Floriana


Aprì il frigorifero alla ricerca di qualcosa da mangiare. Nei ripiani dello sportello c’erano una decina di vasetti di quella che sembrava confettura di fragole o forse di ciliegie. Ogni vasetto aveva un’etichetta con la data. Stava per prenderne in mano uno quando sentì Floriana dire da dietro: “No no…”
“Oh, ciao.”
“Buongiorno.”
“Scusa ma sono quasi le undici e mi è venuta fame, pensavo di fare colazione.”
“Sì ma quella non è marmellata” disse lei avanzando verso il frigo.
“Ah no?”
Floriana prese uno dei vasetti e gli indicò l’etichetta. “E’ il mio mestruo” disse. “Sto facendo una specie di… ricerca, diciamo. E’ una storia lunga.”
Una storia lunga che non voglio sentire, pensò lui.
“Ti preparo qualcosa io. Devi sapere che di solito io non faccio colazione, al massimo bevo un bicchiere d’acqua tiepida.”
“Eh, scusa. Io sono abituato col caffè…”
“Tranquillo, ce l’ho. Ne ho uno incredibile del Guatemala, però va gustato masticando una foglia di menta.”
“No ma a me va bene anche un caffè normale, davvero.”
Sempre meglio del mestruo, pensò.
Alla fine lei preparò un caffè che definì “ordinario”, tirò fuori dei biscotti artigianali e della marmellata di fichi.
“D’India però” aggiunse quando ormai era troppo tardi e lui aveva infilato in bocca quella poltiglia aspra e acidula.
“Non è male” disse lui mentre masticava e lacrimava sforzandosi di pensare ad altri sapori.
“Senti, c’è una cosa che devo dire. Non voglio, sai come si dice, ignorare l’elefante in questa stanza.”
“Dimmi pure!” disse lei tutta eccitata.
“Quello” disse lui, indicando la parete alle spalle di Floriana. Appeso assieme a varie cose, tra le quali campanacci da pecore, fiori di carta e un mazzo di peperoncini, c’era un cazzo imbalsamato. Non poteva sembrare altro: era proprio un cazzo imbalsamato. Lui l’aveva notato già la sera prima ma non aveva detto niente. Però poi aveva continuato a pensarci anche dopo, a letto, e perfino prima di addormentarsi. E infatti si era svegliato con quel pensiero.
“Ah quello! Sì, è di mio nonno. Cioè, era di mio nonno”
“Di tuo nonno?”
“Sì, devi sapere che quando è morto ha lasciato come ultima volontà il desiderio di essere cremato, ma voleva che il suo pene fosse imbalsamato e conservato da sua moglie, mia nonna. Un bellissimo gesto, no? Mia nonna è morta poco dopo, quindi noi parenti ci siamo ritrovati con questo coso… Nessuno lo voleva, qualcuno addirittura lo voleva buttare. Ma dove la butti una cosa così? E se lo trova un bambino? Mio zio lo voleva bruciare. Che poi non era nemmeno male come idea, però con un rito, con una cerimonia, insomma con qualcosa che desse un senso al gesto, no? Alla fine l’ho preso io, sono diventata la custode, diciamo. Una specie di passaggio rituale… volendo anche una cosa contro gli stereotipi della società patriarcale”.
Lui aveva ascoltato annuendo di tanto in tanto come se la cosa fosse interessante e perfino normale, anche se per tutto il tempo, mentre sorseggiava il caffè, aveva continuato a ripetersi mentalmente solo questa frase: c’è davvero il cazzo del nonno appeso in cucina?
Alla fine la non colazione di Floriana si trasformò in quello che lei definì uno “spuntino di metà mattina”. Dopo i biscotti e uno yogurt, mangiò una banana marcia (“è ancora buona!”) e arrivò a pucciare una brioche nel caffè avanzato, per poi mangiarla sbrodolandosi. In cosa quell’atto diferisse da una normale colazione lui non l’aveva capito, ma preferì non chiedere.
“Ora scusa ma io devo fare un po’ di yoga, mi aiuta a stimolare il colon” spiegò lei alla fine di una lunga sbrodolata di brioche inzuppata.
“A me credo sia bastato il caffè” disse lui, “se permetti vado in bagno.”
“Fai pure” disse Floriana.
Il bagno era sporco ma pieno di profumi. Sembrava di attraversare la corsia dei detersivi al supermercato, un supermercato abbandonato e un po’ fatiscente, con ragnatele e macchie di muffa. Il water comunque c’era. Si sedette e si guardò intorno. I vari profumi formavano un’essenza misteriosa e indecifrabile, così forte che gli irritava le mucose nasali. Non c’erano giornali da leggere, ma notò un blocco per appunti.
Sapeva che Floriana, nonostante avesse quasi 40 anni, stava prendendo una seconda laurea in psicologia dopo la prima in lettere, quindi si aspettava banalmente di trovare degli appunti universitari.
Si sbagliava.
Nella prima pagina c’era una polaroid graffettata con sotto una lunga didascalia scritta a mano, la data e l’ora. Nella polaroid era raffigurata la cacca – presumeva di Floriana – a mollo nell’acqua del water poco prima di essere scaricata. La didascalia descriveva le feci, l’atto che aveva portato all’espulsione e infine pensieri casuali che aveva avuto durante.
Sentì un brivido corrergli lungo la schiena e gli si bloccò l’intestino. Diventò stitico. Girò quasi tremando la seconda pagina e capì in fretta che anche la terza, la quarta e tutte le altre avevano lo stesso contenuto. A quanto pare, giorno dopo giorno, Floriana analizzava le sue feci. Le didascalie si facevano sempre più lunghe e poetiche. Si fermò su un passaggio che lo colpì dove, dopo aver descritto “cacca un po’ molle, marrone rovere, tre pezzi delle dimensioni di una noce… Mi ricorda di quando con mio padre andavamo a comprare le noci e poi le aprivamo al parco battendoci una pietra sopra. Nota: all’epoca pensavo che ci fosse un angelo che mi seguiva ovunque finchè un giorno una macchina quasi mi investì e mi sembrò che uccise il mio angelo. Chiesi ai miei di presentare una denuncia simbolica presso i carabinieri come rito di passaggio verso l’età adulta, ma non me lo permisero. Ora scatto la foto e tiro lo sciaquone”.
Sapeva di essere in bagno da troppo tempo, ma non riusciva a smettere di leggere. Era il diario più assurdo che avesse mai visto. Ogni pagina si apriva con della merda, poi seguivano deliri, ricordi e descrizioni delle evacuazioni.
Rimise tutto a posto premurandosi di non lasciare nemmeno le impronte digitali, ma data la sporcizia non pensava che Floriana se ne sarebbe accorta. Mentre usciva dal bagno la incrociò: aveva la polaroid in mano e disse “Ah eccoti, ora tocca a me. Lo yoga ha funzionato, devo andare!” e chiuse la porta del bagno dietro di sè.
Lui si sedette in cucina. Voleva riflettere, capire meglio, ma proprio non riusciva a smettere di fissare il cazzo di suo nonno appeso alla parete.


5 risposte a “Floriana”

  1. ah, quindi la conosci anche tu Floriana. iniziavo a supporre che Floriana fosse un po’ ovunque.

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