Tutti i riferimenti cinematografici di The Substance
- Omaggio a Shining: corridoi labirintici e inquadrature kubrickiane.
- Finale di Eraserhead: palcoscenico onirico e dissonanza percettiva.
- Critica sociale di Society: creature mostruose e allegorie sociali.
- The Substance è una delle rivelazioni dell'anno scorso.
In “The Substance”, il talento registico di Coralie Fargeat si manifesta attraverso una serie di citazioni e tributi visivi che arricchiscono l’intricata trama. Tra questi, emerge con particolare evidenza l’omaggio a Stanley Kubrick e al suo iconico “Shining”. Le scene che ritraggono corridoi labirintici, ricchi di geometrie ostentate e colori brillanti, ricordano quelle dell’Overlook Hotel. L’uso di motivi concentrici e patterns cromatici, lontani dall’essere casuali, crea un effetto di forte disorientamento, simile alla percezione d’inquietudine suscitata dal capolavoro di Kubrick del 1980. Gli spazi si fanno vividi e palpabili, rendendo di fatto lo spettatore un prigioniero della prospettiva visiva proposta.
“The Substance” sfrutta queste scelte stilistiche per instillare un senso di claustrofobia, un elemento essenziale per coinvolgere emotivamente il pubblico. Oltre al corridoio, è da notare come altre inquadrature si rifacciano all’estetica kubrickiana, mantenendo alta la tensione attraverso il controllo preciso della fotocamera e la composizione rigida dell’immagine. La strategia adottata non si ferma a manifestare un omaggio, bensì incorpora tali citazioni nel tessuto narrativo in modo da accostare ciò che è noto a ciò che è straordinario. Fargeat va oltre la mera copia: egli rielabora, offrendo così agli spettatori l’opportunità di sperimentare una sensazione di déjà-vu arricchita dall’identificazione con uno stile iconico, mantenendosi sempre in un contesto fresco e creativo.
Finale sul palco e l’influenza di Eraserhead
Il climax di “The Substance” rappresenta un altro omaggio intriso di innovazione, questa volta collegato al surrealismo visionario di David Lynch in “Eraserhead”. La scena finale, ambientata su un palcoscenico, fonde elementi di realismo e fantasia attraverso una messa in scena che evoca lo stato di estraniamento psicologico del protagonista di Lynch. Lo spazio si estende in un labirinto mentale, un palcoscenico che non rappresenta solo una conclusione narrativa, ma si trasforma in un terreno onirico dove i confini tra spettatore e interpretazione si annullano. L’accostamento di luci drammatiche e ombre profonde, con la lentezza intenzionale del movimento scenico, contribuisce a enfatizzare questo effetto di dissonanza percettiva.
La profondità psicologica della scena gioca abilmente con un linguaggio cinematografico simbolico, utilizzando il palcoscenico non solo come cornice fisica, ma come medium attraverso cui esplorare l’alienazione e il deterioramento emotivo. Questo richiamo cinematografico è amplificato da una scelta stilistica che gioca sui toni contrastanti di luce e buio, una caratteristica distintiva dello stile lynchiano. Le emozioni evocate si snodano attraverso scenari sia visivi che sonori, producendo un effetto sinestetico inteso a impegnare l?audience non semplicemente con gli occhi, ma in un’esperienza complessiva e immersiva.
- 🎬 Un tributo magnifico al cinema di Kubrick e Lynch......
- 🙄 Troppi riferimenti che appesantiscono la trama......
- 👀 Una sorprendente fusione di horror e critica sociale......
Creature deformi e la critica sociale di Society
La rappresentazione delle creature mostruose in “The Substance” si inserisce in una tradizione di metafore visive, ricalcando la critica sociale già esplorata da Brian Yuzna in “Society – The Horror”. Attraverso l’estetica del grottesco, Fargeat costruisce una narrazione che sfida e disseziona le strutture sociali. Le creature, nelle loro forme esagerate e angoscianti, rimandano alla società corrotta e al decadimento morale, una versione amplificata della stessa condizioni umane che Yuzna aveva accuratamente raffigurato nel 1989.
Questo elemento costituisce una critica feroce alla superficialità culturale e all’ossessione per l’apparenza, mostrandole quali metafore viventi delle nostre paure più profonde. In “The Substance”, le deformazioni fisiche vanno ben oltre la semplice estetica orrorifica: diventano componenti di una complessa allegoria sull’umanità, sulla sua vulnerabilità e l’incapacità di adattarsi a norme impossibili. Questa corrispondenza visiva rivela una volontà di esplorare l’angoscia individuale all’interno di costrutti sociali opprimenti, un tema universale che continua a risonare nel panorama cinematografico moderno.
I nostri consigli cinematografici
Nel panorama cinematografico, The Substance emerge come un’opera originale e stratificata che richiama, per tematiche, estetica e soluzioni narrative, alcuni capolavori della storia del cinema. L’utilizzo evocativo della musica e la cura per dettagli simbolici, come la scena del bagno, richiamano esplicitamente 2001: Odissea nello spazio (1968). In particolare, il bagno di The Substance rievoca la stanza finale del film di Kubrick, sia per l’atmosfera sospesa che per la composizione visiva. Inoltre, Così parlò Zarathustra di Richard Strauss, che permea il film di Kubrick, è presente in un’altra scena di The Substance, sottolineando ulteriormente il legame tra le due opere.
La tensione tra corpo e tecnologia che pervade la pellicola richiama invece Videodrome (1983), con il suo inquietante esplorare l’alterazione dell’identità e la fusione tra carne e media. Anche The Elephant Man (1980) sembra essere una fonte di ispirazione, con il suo gotico industriale che mescola deformità estetica e umanità struggente, mentre i giochi psichici e le ossessioni visive trovano paralleli in Psycho (1960), omaggiato esplicitamente in alcune precise inquadrature, e in La donna che visse due volte (1958), citato nella scena degli orecchini, che riprende uno degli oggetti simbolo del capolavoro di Hitchcock.
Sul versante estetico, The Substance sembra dialogare apertamente con The Neon Demon (2016), condividendone il gusto per un’estetica rarefatta, luci al neon e un senso di bellezza perturbante. Entrambi i film esplorano la relazione tra il corpo e la superficie, con una narrazione che si muove tra attrazione e repulsione, trasformando ogni immagine in un tableau che seduce e inquieta. Similmente, il potere simbolico del sangue in Carrie – Lo sguardo di Satana (1976) trova eco nell’uso del colore rosso come emblema di violenza e catarsi in The Substance.
Infine, il tema della decadenza morale legata all’ossessione per l’apparenza, che attraversa The Substance, riecheggia il celebre romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Tra gli adattamenti cinematografici, si consiglia il raffinato Il ritratto di Dorian Gray (1945) di Albert Lewin, che, come il film in questione, traduce visivamente il conflitto tra estetica e autodistruzione, e Dorian Gray (2009) di Oliver Parker, che rilegge il mito con una sensibilità moderna e una messa in scena più cupa e sensuale. Questi riferimenti non sono semplici citazioni, ma veri e propri tasselli che arricchiscono un mosaico visionario e stratificato.