Cosa fare quando i bambini piangono sempre in viaggio

Tra i tanti trucchi che ho imparato da Tracy Hogg per la gestione dei bambini, il migliore è sicuramente quello per viaggiare coi bambini.

Nel momento in cui ti scrivo sono sul treno e c’è una mamma disperata perchè il suo bimbo di 4 anni piange a ripetizione, senza sosta. Lei si sente in imbarazzo e lui è semplicemente distrutto, piangere per oltre 30 minuti dev’essere sfiancante.

bambini piangono in viaggio

Se penso al fatto che nei primi 4 anni della mia bimba non una sola volta abbiamo viaggiato con lei che piangeva… mi sento un alieno. Ma lo devo al 100% a quello che abbiamo letto durante la gravidanza. Per cui sappi che tutto quello che è scritto sul suo libro è vero, e si può fare, la mia famiglia ne è una felicissima testimone.

Scusami per l’introduzione, ma era dovuta. Comunque ci sono tante persone che hanno vari trucchetti, si portano cibo, giocattoli, distrazioni di ogni tipo… compresi i cellulari o tablet, che vengono considerati l’arma suprema per viaggiare in tranquillità.

A parte il fatto che la vostra vita coi vostri figli la decidete voi, io ho un metodo completamente diverso, e il fatto che funzioni così bene e senza mai sbagliare… oggi assistendo a questa scena drammatica sul treno mi ha fatto prendere coraggio.

Caro papà sei pronto? Cara mamma sei pronta?

Il metodo per non far piangere i bambini in viaggio è semplicissimo

Il trucco definitivo è: avvisarli di quello che succederà.

Tieniti forte, perchè il trucchetto è semplice ma va operato con maestria. Prima di qualsiasi tipo di viaggio, che sia treno, auto, aereo o nave la sostanza non cambia. Molto prima del viaggio, magari già 2-3 giorni prima dovete iniziare a parlare al vostro bimbo spiegandogli che tra poco inizieremo un viaggio bellissimo, fantastico.

Leggete con lui/lei libri che parlano del viaggio che state per fare, e mi raccomando, fate un bello spettacolo. Nel vostro tono di voce le note che descrivono il mezzo su cui viaggerete, dovranno illuminarsi. Considerate che per il vostro bambino questa sarà una prima volta, per cui avrete anche la grande fortuna di riviverla insieme a loro.

Se avete già fatto quel tipo di viaggio con vostro figlio siete un po’ in ritardo, ma avete ancora speranza. Cercate di trovare qualche tipo di novità riguardo al viaggio che state per fare tutti assieme, per esempio il tipo di treno, o il fatto che potrete fermarvi nell’autogrill se siete in macchina.

insomma questo viaggio dovrà diventare un premio, una cosa desideratissima e sublime.

Nota bene: questo trucco vale tranquillamente anche coi neonati. I neonati infatti sono ultra ricettivi al tono di voce che viene usato per descrivere loro le cose che stanno per succedere, soprattutto quando sono cose che stanno per avvenire e sono localizzate nel futuro.

Ricapitolando: già qualche giorno prima del viaggio (più il bimbo è piccolo e più bisogna partire in anticipo con le spiegazioni) iniziate a descrivere per filo e per segno tutte le azioni che farete assieme. Per esempio compreremo i biglietti su internet, poi ci faremo accompagnare dalla nonna in stazione, poi vedremo dei treni bellissimi e su tutti i binari ci saranno tantissime persone… ecc… e se il vostro bimbo è capace di parlare prendetevi tutto il tempo del mondo per rispondere alle sue domande.

ricordatevi bene che il trucco è: affascinateli e preparateli.

con la dovuta preparazione nessun viaggio è stressante, nessun viaggio è impossibile… neppure fare la spesa per noi è mai stato un problema proprio perchè abbiamo sempre spiegato in anticipo quelle attivià che saremmo andati a fare tutti assieme.

Questa semplicissima attività demolirà le probabilità che si verifichi qualche tipo di pianto o insicurezza nel vostro bambino.

si ma se poi piange lo stesso?

Ottimo, allora arriviamo alla parte più interessante, ovverlo la gestione della criticità. Come abbiamo visto sopra, è fondamentale preparare il viaggio parlandone col bambino. Questa attività se fatta costantemente vi consentirà inoltre di avere un ottimo dialogo con vostro figlio. Avere un dialogo significa che voi lo ascoltate.

su questo mi fermo un attimo perchè molti genitori e molti nonni sono convinti che avere un dialogo coi bambini significhi che i bambini devono ascoltare e ubbidire a ciò che gli chiediamo. Questo tipo di punto di vista è una immensa cazzata, dovete togliervela dalla testa il prima possibile. Altrimenti quando si verifica una crisi sarete portati a pensare che siete dei genitori sfigati perchè il vostro bambino non vi ascolta e vuole fare come gli pare.

sappiate che è il vostro punto di vista ad essere completamente fuori scala. Lo ripeto in modo che sia chiaro: avere un dialogo coi bambini significa che voi li ascoltate. fine, stop!

in questa frase cosi semplice si nasconde un cosmo intero. Infatti saper ascoltare non è per nulla facile. Voi dovete allenare il vostro udito ma soprattutto il vostro cuore a sapere capire come si sente vostro figlio/figlia nell’istante in cui gli siete di fronte. Che espressione ha? Respira velocemente o lentamente? poco fa cosa ha appena vissuto? Cosa gli ronza in testa, avete provato qualche ipotesi? ma soprattutto e fondamentalmente… come si sente?

Una volta che avete impostato il dialogo col vostro bambino (ripeto: significa tradotto:”una volta che avete imparato ad ascoltare il vostro bambino”) tutto il resto può iniziare come segue.

Quando si verifica il pianto, significa che voi non avete previsto con adeguata cura una reazione di vostro figlio, che semplicemente è arrivato al limite delle sue possibilità, e ve lo sta comunicando.

Sia chiaro: il pianto di vostro figlio è il modo in cui lui/lei comunica che è arrivato al limite. Questo semplice segnale vi deve servire per tornare sui vostri passi e cercare di capire a cosa potete rimediare, cosa potete fare meglio ma soprattutto come potete iniziare adesso, che si sta verificando il pianto, a capire cosa vi era sfuggito.

metto un attimo in pausa questo discorso per fare un inciso: non sto parlando di diventare quel tipo di genitore ultra apprensivo che per ogni soffio d’aria previene il contatto del bambino con la possibile fonte di contagio/disturbo. Anzi. sto cercando di farvi arrivare a comprendere cosa significa essere un genitore forte che fa della forza del bambino la sua principale alleata.

Il fatto di ascoltare il vostro bambino vi deve mettere in una situazione interiore nella quale voi siete ricettivi e accettate ogni tipo di stimolo e informazione come qualcosa di utile.

Il fatto di ascoltarlo vi permette di conoscerlo e capirlo. Capirlo significa prima di tutto quali cose gli causeranno stress e quali cose lo spaventano. Capire queste cose NON significa che dovete evitargli di viverle… anzi.

significa che se scoprite che vostro figlio ha paura dei rumori, per esempio, dovete accompagnarlo gradualmente ed in vostra compagnia a comprendere da dove arrivano, come funzionano, cosa significano e all’interno di queste aree potete giocare con lui, partendo da un rumore che non fa paura arrivando fino ad un rumore che lo terrorizza, facendogli presente che voi siete li per aiutarlo ad orientarsi nel mondo… ma che voi non potete impedire che le sue paure si verifichino.

questo dialogo continuo vi renderà forti, ricettivi e consapevoli. Torniamo quindi al nostro bambino che piange disperato. Avete capito cosa gli è successo? avete capito come si sente? Se si… bene, ora potete passare al passaggio successivo e cioè spiegare anche a lui come stanno le cose. Prenderlo da parte e spiegargli gentilmente che ad esempio “vedi Marco, stavi dormendo nel passeggino e purtroppo ti abbiamo dovuto far salire velocemente sul treno altrimenti lo avremmo perso… sai cosa vuol dire perdere il treno?”

La domanda alla fine delle vostre frasi deve sempre essere presente. “ti ho spiegato cosa è successo? Hai capito?” soprattutto quando chiudete con un “hai capito” il vostro tono di voce deve indicare con assoluta certezza che può capitare a tutti di non capire le cose… specie quando si è appena arrivati al mondo!

La vostra voce deve diventare la principale guida del bambino, unito al vostro contatto fisico saranno due armi impressionanti, che vi consentiranno di superare assieme qualsiasi sfida.

Ora vediamo bene il caso concreto: Marco piange talmente forte che neanche vi sente, urla proprio… che speranza ha la vostra voce di arrivare alle sue orecchie per tranquillizzarlo? è impossibile. In questa situazione deve essere il vostro contatto fisico a fare la maggior parte del lavoro.

Dovete avere una sequenza di carezze e soprattutto dovete aver trovato la zona di sensibilità del vostro bambino. Quando siete tranquilli e felici preferisce le carezze sulla pancia o sulla schiena? sulle braccia o sulle gambe? Gli piace essere accarezzato in testa? A tutte queste domande voi dovete sapere la risposta CERTA ben prima di partire per i vostri viaggi.

Quindi se sei il tipico genitore allucinato e stressato dopo l’ennesimo viaggio impossibile con tuo figlio sappi che hai ancora molto da studiare. Devi imparare diarlogare con lui (cioè: ad ascoltarlo) e devi imparare a conoscerlo.

Questo processo conoscitivo mentre tu fai il possibile perchè venga messo in pratica, vedrai che sarà anche reciproco. Perchè dal modo in cui voi ascoltate anche vostro figlio impara ad ascoltare. Dal modo in cui gestite gli imprevisti e dalle vostre reazioni vostro figlio impara a livello istintivo come saranno le sue prossime reazioni di fronte agli ostacoli.

Per esempio di fronte ad un particolare tipo di evento mio padre reagiva con la rabbia. E’ sempre stato molto bravo a incanalare la rabbia nelle parole piuttosto che nelle azioni e questo mi ha obbligato a capire molto bene il suo tono di voce arrabbiato ed a prevenirlo… facendo le azioni che non lo avrebbero fatto arrabbiare. e qui arriviamo ad un punto fondamentale:

Il carattere di vostro figlio è una variabile minuscola in un universo di variabili che sono ampiamente sotto il vostro controllo, ricordatevelo sempre.

Ora io penso che in una famiglia composta da due genitori sia fondamentale capire il prima possibile quale dei due genitori è temuto di più da vostro figlio. Di solito è quello che urla più forte, ma non è limitato a questo. In ogni caso, ipotizziamo che vostro figlio abbia una segreta paura di voi, perchè una volta vi ha visto profondamente ed incredibilmente persi nel pozzo della rabbia.

Voi potete fare di questa debolezza una grande forza, quando in un altro momento, quando le acque si saranno calmate spiegherete a vostro figlio come vi siete sentiti in quel momento. “caro Marco… sai cosa mi è successo ieri quando ti ho urlato cosi forte? Avevo paura. Sai cos’è la paura?” aspettate e ascoltate la risposta… se vi è possibile spiegate in seguito che la vostra paura era dovuta al pensiero di perderlo, perchè se fosse andato incontro a quell’automobile avrebbe rischiato di essere investito. Sai cosa significa “investito?”. ecc…

Durante questi dialoghi con vostro figlio vi potrà capitare di arrivare così in profondità nel senso delle cose, da arrivare in prossimità delle idee del dolore e della morte, della nascita e del sesso. A tutti questi argomenti dovete essere pronti a rispondere in qualsiasi momento, perchè la realtà è che voi non sapete quando e come vostro figlio arriverà a conoscere le circostanze di cui parlate.

Perchè l’idea di nascita e l’idea di morte le sanno già. Fin da quando sono nati a livello istintivo sanno di essere fortunati ad aver schivato la morte per un soffio, e sanno che alcune cose potrebbero essere viste una sola volta e poi mai più. In questo dovrete essere bravi, a saper spiegare che alcune cose nella vita hanno due possibilità, ed altre cose invece hanno una sola possibilità.

Per esempio una volta mia figlia, quando aveva circa 4 mesi e stava mettendo i denti aveva i classici pruriti alle gengive e cercava sempre qualcosa con cui grattarsi, io la stavo accarezzando per tranquillizzarla e lei mi ha preso la mano e delicatamente sel’è messa in bocca. io l’ho lasciata fare per vedere fin dove sarebbe arrivata. e lei ha iniziato a grattarsi le gengive usando il mio dito e ad un tratto ha iniziato a mordere, mordere mordere così forte da farmi vedere le stelle. Vi assicuro che un bambino di 4 mesi ha nelle mandibole una forza dirompente. Comunque, ho fatto un piccolo urlo (contenendomi di parecchio) e quando ha lasciato la presa le ho spiegato che mi aveva fatto molto male, allora esattamente come ha fatto lei le ho preso la manina e ho iniziato a mordere. prima piano, e poi sempre più forte stando attento ad arrivare al limite tra dolore sopportabile e dolore insopportabile. Lei ha alzato le sopracciglia, completamente stupefatta. Il fatto che provasse dolore è passato in secondo piano rispetto alla novità che sta volta ero io a farle male. Così le ho spiegato che nonostante lei fosse piccola, aveva comunque la possibilità di fare male agli altri esseri viventi, me compreso.

è stata una scena molto intima e ora che l’ho condivisa con te, raccontandotela cerca di non pensare cose tipo “oddio questo deficente mi sta dicendo di mordere mia figlia”. Io sono quel deficente che morde i bambini e che soprattutto consapevolizza il dolore. Significa sapere che noi, da genitori un giorno faremo del male ai nostri figli. Questo potrà succedere per nostra volontà ma molto più probabilmente potrà succedere anche nonostante la nostra volontà.

Per un genitore, accettare di essere causa del dolore di nostro figlio, è una sfida quasi impossibile. Me ne sono accorto litigando furiosamente con mio padre, quando avevo già 30 trent’anni. Cercavo di spiegargli che col suo modo di fare mi aveva fatto del male, e nonostante glielo spiegassi con le buone, con le cattive, con le urla, con le lacrime… ho notato che lui proprio non capiva.

L’ho ascoltato (come si fa coi bambini), ho guardato le sue reazioni, il suo respiro, il suo tono di voce e ho capito, profondamente che lui non avesse idea di cosa stavo dicendo. L’idea che lui potesse farmi del male era così lontana dalla sua mente da essergli totalmente aliena. Per cui il fatto che io gli dicessi “vedi papà agendo in quel modo mi hai fatto male” per lui suonava come qualcosa tipo “lo sai che la supercazzola prematura prima a destra che a sinistra?”. Gli arrivavano parole, ma quelle parole non si tramutavano mai in informazione. sentiva, ma non ascoltava. E così ho dovuto imparare a mie spese cosa significa essere genitore… partendo proprio da questa cosa che ho capito parlando con lui.

Ora mi raccomando vai prendere a calci e pugni tuo figlio per sperimentare cosa significa fare del male ai bambini. Sto scherzando eccheccazzo! 😀

Confido comunque che il concetto di quello che volevo dirti, possa esserti arrivato. E se non hai capito, per piacere non giudicarmi, prova semplicemente a scrivermi un commento o un’email e io cercherò di dirlo di nuovo usando parole diverse.

Piaciuto l'articolo? Ricevi un'email quando scriverò ancora (circa 2-3 all'anno)

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Commenti

  1. Tracy è stata una lettura importante anche per me e mia moglie. Poi ci siamo spostati su altro e ci siamo fatti il “nostro” metodo. Ma ascolto e dialogo ne fanno parte costante e funziona (quasi sempre, ecco) Abbiamo usato la “preparazione” non solo per i viaggi con nostra figlia ma anche per i miei viaggi di lavoro ed è una cosa che funziona – anche se è sempre difficile, soprattutto quando l’assenza da casa dura molto.

    Grazie per la condivisione.

    • Ciao Alberto! Si confermo al 100% il fatto che anche da noi la preparazione funziona anche per aiutarli a capire vari momenti critici, tra cui anche le assenze!

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