L'ultima partita di Miles

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Immaginatevi la scena: siamo al tavolo verde, 1° febbraio 1975, si gioca la finale mondiale di bridge. A sfidarsi, per l’ennesima volta, Stati Uniti e Italia, sullo sfondo l’isola di Bermuda. Nell’ultima leggendaria mano Belladonna e Garozzo realizzano un Grande Slam a Fiori contro un Piccolo Slam Senza Atout messo a segno dagli americani. L’Italia si riconferma campione mondiale con la squadra Blue Team, chiudendo proprio con questa vittoria un ventennio di dominio quasi incontrastato.

Nello stesso giorno, a molte miglia e fusi orari di distanza, e precisamente all’Osaka Festival Hall, un altro grande campione del ventennio precedente sta per giocarsi quella che per un bel po’ di tempo sarà la sua ultima carta; sto parlando del re del jazz: Mr. Miles Davis.

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La squadra davisiana non aveva certo nulla da invidiare al Blue Team in quanto a maestria, sangue freddo e abnegazione; c’erano, oltre a Mr. D alla tromba elettrica e all’organo, Sonny Fortune al flauto e al sax soprano, Pete Cosey alla chitarra elettrica e al sintetizzatore, Reggie Lucas altra chitarra elettrica, Michael Henderson grandioso basso elettrico, Al Foster alla batteria, il fantastico Mtume alle conga e percussioni varie.

E chisà se Mr. D disse alla sua squadra: “ok ragazzi, facciamoci quest’ultima giornata d’orgia sonica e poi ci fermiamo per 5-6 anni; vi voglio più cazzuti del solito, facciamo vedere a sti musi gialli che figli di puttana siamo!”; ma, molto più probabilmente, Miles non ha detto un cazzo a nessuno della sua intenzione di fermarsi, di prendere tempo e di capire dove ancora dirigere la sua Musica, avrà come al solito messo sotto torchio i suoi uomini col suo incommensurabile carisma e genio, chiedendo un’unica cosa: “dobbiamo mischiare tutto quello fatto finora e dobbiamo andare oltre!”. Roba da poco insomma.

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Teniamoci ai fatti: due esibizioni, una pomeridiana e una serale; la decisione presa è suonare quasi tutta roba nuova in lunghissime improvvisazioni mantriche e corroboranti, sudatissime suite hardfusionfunkyjazz. Roba che avrebbe dovuto ipnotizzare le masse nelle intenzioni di Mr. D e invece, ovviamente, non lo fece. Ne uscirono due album doppi! Agharta registrato il pomeriggio e Pangaea la sera, che poca notizia fecero all’epoca, eppure erano qualcosa di unico: immaginatevi giocare insieme allo stesso tavolo Sun Ra, James Brown e Jimi Hendrix e ognuno tirar fuori il proprio Grande Slam a Fiori!

Prendiamo il Prelude di Agharta e analizziamo lo schema di gioco: la prima mossa spetta a Henderson, Lucas e Mtume, che iniziano funkeggiando in libertà ma tenendo bene in mente la visione fuomosa del Godfather of Soul che campeggia sulla copertina di The Payback, uscito pochi mesi prima: poi il sintetizzatore spaziale di Cosey ci introduce Mastro Davis e la sua tromba pungente, intanto la sezione ritmica non si ferma un secondo, va e va incessante fino ad un microstop nel quale si inserisce furtivo un immenso Sonny Fortune al sax; quando questi si acquieta ritornano insieme Cosey e Lucas e qui davvero sembra di vedere Sun Ra e Jimi che facendosi occhiolino calano insieme la carta vincente. Da qui in poi la vittoria è assicurata, non resta che gestire la partita e infatti verso il minuto 17 ci si diverte anche con un riffettino funky, tappeto ideale per il ritorno dell’elettrica tromba di M.D. che si sposa alla meraviglia prima con il lavoro di Mtume e poi con quello di Lucas/Cosey. C’è ancora spazio per far divertire Henderson manco fosse Bootsy Collins e poi via di jam fino alla fine dei 32 minuti di questo Preludio! Le successive mani di gioco riprendono questo schema e lo scompongono e ricompongono a piacimento.

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E’ così nell’ultima partita giocata negli anni ’70, questo squadrone mischia tutto ciò che lo stesso Miles Davis aveva contribuito pesantemente a generare, cioè la fusion, il funkyjazz e il prog, con altra roba ancora, la psichedelia, il funk duro e puro del padrino e ne tira fuori una musica che in un sol colpo scavalca i Parliament/Funkadelic e tutto il P-Funk ma anche gente come Bill Laswell, Praxis e compagnia, puntando dritto nello spazio. Diciamo una stazione orbitante dove si balla e ci si diverte; molto corpo e molta mente.

Un’ultima partita coi controcoglioni.

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