
Dopo 50 anni ‘Quinto potere’ è un film ancora molto attuale
- 1976: uscita del film 'Quinto potere' di Sidney Lumet, una satira del mondo televisivo.
- Il protagonista Howard Beale, interpretato da Peter Finch, diventa un simbolo della degenerazione della televisione.
- La regia di Lumet utilizza una messa in scena claustrofobica per evidenziare l'alienazione del mondo televisivo.
- Il film anticipa derive dei media contemporanei come la proliferazione dei reality show.
“Quinto potere”, diretto da Sidney Lumet nel 1976, è un film che si inserisce nel panorama cinematografico degli anni ’70, un periodo caratterizzato da un forte fermento culturale e politico. La pellicola, scritta da Paddy Chayefsky, rappresenta una satira pungente del mondo televisivo americano, mettendo in luce le dinamiche di potere e la manipolazione dell’informazione. Il protagonista, Howard Beale, interpretato da Peter Finch, è un commentatore televisivo che, dopo aver appreso del suo imminente licenziamento a causa dei bassi ascolti, annuncia in diretta il suo proposito di suicidarsi. Questo gesto disperato scatena un’onda di clamore mediatico, trasformando Beale in una figura di culto e portando i dirigenti del network a sfruttare la situazione per aumentare gli ascolti. La trama si sviluppa attorno alla figura di Beale, che diventa il “pazzo profeta dell’etere”, un predicatore che denuncia i mali della società con toni rabbiosi e apocalittici.
Tematiche e critica sociale
Il film affronta tematiche di grande rilevanza, come la commistione tra informazione e intrattenimento e l’influenza delle grandi corporation sui media. La figura di Howard Beale diventa il simbolo della degenerazione della televisione, un mezzo che, invece di informare, si trasforma in un veicolo di spettacolo e sensazionalismo. La pellicola mette in luce la perdita di valori etici e morali, rappresentata dal personaggio di Diana Christensen, interpretata da Faye Dunaway, una dirigente televisiva ambiziosa e senza scrupoli. Diana incarna il cinismo e la spietatezza di un sistema che persegue il successo a ogni costo, anche a discapito della dignità umana. La critica sociale di “Quinto potere” è resa ancora più incisiva dalla regia di Lumet, che utilizza una messa in scena claustrofobica per sottolineare l’alienazione e la follia del mondo televisivo.
- 🟢 Un capolavoro che predice il futuro dei media......
- 🔴 Trovo esagerata la critica alla televisione......
- 🤔 E se Howard Beale fosse il vero eroe del film?......
Rilevanza e attualità del film
A distanza di quasi cinquant’anni, “Quinto potere” mantiene una sorprendente attualità. La pellicola anticipa molte delle derive della televisione e dei media contemporanei, come la proliferazione dei reality show e l’influenza delle grandi aziende sull’informazione. La figura di Howard Beale, con il suo grido di protesta “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!”, risuona ancora oggi come un monito contro la manipolazione e la spettacolarizzazione delle notizie. Il film di Lumet ci invita a riflettere sul ruolo dei media nella società moderna e sulla responsabilità di chi li gestisce. La critica alla televisione come strumento di controllo e manipolazione è resa ancora più potente dalla sceneggiatura di Chayefsky, che mescola abilmente dramma e satira per offrire una visione inquietante e profetica del futuro dei media.

I nostri consigli cinematografici
Per chi ha apprezzato Quinto Potere (Network, 1976), altre opere cinematografiche potrebbero offrire riflessioni altrettanto intense sull’influenza dei media e sul potere dell’informazione. Un punto di partenza potrebbe essere Quarto Potere (Citizen Kane, 1941) di Orson Welles, capolavoro intramontabile che esplora il legame tra giornalismo e ambizione personale. In alternativa, Good Night, and Good Luck (2005) di George Clooney offre uno sguardo sobrio e incisivo sulla responsabilità giornalistica durante il maccartismo, mentre The Social Network (2010) di David Fincher aggiorna il discorso sui media, focalizzandosi sulla genesi di Facebook e sul rapporto tra tecnologia, comunicazione e potere. Tra i film dello stesso Sidney Lumet, La parola ai giurati (12 Angry Men, 1957) e Il verdetto (The Verdict, 1982) meritano un posto speciale per la loro analisi acuta delle dinamiche umane, etiche e sociali. Questi titoli, sebbene molto diversi tra loro, condividono con Quinto Potere la capacità di interrogare il pubblico sui limiti e le contraddizioni del mondo dell’informazione e della giustizia sociale.
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