Pat Metheny e il musicista nell'era della sua riproducibilità tecnica


Concerto di Pat Metheny a Bari per il suo Orchestrion Tour. La delegazione pugliese di Guylum Bardot (il sottoscritto) c’era e ha assistito all’esibizione del celeberrimo chitarrista jazz, accompagnato da un’orchestra di svariati elementi, dei quali nessuno umano.

Ma andiamo con ordine: il concerto si è aperto con un paio di pezzi per chitarra classica, sempre motivo di grande sollazzo per il nervo acustico, per poi passare a “The Sound of Water” eseguita con la famosa Pikasso Guitar, che ha fatto andare in orbita il livello totale di endorfine del teatro.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/03/02-The-Sound-Of-Water.mp3]
Pat Metheny – The Sound of Water

A circa mezz’ora dall’inizio, ecco la roba pesante: i teli rossi che fino ad allora avevano fatto da sfondo per il Capellone Nostro si alzano e svelano l’attrattiva della serata, un carrozzone pieno di strumenti di accompagnamento (due pianoforti, un vibrafono, due chitarre, infinite percussioni, fiati e chincaglierie varie) che verranno poi suonati da un computer. Non sintetizzatori e campioni, ma solenoidi e meccanismi pneumatici. Per le successive due ore, insomma, sembrava di guardare una versione jazz-fusion di Monkey Drummer, beatamente ambientata nella uncanny valley. Grandiosi e folli poi i vari momenti di duetto, in cui Metheny si alternava di volta in volta con un diverso strumento/robot suscitando fra gli spettatori diversi “WTF?” compiaciuti.
E a un certo punto, quando credevamo di aver visto tutto, ecco il colpo di grazia: Pat inforca la sua chitarra e con essa suona altri strumenti: il pianoforte, il vibrafono, le percussioni, un’altra chitarra, costruendo progressivamente per overdub la base sui cui poi improvvisare. La reazione del pubblico al termine della sessione è stata – come dire – devastante, ed era prevedibile.
Sul finale di serata, tanto per gradire, un altro dei suoi assi nella manica: la mitica Roland GR300, sempre accompagnata dall’orchestra robot, che ha teletrasportato tutti quanti in un meraviglioso delirio MIDI d’altri tempi.

Ma oltre tutti questi gingilli strumentali, al di là dell’apparato scenografico e dell’intelligenza artificiale, c’era la musica. Sulla qualità della musica in sé non mi pare sia il caso di dilungarsi troppo, mi basterà dire: Pat Metheny, cazzo.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/03/12-Orchestrion-Improvisation-.mp3]
Pat Metheny – Orchestrion Improvisation

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/03/19-Sueno-Con-Mexico-Encore.mp3]
Pat Metheny – Sueño Con Mexico

Per concludere, le note negative della serata, e cioè: 1) il tizio dietro di me che continuava a tenere il tempo sulle sue gambe nonostante i ripetuti improperi della di lui fidanzata (“hai cacato il cazzo”, cit.) e 2) un improvviso effetto Larsen che ha obbligato il Pat a concludere prematuramente un brano, ma che io ho comunque apprezzato come lampo noise in un concerto già perfetto. Il resto del pubblico non pareva essere del mio stesso avviso.

(“Orchestrion” è disponibile anche come album registrato in studio, ma è scontato sottolineare come non renda affatto giustizia a ciò che è avvenuto ieri sera. Va un po’ meglio con questo bootleg dal quale sono tratti i brani inseriti qui, ma sia sempre maledetto nei secoli dei secoli chiunque registri in FLAC.)

One thought on “Pat Metheny e il musicista nell'era della sua riproducibilità tecnica”

  1. >una versione jazz-fusion di Monkey Drummer, beatamente ambientata nella uncanny valley

    LOL, descrizione bellissima, come il resto del post.

    comunque anche io amo gli improvvisi e totalmente fuori luogo momenti larsen durante i concerti non rumorosi. ti fa pensare che dio esiste e ama il noise.

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