
Inside Out 2 è incredibilmente mediocre ma ha fatto un sacco di soldi
- Il film ha incassato oltre 1,699 miliardi di dollari a livello globale
- Nuove emozioni come Ansia e Invidia non aggiungono nulla a una narrazione prevedibile e didascalica.
- Il successo del film si spiega in parte con il potente marketing della Pixar.
Con oltre 1,699 miliardi di dollari incassati al botteghino, Inside Out 2 è uno dei film d’animazione di maggior successo di sempre. Tuttavia, se il pubblico ha premiato questa operazione commerciale con entusiasmo, la realtà è che ci troviamo di fronte a un prodotto incredibilmente sopravvalutato: una copia senz’anima del primo capitolo, che già di per sé non brillava per audacia o profondità.
Sequel costruito con il pilota automatico, Inside Out 2 si presenta come una narrazione priva veri guizzi creativi, educativa in maniera irritante, un riciclo di concetti ormai triti e ritriti che si limita a riformulare il primo film senza aggiungere nulla di significativo. Anzi, l’inserimento di nuove emozioni – come Ansia, Noia, Invidia e Imbarazzo – non fa che appesantire una storia che già in partenza mancava di originalità. Il risultato? Un pasticcio pedagogico, incapace di coinvolgere emotivamente gli adulti e stucchevolmente didascalico per i più piccoli.
L’idea del primo Inside Out – un viaggio nella mente di una bambina attraverso le sue emozioni primarie – poteva sembrare innovativa sulla carta, ma la sua esecuzione era già allora prevedibile e limitata a una rappresentazione banale della psiche umana. Il sequel prende questa struttura e la ripropone con stanchezza, senza il minimo sforzo di espandere il concetto in modo interessante.

Un sequel senz’anima
L’adolescenza, tema portante del film, viene affrontata con una superficialità sconcertante, ridotta a una serie di semplificazioni fastidiose che sembrano prese direttamente da un manuale scolastico. Se il primo film era già eccessivamente esplicativo nel suo intento “educativo”, il secondo porta questa tendenza all’estremo, diventando un noioso sermone animato che spiega ogni emozione come se il pubblico fosse composto da bambini di tre anni.
L’introduzione di Ansia, in particolare, è un perfetto esempio di questa mancanza di sottigliezza. Il personaggio viene dipinto con la grazia di un elefante in una cristalleria, rappresentando l’ansia adolescenziale in modo caricaturale e macchiettistico. Invece di un’analisi sfaccettata, abbiamo una figurina isterica che si agita sullo schermo, come se il film avesse paura che il pubblico non capisca il concetto di “preoccupazione”.
Visivamente, Inside Out 2 è impeccabile dal punto di vista tecnico – del resto, Pixar ha i mezzi per garantire sempre un’animazione perfetta – ma questa precisione visiva non basta a mascherare il vuoto narrativo. Il design dei nuovi personaggi è funzionale, ma privo di quella personalità che dovrebbe renderli memorabili. Il mondo interiore della protagonista appare meno ispirato rispetto al primo film, con ambientazioni che sembrano generate da un algoritmo piuttosto che da un team creativo.
E non si può ignorare il ritmo narrativo: il film si trascina per tutta la sua durata con una prevedibilità imbarazzante, senza mai sorprendere lo spettatore. Ogni conflitto si risolve con una semplicità disarmante, ogni sviluppo narrativo è telefonato con largo anticipo. Il primo Inside Out almeno tentava di creare qualche momento emotivamente coinvolgente, mentre il sequel si accontenta di ripetere stancamente la stessa formula, privo di qualsiasi tensione o pathos reale.
- Un sequel favoloso che riporta magia e gioia... 🎬✨...
- Più deludente che mai, questo film manca di... 😞...
- Un'analisi del successo commerciale al di là delle recensioni... 🤔💰...
L’impatto del successo commerciale
Se c’è un aspetto in cui Inside Out 2 ha davvero eccelso, è stato il marketing. Pixar e Disney hanno saputo vendere il film come un evento imperdibile, facendo leva sulla nostalgia del primo capitolo e sul potere del brand. Il pubblico ha risposto in massa, portando il film a incassi record. Ma il successo commerciale non è sinonimo di qualità. Il trionfo finanziario di Inside Out 2 dimostra soltanto che il pubblico è disposto a pagare per prodotti ripetitivi, a patto che siano confezionati con sufficiente astuzia pubblicitaria.
Inside Out 2 è la dimostrazione perfetta di come Hollywood continui a produrre sequel senza cuore, sapendo che il pubblico continuerà a riempire le sale per vedere lo stesso film riproposto all’infinito. È il simbolo di un’industria che premia la sicurezza economica rispetto al rischio artistico, e che preferisce trattare il pubblico come consumatori passivi anziché come spettatori intelligenti.
Il film, in definitiva, è brutto. Ma ha fatto un sacco di soldi. E a quanto pare, oggi è l’unica cosa che conta.