Spero che ritorni presto l’era del cavolo nero


Ovvero: se non sapete cosa regalarmi per il compleanno regalatemi un elenco puntato.

  • Lo stalker motivazionale: se hai un sogno, perseguitalo.
  • Cose serie: l’orto estivo è andato molto bene: pomodori pure troppi, peperoni ottimi, insalate infinite (è un modo di dire: a un certo punto sono finite), le melanzane bianche si confermano le regine delle olanaceae angiosperme dicotiledoni mammmmma mia quanto sono buone. E ora è il momento dei cavoli, soprattutto del cavolo nero, cavolo nero, cavolo nero, cavolo nero, cavolo nero, cavolo nero, poi anche pleurotus e soprattutto psilocybe cubensis per ricordarci che un mondo migliore esiste già dentro e fuori di noi.
  • “Ma sei dimagrito?” frase del 2021. Chiariamolo una volta per tutte: sì, sono dimagrito. è un fatto, accettiamolo come tale. oppure… Oppure siete voi dei c1cc1oni di m3rda eheheh.
  • Sono stato a un festival letterario come ospite. Toh, a sorpresa. Questa la metto così, come evento. Dopo soli 20 anni di scrittura non me lo sarei mai aspettato, ormai puntavo al riconoscimento postumo. E invece! Però perseguo nel mio obiettivo di essere riconosciuto scrittore senza mai aver pubblicato un libro.
  • A tale proposito, se non l’avete fatto andate a recuperare i diciamo “racconti” di Licheni, la rivista che ho fondato a caso in un momento che non ricordo https://www.harrr.org/licheni Il tema del primo numero è IL CORPO. Il prossimo numero uscirà nel 2033.
  • Che poi scusate ma torno a parlare di orto: tutti a piagnucolare sempre dei cinghiali: qua abbiamo i cinghiali ogni sera letteralmente in giardino e non hanno minimamente toccato l’orto, non danno alcun fastidio in alcun modo. Basta essere un po’ furbi e adattarsi. Memorabile la sera in cui si sono avvicinati troppo a casa e li ho mandati via mettendo gantz graf degli autechre sul cellulare. Gli autechre si dimostrano tipo il coltellino svizzero: sempre utili, meglio averli sempre con sé.
  • Comunque i cinghiali sono esseri adorabili e affascinanti, chi ha problemi con i cinghiali ha problemi con la realtà.
  • Nel 2021 ho scritto questo reportage https://www.ctrlmagazine.it/galassia-orabona/
  • E questo racconto https://salmuria.it/trecentomila-miliardi-di-caffe-martino-pinna/
  • E sono dimagrito, sì sì, lo so.
  • Ho scritto anche una poesia:
  • PENSIONE
  • L’aspettavo,
    E come sospettavo
    Non mi spettava.
  • E pure questa:
  • ABAC
  • in campagne tetre
    con gli autechre:
    nebbia e poesia
    erbe di campo,
    no polizia.
  • Il pimenton è la spezia del 2021, lo dicono tutti. Da mettere ovunque, pure sul dentifricio.
  • A volte vedo talmente male che sono certo che gli oggetti intorno a me mi vedano meglio di come li veda io.
  • Appunti spirituali:
  • Per trovare il cammino devi abbandonare il cammino.
  • Per trovare il camino devo andare sul tetto, di solito è lì.
  • Per trovare comino devi andare nell’arcipelago delle Isole Calipsee.
  • Poi c’è anche la valle di Comino, ma è un’altra cosa: è vicino a Frosinone, è dove sono andato per il festival letterario.
  • Ogni tanto trovo sulle note del telefono dei numeri che mi segno in momenti che non sempre ricordo. Non sono numeri telefonici, non so cosa siano. Esempi: 119, 56.7, 907643, 259, 39. Boh.
  • Scusate è un po’ che non parlo di merda. Abbiamo avuto l’idea di MerdAdvisor. perchè l’esperienza (non ho voglia di maiuscole nè di e accentate correttamente) dicevo: l’esperienza in ristorante non si conclude con la semplice in|gur|gi|ta|zió|ne del cibo o, al massimo, con la digestione. La recensione completa dovrebbe comprendere il giorno dopo, ovvero: come si è cagato. Quindi l’idea sarebbe quella di un sito e una app dove le persone possano dire “ottimo posto, cucina ottima, il giorno dopo ho cagato benissimo”, magari anche con dettagli, foto ecc. Oppure “piatti gradevoli, indicato per chi desidera feci molli” e così via. insomma è la classica idea che prima o poi qualcuno avrà e farà la startup miliardonaria, sicuro.
  • a proposito: Errico Malatesta un periodo vendeva gelati a Londra. Gaetano Bresci pare mangiò ben 5 gelati nell’attesa di uccidere il re. Scrivere una storia dell’anarchismo partendo dai gelati.
  • Un amico con la sla non può più alimentarsi normalmente, ma riesce a mangiare il gelato, anche se ci mette molto tempo. Io non ho mai amato i gelati. Poco tempo fa andavano molto di moda le gelaterie artigianali con il Gelato Vero, ma ho sempre preferito quelli confezionati. Per me il gelato è il cornetto Algida classico, stop, oltre non vado. Anche se ho scoperto che mi piace il frozen yogurt greco, ma aspetta, andiamo a capo.
  • Ora invece va di moda lamentarsi di ciò che andava di moda fino a ieri, quindi tutti i bla bla bla contro i gelati troppo sperimentali, “ma cos’è il gelato al basilico e capperi, il gelato all’ananas e pecorino, ma siamo matti!” eccetera, e dopo la lamentela si va sul sicuro con la bandiera italiana prendendo pistacchio, panna, fragola – dio patria e famiglia – mentre per me il problema è che non si sperimenta abbastanza. Voglio un gelato ai polimeri, un gelato licheni e protoplasma. Un gelato al veleno! Venite, andiamo a capo.
  • Insomma questo fastidio per chi “osa troppo” è davvero noioso borghese boomer. Le cose più bizzarre sono spesso venute dai poveri che si arrangiavano come potevano. La “fantasia in cucina”, prima che avanguardia e marketing, era mera necessità. A chi cazzo poteva venire in mente quella meraviglia patrimonio dell’umanità che è la burrida cagliaritana? Noci, fegato di gattuccio, aceto, tutto tritato fino a realizzare quella che a tutti sembra una clamorosa vomitata? eppure è divina, è il cibo degli dei. Ricordiamo sempre che tradizione è invenzione. moltissimi piatti che voi mettete nella categoria “si fa così” non esistevano fino a 100 anni fa e sono nati a caso perché qualcuno ha iniziato a fare in un altro modo una cosa che “si fa così”.
  • Ecco, quindi vorrei anche il gelato alla burrida. E poi andare a uccidere il re.
  • Ma perché sto parlando di gelati?
  • E sto veramente parlando di gelati?
  • E sto davvero parlando? E con chi?
  • Che poi no, non è vero: non ucciderei il re. Basta togliergli la corona, farci una risata e convincerci tutti che era solo un povero pazzo convinto di essere un re; e poi, se è simpatico, farlo diventare un nostro amico. Non c’è bisogno di ucciderlo.
  • Scusate la serietà.
  • E’ che ormai odio l’ironia fine a se stessa, il sarcasmo, il cinismo, il non prendere sul serio nulla, ma proprio nulla: se non prendete le cose seriamente, non potete neanche smontarle o svelarle con l’ironia. prendere le cose seriamente è fondamentale per fare della vera ironia. altrimenti non resta nulla, non vi godete nemmeno l’ironia. E poi: “L’ironia è una modalità di emergenza. Portata avanti nel tempo diviene la voce del prigioniero che deve farsi piacere la propria gabbia”.
  • Ancora, scusate la serietà. E ancora: gelato alla burrida.
  • Read theory!!! Due teorici discutono di qualcosa sulla società. Entrambi considerano l’altro interlocutore un ingenuo. Non si capisce niente di quello che dicono. A un certo punto entra (nel posto dove si trovavano, un container nel porto di Caracas) un tizio con il passamontagna e urla “Morite tutti brutti stronzi!” e spara con il mitragliatore. Non li colpisce. Al che loro iniziano a discutere di questa scena. “E’ anche una citazione di Pulp Fiction” dice uno. “Citazione, ma cosa vuol dire citazione? Non è tutto forse una citazione? Trovo la tua posizione davvero ingenua”. Il tizio con il passamontagna scappa via, i due teorici chiudono la porta del container e continuano a discutere.
  • sleight of hand: qualcuno è mai riuscito a separare due zampironi senza romperli? io mi sono allento tutta l’estate, il livello di difficoltà è simile al cubo di rubik.
  • un monaco buddhista disse che leggere tanti libri e non meditare è come “al ristorante leggere tante volte il menu e non ordinare mai da mangiare”. che è una cosa che in effetti mi capita spesso: leggere tante volte il menu e non ordinare. o comunque metterci molto e alla fine prendere una cosa a caso. se ne potrebbe parlare molto a lungo (davvero, sembra una sciocchezza ma non lo è), se ne potrebbe parlare talmente a lungo che per ora lo teniamo qua come appunto mentale e rimandiamo.
  • mi sta capitando sempre più spesso di incontrare persone che fanno lavori di cui si vergognano o che non trovano ideologicamente accettabili ma che fanno comunque “per i soldi”. Ora, ricordiamo una volta per tutte una delle poche cose di cui sono sicuro arrivato a questa venerandola età: se lavori per il Male e lo fai per i soldi, non è un attenuante, è un aggravante.
  • ripeto: “lo faccio per soldi” non è un attenuante, è un aggravante.
  • Lo facessi perché sei obbligato, perché sei nella merda e totalmente privo di alternative, o perché ci credi… no: lo fai per i soldi. Ammerda, mavaffanculo.
  • Così, lo volevo dire.
  • Cioè almeno i nazisti lo facevano per un ideale. Voi (non so chi, ormai m’è partita la vena) per qualche euro AMMMERDEEEEEE
  • una storia morale: una giovane madre ha questo figlio che non è particolarmente strano, solo un po’ mediocre. Apparentemente non ha problemi, però è sempre così, con le mani in mano, non si lamenta mai, non dice mai niente di bizzarro, lei non ha niente di buffo da raccontare alle colleghe o da condividere su 1nst4gram e F4cebook, tanto che è arrivata a inventare qualche aneddoto scopiazzandolo da altre persone. Inoltre ha paura che il bambino cresca male, senza obiettivi. Quindi un giorno gli fa un discorsetto e gli dice “Tu devi avere un obiettivo, capisci? Cosa vuoi fare da grande?” e il bambino risponde: “Voglio scoparmi Jennifer Lawrence”. La madre resta interdetta, poi però pensa che comunque è un obiettivo e decide di aiutarlo. Il resto della sua vita è dedicato a questo unico obiettivo: suo figlio deve scoparsi Jennifer Lawrence. La madre calcola che a 16 anni la cosa potrebbe essere fattibile (anche se l’attrice nel frattempo sarà sui 40… le cose si complicheranno), ma prima che il ragazzino possa compierli intervengono i carabinieri, e da qui in poi diventa una storia molto triste, servizi sociali, articoli di giornali, Chi l’ha visto, lasciamo stare va…
  • che poi, mo m’è venuto in mente che sui soldi avevo scritto una cosa lunghissima che non ho mai pubblicato. magari prima o poi la pubblico. ora non ho voglia di andare a cercarla, i moscerini mi stanno mangiando le gambe.
  • però davvero, è il tengo famiglia degli anni 2000, di solito senza manco tenere famiglia: parlano del loro lavoro come di qualcosa di imbarazzante e riprovevole – e di solito lo è, gente che lavora in tv per capirci – poi però aggiungono che sono pagati beneheheheh ma che cazzo ridi? dimmi che stai mantenendo tua madre malata, dimmi che stai mettendo i soldi da parte per pagare un team di hacker russi che mettano fuori uso fcebook e istargam, dimmi che ti sei indebitato con i narcos (anzi questo magari non dirmelo), dimmi tutto, ma non dirmi che fai un lavoro non utile, imbarazzante, spiritualmente e ideologicamente inaccettabile, che ti fa schifo e che… lo fai per i soldi. è la motivazione peggiore che esiste. lo so perché l’ho fatto anche io, e so come mi sentivo, so come mentivo agli altri (non a me, però). se quel lavoro ti fa davvero schifo, non farlo. è che ti piace, forse. è che ti piacciono anche i soldi, senza forse. non c’è niente di male: accettiamo di fare schifo, ma cerchiamo di fare meno schifo possibile, dai (o si scrive dài?). e poi… no niente, ne ho parlato pure troppo, basta. dopotutto non sono nemmeno pagato per farlo eheheh – ehm.
  • piuttosto vai a rubare, c’è molta più nobiltà.
  • animali più odiati nel 2021: i ghiri. sorpresi? allora non avete mai avuto ghiri sotto al tetto. i ghiri sono i peggiori animali mai esistiti (per Alle invece sono le orche… guarda Alle, se mi porti un’orca che si mangia i ghiri poi ti aiuto a uccidere l’orca, promesso). per settimane sentivo i rumori sotto al tetto, ma i ghiri non si vedevano: sono impossibili da vedere. ho pure comprato uno di quei costosi prodotti a base vegetale “che non fanno male” e che avrebbe dovuto dargli fastidio, un coso da spruzzare che per metà ovviamente mi sono spruzzato in faccia: inutile dire che letteralmente mentre irroravo ovunque questa schifezza dal “profumo gradevole per gli umani” (così dicevano) il ghiro continuava a muoversi sotto le tegole come se niente fosse. ha mangiucchiato la copertura sotto al tetto, ora ci piove in casa. insomma il mio odio per il ghiro a un certo punto è arrivato ai massimi livelli di odio possibile, quando un giorno – totalmente a sorpresa – è apparso in casa. probabilmente perché ho abbattuto l’albero da cui era entrato (era un albero ormai morto) e non ha trovato il passaggio per il tetto, dunque è finito in casa. è come un topo, ma molto più carino. ho odiato per tanto tempo una creaturina così bella e spaventata? veniva voglia di adottarlo, mandarlo a scuola, fargli le foto mentre cresce, iscriverlo a una palestra di arti marziali, poi andare a vedere i suoi primi tornei, fargli le foto, commuoversi… va beh, è finita che è scappato e non so come è andato a finire DENTRO al muro: due giorni dopo si sentiva puzza di carogna vicino a una presa elettrica e si vedevano mosche che ronzavano intorno: apro, dentro ho trovato il ghiro morto, probabilmente fulminato da un filo elettrico che ha rosicchiato. da morto era decisamente meno carino e inoltre era pieno di pulci. l’ho tirato fuori con una pinza prendendo dalla coda e l’ho buttato nel bosco. diciamo che in qualche modo abbiamo risolto il problema, o che il problema si è risolto da solo. ora continuerà ad essere ghiro in qualche altro modo: diventerà terra, acqua, nuvola, speriamo solo che non rompa ancora i coglioni.
  • aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa una cosa che non c’entra niente: ho scoperto che la nota insistita dal minuto 1.50 in poi del secondo movimento di “Musica ricercata” di Ligeti (la conoscete: è quella di Eyes Wide Shut, dai), rappresenterebbe un accoltellamento… un accoltellamento di Ligeti verso Stalin! “I wrote this like a knife in the heart of Stalin”, parole sue, pare. vabbè, lo volevo dire, perdonate l’entusiasmo.
  • mia madre, a oltre 70 anni, mi ha chiesto di consigliarle un libro per iniziare a meditare.
  • e a proposito di questo (davvero a proposito, stavolta non è ironico): ho fatto una meditazione saltata. cioè, è una forma di meditazione che mi sono inventato io, perché appunto bisognerebbe meditare tutto il giorno, in tutte le cose che si fanno, e allora perché non farlo anche saltando da un ponte? ho voluto fare una meditazione sulla morte lanciandomi da un ponte alto 152 metri. per ovvi motivi l’ho fatto con un elastico attaccato ai piedi, altrimenti sarebbe davvero stata una “esperienza unica!!!” e sarei morto. dopotutto il ponte dove ho saltato è chiamato anche ponte dei suicidi. lo sapevo, e non l’ho scelto a caso: gli altri motivi che mi hanno spinto a scegliere questo particolare ponte è che si trova non lontano da casa, che è molto alto (152 metri appunto, sono molti!) e che si trova in mezzo agli alberi, quindi c’è una bella vista. nella mia vita ho immaginato tante volte di suicidarmi e ho immaginato tante volte di farlo buttandomi da un ponte. dunque la mia idea era di lanciarmi dal ponte, o meglio, cadere giù, immaginando di morire, cercando di dimenticarmi di avere un elastico attaccato ai piedi. mentre andavo al punto del lancio, ai lati della strada, sulla ringhiera, vedevo le foto (con sotto i fiori) delle persone che si sono suicidate qui. da lontano si sentiva già la musica rock messa dagli organizzatori della cosa – che si chiama bungee jumping, come saprete – e già questo stonava un po’ e creava un’atmosfera surreale: io che respiravo lentamente, calmissimo, pensando alla morte, le foto dei suicidi ai lati del ponte, la musica da palestra, e questi ragazzi che, una volta arrivato al punto del lancio, mi chiedono “SEI CARICOOOO!!!!??”. “mmm, sto bene” ho risposto. poi mi hanno spiegato varie volte la procedura, credo per motivi legali paraculi, e io ho chiesto se potevano evitare di mettere la musica – tanto non c’era nessun altro in quel momento, solo io e loro – e se potevano evitare il conto alla  rovescia (perché avevo visto dei video dove fanno 3, 2, 1… SALTAA!!!!! cosa che serve agli indecisi che spesso non saltano). in effetti, scusate se esco dalla parentesi che a questo punto si è dimostrata inutile, mi dicono che una persona prima di me non ha saltato: una volta sopra la pedana, si è bloccata. hanno più volte urlato 3 2 1 saltaaaaaaaa jump jump jump lalallalalalàààà ma niente, quello si cagava sotto ed è tornato a casa. forse sarebbe bastato dargli due minuti di tempo, farlo respirare, fare le cose con tranquillità e calma invece di questo approccio adrenalinico da “sport estremo” (come se CADERE fosse uno sport poi), chissà. comunque mi dicono ok, accettano le mie condizioni – e grazie al cazzo, ho pagato 110 euro. mi spiegano ancora cosa fare, controllano tre volte l’imbragatura, poi salgo su tre scalini e sono sulla pedana. in questo momento ti dicono di non guardare giù, che è un po’ come se in ristorante ti portassero un piatto e ti dicessero “non lo guardi però”. certo, come no. io voglio guardare giù, sono qua per immaginare di sfracellarmi, così come ho fatto tante volte nel buio – o nella terribile luce – di camera mia, per anni e anni, e ora che ho pure pagato 110 euro non guardo giù? inoltre non ho affatto paura dell’altezza, mai avuta, anzi provo perfino una certa attrazione. dunque guardo giù: è molto alto. è molto bello. ovviamente, com’era prevedibile, una ragazza inizia a urlare il conto alla rovescia che le avevo chiesto di non fare: TRE, DUE, UNOOOOOOO – ormai è troppo tardi per dirle “scusa ma ti avevo chiesto di non farlo, volevo cadere dal ponte a modo mio, per me in realtà è un’esperienza spirituale” ma vabbè, mi lancio e proprio mentre stacco i piedi dalla pedana per cadere nel vuoto sento che fanno partire a tutto volume i dire straits, bastardata infame. io avevo chiesto di non mettere musica, volevo il silenzio. ma non c’è tempo per lamentarmi: la discesa è velocissima, mentre cadi capisci finalmente cos’è davvero la gravità, ti senti pesantissimo, come se stessero buttando giù un trattore; ecco, sì: ti senti un trattore in picchiata, circa 4 secondi per fare questi famosi 152 metri (beh un po’ meno in realtà, se no mi sarei davvero sfracellato a livello terreno), e poi… rimbalzi e torni su, e questo è il momento davvero strano, perché hai appena visto il terreno quasi accarezzarti il naso e invece poi lo vedi allontanarsi. lo strappo si sente: l’elastico è appunto elastico, ma lo strappo si sente, anche se non è troppo violento. poi dunque torni su e per un attimo sei sospeso, il corpo non capisce più se deve andare su o giù, sei in balia della gravità, e ovviamente arriva la scarica di adrenalina, perché il cervello percepisce comunque questa come una cosa molto pericolosa, anche se non lo è. io mantengo il respiro lento e calmo, sono totalmente sereno. ho provato una indescrivibile sensazione per un attimo, proprio mezzo secondo, di quasi-morte, ma è indescrivibile, quindi non la descrivo, ero qua (cioè là) per viverla, non per viverla e poi scriverla. rimbalzo ancora un po’ di volte, tre, e poi lentamente mi fermo. iniziano a calarmi giù e il paesaggio è molto bello: sono sospeso sulle cime di alberi molto alti. lentamente scendo, il terreno si avvicina. un ragazzo mi prende con una specie di gancio, mi chiede “tutto bene???” e io non so perché gli rispondo “piacere, M.”, e lui “piacere, edoardo”. credo di essere ancora in alto, di avere qualche metro sotto di me, invece a un certo punto sento il terreno sotto la schiena e mi accorgo di essere arrivato, sono sdraiato a terra. è stato uno dei momenti più destabilizzanti. a fianco scorre un ruscello, sopra si sente lontana la cazzo di musica rock che avevo chiesto di non mettere – ma vabbè, perdoniamoli. edoardo mi toglie l’imbragatura e mi spiega quale sentiero seguire per tornare su, perché 152 metri in montagna li fai velocissimo in caduta libera, ma risalire è faticoso. la famosa adrenalina dura poco, mi serve giusto per tornare su a tempo di record, percorrendo il ripido sentiero come se fossi rincorso da un orso. poi stop, sono calmo, stanco e soddisfatto (nonostante il conteggio che non volevo, il video che non volevo, il “saluta in camera!” che non volevo, i dire straits, ecc.). ho immaginato il mio corpo distrutto sulle rocce a fianco a quel ruscello, ma sono vivo e posso fare ancora un sacco di cose. è stato bello, divertente, istruttivo. passo il resto della giornata a parlarne con gli amici che mi hanno accompagnato, rispondo ai messaggi di persone che sapevano che dovevo fare questa cosa, più che altro mi lamento del fatto che abbiano messo la musica e che abbia dovuto fare un video che non volevo: ma è perché non so descrivere bene l’esperienza, né so se agli altri interessa. penso però di lanciare una moda, una di quelle cose in stile americano per fare soldi: meditazione estrema. unire la meditazione al bungee jumping. lo dico ad alcuni amici e amiche, si scherza un po’, i giorni passano, buio e luce si alternano, le esperienze si accumulano, a me alla fine restano in testa le foto dei suicidi sulla ringhiera del ponte, quei venti secondi in cui ero sospeso tra le cime di alberi bellissimi – e il maledetto inizio di sultans of swings dei dire straits.

3 risposte a “Spero che ritorni presto l’era del cavolo nero”

  1. beh, post dell’anno, sotto vari punti di vista! Visto che non c’entra nulla ma che te lo devo assolutamente dire: per piacere cerca il documentario Éphémère su Franco Maria Ricci e guardalo, è qualcosa, ma qualcosa che davvero. direi parimerito col documentario di Medioli su Ettore Guatelli. A PARI MERITO!!!! Campioni del mondo, gemelli nati in famiglie diametralmente opposte, eppure così vicine. Sarebbero da guardare in stecca, come si fa con le trilogie famose. Il terzo devo ancora trovarlo

  2. Vivere sotto
    I ponti
    È
    Un po’
    Morire

    Liguria
    Siparietto

    Fine

    #oracle

    (mi piace la parola “metempicosi”: contiene “me”, contiene “te”, e soprattutto)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *