
Mockumentary horror e found footage: i film migliori
- Cannibal Holocaust (1980): Diretto da Ruggero Deodato, ha sollevato il dibattito sull'etica dei media con le sue scene di violenza reale.
- The Blair Witch Project (1999): Ha trasformato il found footage in un fenomeno culturale, convincendo milioni di spettatori della realtà degli eventi mostrati.
- [REC] (2007): Diretta da Jaume Balagueró e Paco Plaza, ha amplificato il senso di claustrofobia con una trama incentrata su un virus misterioso.
- Paranormal Activity (2007): Con un budget minimo, Oren Peli ha creato una delle serie horror più redditizie, giocando sulla normalità disturbata da eventi paranormali.
- Host (2020): Di Rob Savage, ha adattato il genere ai tempi moderni con un horror confinato nelle videochiamate, dimostrando la capacità di reinventarsi del mockumentary.
Il genere horror ha sempre trovato modi originali per coinvolgere e spaventare il suo pubblico, e tra le sue innovazioni più significative spicca il mockumentary, unito al found footage. Questi stili, caratterizzati dall’utilizzo di riprese apparentemente amatoriali o documentaristiche, hanno introdotto una dimensione di realismo e immediatezza che ha cambiato il modo in cui il terrore viene percepito sul grande schermo. Tra i pionieri di questo approccio, troviamo Cannibal Holocaust, film italiano diretto da Ruggero Deodato nel 1980. Nel contesto di una spedizione in Amazzonia, un gruppo di reporter scompare misteriosamente, lasciando dietro di sé un inquietante materiale filmato. Il film, noto per le sue controverse scene di violenza esplicita e reale, ha sollevato un dibattito sul confine tra finzione e realtà, ponendo una critica feroce sull’etica dei media e sulla brutalità della civiltà moderna. L’uso innovativo delle riprese ha aperto nuove possibilità narrative nel genere, portando avanti una tecnica che avrebbe trovato espressioni più mature e complesse negli anni successivi.

Evoluzione e impatto culturale dei film found footage
Negli anni ’90, un film come The Blair Witch Project ha portato il genere a nuova notorietà, sfruttando una campagna di marketing rivoluzionaria per convincere milioni di persone che gli eventi mostrati fossero reali. Sotto la guida di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, i protagonisti tentano di documentare la leggenda di una strega in una foresta maledetta, solo per diventare essi stessi parte della leggenda. L’utilizzo di riprese tremolanti e il non-linearismo narrativo hanno contribuito a creare un’atmosfera di incertezza e hanno mostrato come il geist collettivo potesse essere manipolato, trasformando il film in un fenomeno culturale.
Altro significativo contributo al genere è [REC] (2007), realizzato da Jaume Balagueró e Paco Plaza, che ci porta all’interno di un edificio infestato da un misterioso virus. Utilizzando il found footage, la trama viene narrata attraverso gli occhi di una giornalista, amplificando il senso di claustrofobia e impotenza che pervade l’intera pellicola. Mentre la telecamera diventa l’unico strumento di sopravvivenza, il pubblico è reso partecipe dell’orrore in un crescendo di tensione e disperazione.
Il 2007 ha visto anche l’uscita di Paranormal Activity, un altro capolavoro di found footage diretto da Oren Peli. Con un budget minimo, il film cattura la vita quotidiana di una coppia tormentata da visite notturne di una presenza demoniaca. Accentuando la normalità disturbata da eventi paranormali, il film ha riallocato ancora una volta le possibilità del genere nel mondo contemporaneo. Il suo successo ha portato a una proliferazione di sequel e spin-off, attestandosi come una delle serie più redditizie nel mondo dell’horror.
- 🟢 L'evoluzione del mockumentary horror è affascinante......
- 🔴 Troppo spesso questi film esagerano con la violenza realistica......
- 🤔 Interessante come 'Cannibal Holocaust' influisce sulla percezione del reale......
La mutazione del found footage nell’horror contemporaneo
Entrando negli anni 2000, il format del mockumentary e del found footage è stato usato per reinventare i film di mostri con Cloverfield (2008) di Matt Reeves. Qui, New York City è sconvolta da una creatura gigantesca, il tutto documentato attraverso la videocamera di un gruppo di amici. Le scene di devastazione urbana, combinate alla tensione narrativa, pongono il pubblico nel mezzo dell’azione in un crescendo di suspense e adrenalina, mentre il film esplora i temi dell’impotenza di fronte a catastrofi immani e delle moderne mitologie urbane.
Nel 2010, The Last Exorcism, diretto da Daniel Stamm, ha combinato le tecniche di found footage con il filone degli esorcismi. Qui, la storia di un reverendo disilluso che esegue esorcismi truffaldini evolve rapidamente in un incubo genuino, mettendo in discussione la verità e le credenze nel soprannaturale. L’intensità crescente dello svolgimento riflette una manipolazione del concetto di fede, arricchendo il genere di nuove sfumature narrative.
Film come V/H/S (2012) hanno ampliato ulteriormente l’universo del film a episodi, offrendo multiple storie orrorifiche interconnesse attraverso il medium obsoleto delle videocassette. Ogni segmento diretto da un diverso regista, il film esplora differenti angosce umane attraverso il prisma del found footage. Host (2020) di Rob Savage, invece, si adatta ai nuovi tempi creando un horror confinato nelle videochiamate, in risposta alla pandemia globale, dimostrando come il genere sia ancora capace di reinventarsi in contesti nuovi e inaspettati.
Un genere ormai fuori moda?
Negli ultimi anni, il mockumentary horror e il found footage sembrano aver perso il fascino e l’impatto che li avevano resi innovativi e dirompenti tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2010. Se in passato il loro realismo grezzo e l’illusione di autenticità rappresentavano una strategia efficace per immergere il pubblico nell’orrore, oggi questi espedienti narrativi rischiano di apparire ripetitivi e meno efficaci. Il pubblico contemporaneo è più smaliziato e consapevole delle convenzioni del genere, rendendo più difficile suscitare quella sospensione dell’incredulità su cui il found footage ha sempre fatto leva.
Un altro fattore che ha contribuito al declino del genere è l’evoluzione del linguaggio visivo e del modo in cui consumiamo contenuti. L’estetica del “girato dal vivo”, che un tempo sembrava una novità capace di aumentare l’immersione, oggi è diventata onnipresente nei social media, nei vlog e nei contenuti generati dagli utenti. Il senso di realtà frammentaria e immediata, un tempo appannaggio esclusivo del found footage, è ormai parte della nostra quotidianità, riducendone l’effetto straniante e perturbante. Inoltre, la sovrapproduzione di film che hanno sfruttato la formula senza innovarla ha contribuito a una certa saturazione del mercato, facendo apparire il genere più come un artificio stanco che come una modalità narrativa fresca e spaventosa.
Tuttavia, questo non significa che il mockumentary horror e il found footage siano destinati a scomparire. Piuttosto, potrebbero aver bisogno di una reinvenzione che tenga conto dei nuovi paradigmi della narrazione e delle tecnologie emergenti. L’integrazione con nuove forme di media, come la realtà virtuale o le esperienze interattive, potrebbe ridare nuova vita al genere, sfruttando il senso di immersione e partecipazione del pubblico in modi inediti. Allo stesso tempo, un ritorno a storie più innovative e ben costruite, capaci di andare oltre il semplice espediente stilistico, potrebbe risvegliare l’interesse degli spettatori. Se il found footage e il mockumentary horror hanno saputo rivoluzionare il cinema horror in passato, è possibile che possano farlo di nuovo, purché trovino nuove modalità per spaventare un pubblico sempre più difficile da sorprendere.