degli obiettivi che mi sono sempre prefissato nel rapporto con i miei figli… dare loro gli strumenti, attrverso l esempio (so che non e’ molto…) affinché potessero rialzarsi ogni volta che cadevano, trovare la forza di imparare dai propri errori.

    • Grazie papà 🙂 Nick Vujicic è sempre un mito!

  5. quantá veritá …
    soprattutto sono convinto che sbagliare, per un genitore, sia molto produttivo, a patto che sia disposto a parlare dei propi fallimenti con il propio figlio.
    Io faccio cosí (mio figlio ha 12 anni) e uso le stesse frasi sia per i miei sbagli, che per i suoi.

    non sono/sei stato abbastanza attento … ,
    capita a tutti di sbagliare …
    la prossima volta so/sai/sappiamo il metodo giusto …

    Soprattutto mi piace sbagliare assiame a lui, sapendo dall’inizio che un metodo non é giusto, cosí sono sicuro che non fará lo stesso errore da solo e posso spiegargli il motivo del fallimento, come se lo scoprissi anch’io in quel momento.

    buona giornata!

    • Ti posso assicurare che esisono anche i fallimenti, o meglio esiste l’emozione legata al fallimento. Per esempio io mi sono sentito fallito quando la mia famiglia si è divisa in due parti: questo genere di emozioni te le porti dentro, e se non le elabori e non le condividi, finisci anche per diventare un genitore teso, astioso, che non ascolta… perchè totalmente deluso da se stesso.

  6. ciao simone
    riflessioni preziose su un tema su cui io stesso ho sbagliato e imparato molto. Avverto qua e là un po’ di acredine fra le righe, vedrai che si attutirà a mano a mano che le cose prendono la piega che stai cercando di imprimere. Conosco abbastanza bene la tua capacità di far accadere le cose e prevedo serenamente grandi miglioramenti in questo senso nei prossimi anni 🙂 Quanto all’ultima domanda la mia gioia sarà grande se i miei figli interiorizzeranno almeno un pezzetto del senso di sollievo e di liberazione che ti riempi quando realizzi che la vita è continua, noi ne viviamo un pezzettino. Mi sto convincendo del fatto che basta agire sapendo che le cose buone che contribuiremo a far succedere andranno avanti oltre noi. Cerco di agire aumentando il numero di possibilità, evitando accuratamente di provare a controllare quel che non dipende da noi e concentrandomi sugli aspetti più plasmabili. Si può fare 🙂

    • Ciao Filo grazie per il commento… da incorniciare 😀

  7. Ciao Simone. Mi hai fatto riflettere. I fallimenti nella memoria sono scomodi, a volte ingombranti. Ma coltivando consapevolezza li si affronta senza che prevalga l’istinto, così quando si ripresenta il rischio di fallire, se succede..lo si archivia senza strascichi, oppure lo si riesce addirittura ad evitare. Da adulti abbiamo questo super potere. Da bambini somatizziamo i fallimenti; mi ha fatto tenerezza leggere l’esempio del gelato. Ero una bimba che per anni non ha più voluto prendere il gelato in giro. Per non soffrir troppo della rinuncia mi ero autoconvinta che non mi piacesse. Imparare ed insegnare come fallire ci salva la vita, molto più che come “vincere”. Anzi, per esperienza, posso dire che affrontando bene un fallimento, il successo viene di conseguenza. Complimenti Simone, sai toccare le corde giuste ed arrivare al nocciolo, e’ sempre un piacere leggerti. A presto!

  8. bell articolo, interessante analisi partendo dal caso dei 3 bambini che mangiano il gelato e si sporcano. giusta l’osservazione che nel caso di Emma si crea tensione, sia da parte della madre che della bambina. In conclusione giustamente, dici tu, vorrei che mia figlia mi dicesse a 18 anni, “mi hai rotto, vado a vivere da sola”… sempre se le condizioni economiche del momento, in questo contesto, lo consentano… e che la figlia o il figlio non sia stato traumatizzato da una famiglia disfunzionale (litigi marito e moglie e maltrattamenti subiti dai figli) e sia in condizioni mentali di ottenere l indipendenza economica.
    aspetto altri articoli sul rapporto genitori figli, materia molto complessa e dibattuta: come deve comportarsi un genitore? lasciar fare di tutto ai propri figli cosi si responsabilizzano e imparano dai propri errori? Anche l’uso di alcool e droghe e gioco d’azzardo, problematiche oggi molto attuali.

    • attuali si, scrivo di quello che vivo. Grazie per il commento!

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