Le urla degli altri


Sto facendo delle cose con photoshop, ascolto musica e ho il riscaldamento acceso, quando mi sembra di percepire una vibrazione nella forza. Fermo la musica: da fuori sento un suono che mi ricorda due cose:

– una notte, tanti anni fa, che ho sentito una donna partorire in casa;

– l’uccisione di un maiale.

Apro la finestra, mi affaccio. In strada, sotto di me, c’è una ragazza che urla al telefono. Avete mai sentito una persona perdere totalmente il controllo? E’ interessante. Le corde vocali sono messe alla prova, vengono fuori suoni che non pensi siano possibili. E invece lo sono. Sta litigando con il ragazzo. Di fronte a lei due suoi amici, totalmente immobili, paralizzati. Muti. Lei a volte sta ferma, poi si muove, si contorce, sembra una di quelle cose tipo Pina Bausch ma in versione grindcore.

Urla: FIGLIO DI PUTTAAAAANAAAAAAAAA e la A diventa una erre, una ghyuuu, non so, vocali e consonanti diventano la stessa cosa – come una corda di violoncello tesa e incendiata con la benzina, sotto le ruote di un treno. Ha una potenza vocale notevole. Con il dolore del momento la sua si rivela una di quelle voci che nell’ambiente operistico si definiscono “grosse”. Me la immagino nella vita normale: è come tutte le ragazze che vedo ogni giorno, cappottino grigio, stivali al ginocchio, ci vediamo per l’aperitivo, cose così. Una voce piccola, soffice, innocua.

La vedo mentre fa foto con instagram, legge l’oroscopo di Internazionale, si spalma la crema per la pelle prima di andare a letto.

E ora eccola qua: un maiale sgozzato che urla E’ FINITAAAAAAAAAAA FIGLIO DI PUTTAAAANAAAAA IO MI PRENDO TUTTTOOOOOOOOO sputazzando in un vicolo del centro storico di una città calma e sonnecchiante. Il dolore è uscito fuori, domani avrà le rughe.

Ma a colpirmi sono soprattutto i suoi due amici.

Hanno il cappuccio, non li vedo in faccia. Sono immobili. Mi viene in mente quell’aneddoto sulla realizzazione di Fitzcarraldo di Herzog. Klaus Kinski si esibiva in una delle sue solite sfuriate durante le quali era in grado di gridare per ore. Tutt’intorno gli indios che osservavano la scena spaventati. Ma non da Kinski che urlava: erano spaventati da Herzog che non reagiva.

Ci sono vari filmati che testimoniano queste scene.

A far paura era la non reazione di Herzog. Il suo stare impassibile di fronte a uno tsunami di rabbia isterica biondo cenere.

E così è stasera alla mia finestra: lei urla il dolore, con tutta la voce che ha e anche con quella che non pensava di avere. FIGLIO DI PUTTANAAAAAA E’ FINITAAAAAAAAAAAA VAFFANCULOOOOOOOOO IO CHIAMO IL CENTOTREDICIIIII QUELLA PUTTANA DI TUA MADREEEEEEE.

E loro sono fermi, impotenti, con le mani in tasca, il cappuccio, la sciarpa. Perché non si sa mai: con questo freddo magari ti prendi un mal di gola.

E infatti io chiudo la finestra e torno qua, al caldo.


4 risposte a “Le urla degli altri”

  1. come giustamente mi viene ricordato:

    “Se potessimo vederci con gli occhi degli altri scompariremmo all’istante”

  2. sai che venerdi in stazione mi è capitata una cosa simile, Stazione di Porta venezia a milano, un tizio totalmente fuori controllo urlava al telefono alla sua ragazza che NON DOVEVI OSARE CAPITOO!? IO TI CHIAMAVO SOLO PER SA… SOLO PER SAPERE COME STAVI OK? EH NO VUOI FARE LA STRONZA… ecc. le facce un po basite degli astanti, qualcuno ridacchiava dando occhiate agli amici come dire “povero sfigato visto?” poi ad un certo punto, il cambio di marcia, le urla si abbassano appena di tono, e le imprecazioni diventano minacce. TU STAI ATTENTA. STAI ATTENTA TI HO DETTO TU QUESTA NON LA PASSI LISCIA. CHIAMA CHI VUOI I CARABINIERI NON ME NE FREGA UN CAZZO TU QUESTA LA PAGHI. E MOLTO CARA.

    le risatine attorno smettono, tutti iniziano a guardare un punto fisso, verso gli altri binari. ci si guarda pensando “forse dovrei intervenire” “forse dovrei fare qualcosa”. eppure, che cazzo ci vuoi fare? è l’amore

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