2013: Una classifica

MIA

Premessa: quest’anno c’è stato un sostanziale cambiamento per quanto riguarda la fruizione della musica, un cambiamento tecnico che ha creato prima l’illusione di una rivoluzione e poi una discreta confusione: spotify. Per la prima volta, dopo molti anni, ho ascoltato tanta musica senza scaricarla e archiviarla; ovvero l’archiviazione era passata da itunes al mondo ancora più immateriale di spoty. Se da una parte ciò mi ha permesso di ascoltare indubbiamente più musica, dall’altra questa nuova tipologia di ascolto mi ha reso ancora più distaccato e propenso “all’usa e getta”. Ad ogni buon modo, questo cambiamento è ancora in atto (per quanto mi riguarda non sono ancora abbonato alla versione premium) e quindi ho avuto non poche difficoltà a redigere una classifica, ma con la solita dose di entusiasmo sono arrivato a queste conclusioni:

 

1) John Foxx and Jori Hulkkonen – European Splendour
(null)Ho “debuttato” su questo blog scrivendo proprio di John Foxx, è quindi facile capire quanto questo artista mi piaccia. Forse molti già sapranno della sua rinascita artistica degli anni 00 quindi non accennerò a questo, e però è davvero da guardare con immenso rispetto e ammirazione questa rinascita che in tali proporzioni (due-tre pubblicazioni all’anno ormai) e a questi livelli di magnificenza ha realmente dell’incredibile e dell’unico. Insomma un vero Dio della musica che con un “semplice” EP di 4 brani produce la cosa più bella dell’anno.

Alla bella età di 65 anni il nostro mette sul piatto una commistione di musica dance/elettronica (su questo fronte il contributo di Jori H. è considerevole) con l’ambient che pure in passato ha saputo toccare, senza mai dimenticare le origini synth-pop/new-wave. E il bello è che tutto è intuibile ma anche no, nel senso che è perfettamente amalgamato.

Fermo restando che sono 4 capolavori per chi scrive, il pezzo forte del lotto è Evangeline non a caso proposta in più versioni, tra cui un remix del Maestro David Lynch:

Cosa chiedere di più? Niente, se non che continui così ancora a lungo. Rispetto.

 

2) M.I.A. – Matangi

mia-matangi-mixtape-for-kenzoSo con quanta ansia la comunità ruotante attorno questo blog aspettasse il disco di M.I.A. e quando l’ho ascoltato ho capito perché. Io non sono un suo fan della vecchia ora, la conoscevo e ascoltai diversi anni fa un suo disco, ma forse non lo capii fino in fondo. La ritrovai poi in featuring coi Buraka Som Sistema e in alcuni brani sparsi. Insomma ora che ho ascoltato il suo ultimo disco lo posso dire: è una BOMBA! Anzi: è tutta una raffica di bombardamenti a ripetizione. Molti i pezzi overclass e in più il video più bello dell’anno:

E mi piace anche quando alla fine il disco rallenta: Know It Ain’t Right – Sexodus

 

3) Bvdub & Loscil – Erebus

Anche l’anno scorso penso di aver inserito in classifica un disco rilasciato dalla Glacial Movements, benemerita etichetta romana di ambient isolazionista. Di bvdub avevo già in passato ascoltato un disco, The Art Of Dying Alone, del 2010, bellissimo anch’esso e di Loscil, certamente il più famoso tra i due, più d’uno, tra cui l’indimenticabile Endless FallsUnendo le forze i due non si smentiscono e non scendono sotto quel livello, anzi forse lo superano raggiungendo vette celesti che pochi hanno saputo raggiungere:

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4) Tim Hecker – Virgins
Penso che Tim sia una delle divinità più alte di Gulyum Bardot e quest’anno ne ha ribadito anche lui prepotentemente il motivo: Virgins è un album bellissimo che mostra nuovi aspetti del nostro incredibilmente ricchi di sfumature (come il pianoforte che assume un ruolo preminente); unico difetto: l’apice del disco è nella doppietta iniziale Prism / Stab Variation

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5) Colin Stetson – New History Warfare Vol. 3: To See More Light

Avanguardia jazz? Pare proprio di sì, ma come nel caso di Matana Roberts, siamo di fronte ad un qualcosa che trascende i confini di genere e forse della musica stessa: Colin Stetson è riuscito a trovare un “modo” di suonare il sassofono nuovo, originale, così incredibilmente vitale e carico da risultare un vero trasporto dell’anima. La title track chiarisce tutto meglio di mille parole, che d’altronde sono superflue in questi contesti. Da segnalare anche la seconda parte di un pezzo presente nel secondo volume della serie New History: Among The Sef e le collaborazioni con Bon Iver che danno ancora un ingrediente a questa incredibile amalgama: What Are They Doing In Heaven Today? (cover dell’altrettanto bella dei Mogwai, uscita solo pochi mesi prima).

 

6) Matana Roberts – Coin Coin Chapter Two: Mississippi Moonchile

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Anche l’altra fuoriclasse del jazz d’avanguardia contemporaneo torna continuando una serie iniziata qualche anno or sono: Coin Coin. Anche qui siamo al cospetto di una ricerca stilistica e storica enorme, forse ancor più che in Stetson, tanto grande da non essere di facile comprensione per un non esporto della tradizione jazz-blues americana. Ciò che si può facilmente cogliere è invece la grande anima della musicista:

http://youtu.be/6eqsAmxHH3Q

7) Josephine Foster – I’m A Dreamer

Le stesse parole usate per la Roberts sono applicabili in pieno alla Foster, in ambito folk:

La seguo da molti anni e ho avuto la fortuna di vederla dal vivo: la sua voce è indimenticabile. Il disco è semplicemente magnifico, una di quelle perfezioni inattaccabili, lucente da ogni punto di vista. La sua è una ricerca completata:

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8) Bill Callahan – Dream River

Un uomo che è quasi troppo facile amare; anche la sua voce è indimenticabile: è cavernosa e ipnotica, è carica di whisky & tobacco e sembra avere delle mani che possono cingerti e rapirti. Ho ascoltato anni fa qualche disco di Smog e mi piaceva parecchio ma non ci avrei mai immaginato dietro quest’uomo, questo poeta maledetto all’americana. La rivelazione fu Sometimes I Wish We Were An Eagle che è giusto continuare a ricordare perché per chi scrive è il miglior disco del decennio 00, un capolavoro universale. La cosa fantastica è che da qual momento Bill continua a produrre dischi di livello: si è spogliato delle orchestrazioni che caratterizzavano quell’album ritenendole forse (e per alcuni è così) non proprio adatte al suo mood da bar e distese di grano, ma per me giustissime per quel momento: non ripetibile. Come dicevo però il livello è ancora su cime difficilmente raggiungibili:

 

9) Danny Brown – Old

Per me il Kendrick Lamar di quest’anno è Danny Brown, le differenze sostanziali sono due: il primo l’anno scorso praticamente debuttava con un disco superprodotto, mentre Brown è molto più grande d’età, è al terzo disco e di mainstream ha poco. La classe è la stessa e la centrifuga supersonica di generi black pure, che in Brown diventa inarrestabile, quasi eccessiva. Il disco è concettualmente diviso in due metà (Side A e B) dove più o meno nel primo si richiamano cose del passato e nel secondo si guarda più al futuro. Molte collaborazioni sono di alto livello: con Scrufizzer, con A$AP Rocky e Zelooperz, con Charli XCX. Bravura a frotte:

 

10) Oneohtrix Point Never – R Plus Seven

b9a9a9eeCome annunciato in questo articoletto recente, ho aggiunto l’album di OPN in classifica e lo ribadisco: non lo considero un grandissimo disco in termini assoluti eppure non riesco a staccarmici.

 

 

 

 

11) Alela Diane – About Farewell

Se non ci fosse stata la Foster sarebbe nella top ten: folk acustico sopraffino, bellissima voce; una nuova grande cantautrice:

 

12) Julia Holter – Loud City Song

Altra ragazza in gambissima di cui ho già parlato

 

13) Blood Orange – Cupid Deluxe

Un Prince del 2000 uscito dal nulla (per quanto mi riguarda). Album molto originale, ricco di commistioni e molto sexy:

 

14) Boards Of Canada – Tomorrow’s Harvest

Non si poteva che accogliere con gioia il ritorno dei BofC:

 

15) Vàli – Skogslandskap

Se vi piace la musica folk del nord europa, e vi ricordate anche voi del periodo folk degli Ulver, dirigetevi sicuri su questo.

 

Postilla: Come detto in premessa, gli ascolti disordinati quest’anno mi hanno portato a conoscere oltre grandi album anche tanti bei brani e bei video che sarebbe un peccato dimenticare. Ho così creato alcune playlist su youtube divise sommariamente per “genere”:

 

Acoustic dove potete trovare i bellissimi Burning Hell, Jack Day, Cesare Basile, una perla della Memory Band e altri.

 

Rock con la conferma dei TOY, il ritorno (con video discutibili ma di sicura presa) di David Bowie, i forti Drenge, il classico Kurt Vile e ancora i Burning Hell con un divertentissimo video.

 

Popun maremagnun stracarico di canzoni e video di rilievo: il super tormentone dei Daft Punk (so che a molti sembrerà troppo poco averli citati solo qui, ma a me l’intero disco non è piaciuto, chiedo ancora venia) il bellissimo video degli Arcade Fire, quello stracarico di star di Sir McCartney, quelli belli e dalle canzoni che non vanno via dalla testa dei Crystal Fighters; poi diversi brani di Justin Timbarlake che sono a testimoniare la produzione mastodontica e direi anche abbastanza coraggiosa delle due parti di 20/20 Experience, poi i Laish, l’Electric Soft Parade e tanti altri.

 

Black dove ci sono più brani di Kanye West, il cui album è stato certamente di rilievo ma che trovo negli intenti simile alla produzione di M.I.A. e al suo confronto perde perché troppo pretenzioso e personale, poi i ragazzi della gang ODDFUTURE Earl Sweatshirt e sopratutto Tyler The Creator che si conferma autore di stupende canzoni soul, poi dall’Africa il ritorno del maestro Astake, Femi Kuti, autore di un disco molto politico e molto orecchiabile e Samba Touré anche lui da cercare. Infine la sorpresa Lady, un duo di cantanti soul per un disco davvero bello dall’inizio alla fine, copia perfetta dello stile Motown.

 

Dance/Elettronica. Ci sono: un’altra produzione di alto livello del grande Foxx stavolta coi Belbury Circle, due musicisti della benemerita Ghost Box; Omar Souleyman al suo primo disco occidentale prodotto da Four Tet (ma non si sente poi molto) protagonista di un video che lo manda in orbita (da vedere!); gli Autechre, tornati ad alti livelli; Daughn Gibson presente qui e in altre playlist proprio perché difficilissimo da incasellare: diciamo che nella classifica degli album probabilmente sarebbe sedicesimo con la sua voce alla Michael Gira/Johnny Cash e il suo stile Scott Walkeriano con aggiunta dell’elettronica; poi DJ Koze con duetti molto belli, il ritorno di Lusine e Fuck Bottons e da citare ancora i bei video artistici di Holden e Karen Gwyer.

 

Dark/Ambient. Infine la playlist con la musica più scura, per i momenti isolazionisti: Benoit Pioluard, il Maestro David Lynch, il cui album è da cercare, Dean Blunt, Moby (il cui disco che da alcuni è stato accolto molto bene a me non è piaciuto, ma il cui duetto con Mark Lonegan non è male), Harold Budd, gli Esmerine e altri.

 

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