Le tracce che hanno definito il mio 2012

tracce

Questa è una forma ridotta, stringata e tardiva dell’appuntamento annuale con le migliori tracce. Ciò avviene per diversi motivi, tra cui anche la gremita e già stilata classifica 2012. Questa volta ho colpevomente omesso alcune piccole cose che pur si fanno ascoltare, da Lana Del Rey all’immancabile Rihanna, ma che sicuramente non hanno problemi di visibilità. Ho evitato anche alcune piacevoli tracce che personalmente trovo valide ma un pò “Venezia” (belle ma non ci vivrei).

Four Tet – Locked: traccia apparsa già nel 2011, ma che trova spazio nell’ultimo album di Four Tet dall’odore un pò di assemblaggio. Ed infatti come ribadito nella classifica: “In quanto semplice raccolta di materiale rilasciato nel corso di qualche anno, ciò che dispiace di quest’album è la mancanza di un progetto d’insieme. Pecca più che accettabile stando alla qualità delle tracce qui contenute”. Locked vetta indiscutibile.

Kendrick Lamar – Money Trees: su Kendrick abbiamo già detto tutto quel che si doveva dire, provare a stare fermi su questa traccia per credere. Ya bish, ya bish…
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2012/12/05-Money-Trees-Feat.-Jay-Rock.mp3]
Swans – A Piece of the Sky: Ben Frost ha intitolato una sua canzone We love you Michael Gira. Non è semplice fronteggiare l’impatto iniziale per il mastodontico lavoro, ma superato l’ostacolo psicologico tutto scorre come deve scorrere. A Piece of the Sky è una canzone che ci sogneremo tra circa 10 anni, quando saremo diversi, cambiati, avremo un lavoro più o meno appagante e i nostri percorsi saranno già tutti più definiti o stabiliti. Sono venti minuti che sbalordiscono e conducono in una dimensione parallela. Potrei usare altri dieci aggettivi pertinenti, ma preferisco ascoltare questa canzone per l’ennesima volta più che descriverla con ulteriori parole. Diffidate dalle persone che non sono minimamente sensibili a ciò.
[audio:http://www.fileden.com/files/2012/6/28/3321133/2%20-%2003%20-%20A%20Piece%20of%20the%20Sky.mp3]
Aesop Rock – Zero Dark Thirty: Aesop, genio assoluto dell’abstract hip-hop. Album davvero non male, ma nel caso di specie impressiona da subito Zero Dark Thirty per l’assurda carica del flow e della base che trasportano ed esortano a movimenti oscillatori della testa.
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/01/04-Zero-Dark-Thirty.mp3]
Fine Before You Came – Paese: uno dei concerti più belli a cui ho assistito nel 2012 (nella “patria” del gruppo, Firenze). Un genere musicale che trasporta, di uno degli maggiori gruppi italiani post-hardcore, che probabilemnte trova la sua maggiore espressione proprio nelle performance live intrise di urla, movimenti, cori e trasporto inaudito (merdallari e poghi vari, per fortuna, non pervenuti). Paese è da ascoltare e cantare più volte, ed è difficile non caderci col cuore infranto dalle prime note del ritornello.
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/01/05-Paese.mp3]
John Frusciante – In My Light: il nostro amore smodato per Frusciante non è una novità. Con Finegarten mi trovai a commentare questo strano EP (stampato in musicassetta e venduto tramite il suo sito), ed emersero dalla discussione alcune semplici cose: Frusciante FUORI DI TESTA, WTF, grandissimo, impazzito per l’acid-house e l’hip hop, outsider assoluto, gigantesco dito medio rivolto a tutti. In My Light si pone a conclusione come quinta traccia.
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/01/05-John-Frusciante-In-My-Light.mp3]

Liondialer – Mitt Andra Hem
: ho provato a rispondere alla domanda: cos’è Mitt Andra Hem? Diciamo che nella sua ineffabilità mi sembra di ascoltare chitarre acustiche, scenari desolati, droni da cattedrale abbandonata, dilatazioni sintetiche, vetrate dai colori sbiaditi, ambient cauto e rilassante, elettronica degradante, sintetizzatori inceppati, rumore di una radio a basso volume, commodore 64, lampi e segnali di errori da cancolatore. Da un album di tre registrazioni live, una delle tracce più belle dell’anno, in tutta la sua interezza.
Tim Hecker & Daniel Lopatin – Grey Geisha: non c’è molto da ricamarci sopra, Tim Hecker e Daniel Lopatin, stop. Grey Geisha, stop. Ed io sto già altrove, stop.
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2012/10/09-Grey-Geisha.mp3]
Elite Gymnastics – Montana: canzone di quelle che scopri davvero per pura casualità. Casualità dovuta, a sua volta, alla scoperta dell’interessante blog ghostoutfit.tumblr.com. Gruppo musicale che non ha mai messo piede su questi lidi guylumbardonesti, tra lo strano, il misterioso ed il gay. Montana è un’accozzaglia di synth e sample che poco ci si capisce ma molto si gode. Forse non propriamente 2012, ma nella classifica ci entra a pieni voti.
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/01/02-Montana.mp3]
John Talabot – Oro y Sangre: Qbic ha felicemente descritto Fin di Talabot come “Revival anni ’80 ma non sembra. In realtà, riuscitissima miscela di elettronica da cassa pesante, droghe varie (ipnotici, sedativi, stimolanti vari) e tribalismo imperante”. Il disco di Talabot è una perla sfuggita ad un pò di estimatori della elettronica, probabilmente a causa del suo “sangue” meticcio e contaminato. Oro y Sangre è tanto semplice quanto geniale nel suo motivo portante. Da mettere in loop per incominciare l’anno dispari nel migliore dei modi (nel caso non fosse incominciato bene). Auguri ancora.
[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2013/01/04-Oro-y-Sangre.mp3]
precedenti classifiche: 201120102009
A presto!

Le tracce che hanno definito il mio 2010

Si consolida la tradizione delle (personali) tracce che, in un modo o nell’altro, hanno definito l’anno che ci lasciamo alle spalle. Rispettando i dogmi della setta guylumbardonesca, la classifica è per sua natura eclettica come solo un blog eclettico ospitante può essere.
Tutto sommato, sono in molti in rete che scrivono di musica, recensioni, riflessioni, paragoni, storia etc., ma, infine, quel che conta è quella dannata e non trascurabile roba che troviamo nei lettori mp3 che ci trasciniamo dietro, e che ci porta più volte a premere PLAY and REWIND.
Ho evitato di citare ulteriormente, per quanto possibile, gli album già eletti, con eccezioni troppo eclatanti per fare degli omissis. La mole elencabile possiamo ritenerla sterminata (soprattutto se contiamo ascolti estemporanei mai più ripescati o trovati), ma quelli che seguono sono in qualche modo i pezzi che più hanno colonizzato i programmi di riproduzione e gli ipod, con un occhio di riguardo verso qualche sonorità trascurata dal panorama. Ma solo un occhio però, perchè poi c’è Rihanna.

The Knife – Colouring of Pigeons: è qui un oltraggio, inserire solo questa canzone, dal misterioso e sperimentale lavoro che i Knife hanno fatto su commissione per un opera teatrale. L’avevamo prontamente segnalato, perchè ci è parso troppo The Knife, troppo The Residents, troppo corale, troppo ambizioso e il fatto che sia stato poco notato poco importa. Il piacere è il nostro. Da ascoltare durante una battuta di caccia.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/12/The-Knife-Colouring-of-Pigeons.mp3]

The Irrepressibles – In this shirt: l’album degli Irrepressibles non ha soddisfatto tutte le papille gustative. Non so, è quel barocco che dopo due ascolti incomincia a cacare il cazzo e a infastidirti data la sovrabbondanza. Ma ci sta. “In this shirt” rimane un buon singolo, che conduce verso il baratro con il crescendo di archi e sinfonie di fine mondo. Ascolto consigliato allegando il video musicale tra un Fellini e un Lynch.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/12/The-Irrepressibles-in-this-shirt.mp3]

Rosetta – Je n’en Connais Pas la Fin: i sempre operativi Rosetta, gruppi ed anche singoli componenti con progetti laterali, sfornano un album apprezzato dai seguaci ma che non riesce a portare tanto buon vento come ci si aspettava. “Je n’en connais pas la fin” è breve manifesto rappresentativo del loro sludge, nella sua tremenda semplicità e lettura. E la sua chiusa è indubbiamente tra le migliori sulla piazza dell’anno. Un utente scrive: “This song builds a house in my heart. And then tears it down. There are no survivors”.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/12/Rosetta-je-nen-connais-pas-la-fin.mp3]

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