Bruce Haack – Farad The Electric Voice

Il bene che vogliamo a Bruce Haack è ormai cosa nota. Maestro, pioniere, mago, santo, innovatore: ormai le abbiamo dette tutte. Farad: The Electric Voice, raccolta appena uscita per Stones Throw, comprende pezzi editi e inediti accomunati dalla costante e rassicurante presenza del vocoder, ed è perfetto per chi cerca un disco da dove iniziare: diciamo un punto di partenza nella galassia Haack, una mappa per orientarsi nell’immaginario infantile/satanico/psichedelico/spaziale/robotico del nostro eroe (raffigurato in posa gangsta nella copertina del disco).

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Bruce Haack – Rain of earth

A questa raccolta seguirà un disco di remix, sempre per Stones Throw. Invece qualche anno fa, nel 2005, è uscita una raccolta di cover fatte da artisti fan di Bruce Haack come Eels, Mouse on Mars, Beck, Stereolab e altri. Se qualcuno riuscisse a trovarla in una forma… diciamo “alternativa” ai comuni canali di mercato, è pregato di segnalarmela: gliene sarò molto grato. Io ho recuperato solo alcuni pezzi, come questo di Mister E, Jelly Dancers, che suona come una cover aliena di Milkshake di Kelis, ma forse sono io che continuo a sentire quel pezzo nella mia testa ormai dal 2003.

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Eels – Jelly Dancers

Qui invece un remix.

Concludo con un link che farà la gioia di almeno due o tre lettori. Dato che un anno fa avevo promesso che l’avrei messo on line, e un anno mi sembra abbastanza per mantenere una promessa, ecco il documentario Bruce Haack: The king of techno, compreso di sottotitoli in idioma italico. Qualità non altissima, ma è gratis, ed è ottimo come introduzione al visionario e decisamente inquietante Haack ma soprattutto per conoscere il vero eroe del documentario, ovvero Chris Kachulis, folle ed eroico amico e manager di Haack, di cui abbiamo già parlato (tra l’altro ha il suo myspace e pare che abbia messo su un suo gruppo). Naturalmente se gradite la visione potete decidere di comprarlo da qui.

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Bruce Haack – Rita

High Wolf, Jeremiah Jae, Jeans Wilder ma soprattutto Boutaiba Sghir

Shangri L.A, di High Wolf. Lui è franco-brasiliano e la grafica acida mistica e psichedelica del suo myspace spiega bene il tipo di suoni che produce: loop indiani, field recording, nostalgia per l’amazzonia ed elettronica stellare (nell’altro album c’è un pezzo che si chiama “Solar System Is My god”). Assieme a Forest Swords e Sun Araw è uno dei migliori esempi di musica drogata che ho sentito quest’anno.

Pezzi molto lunghi, per cui rimando direttamente all’album o al myspace.

“The Caliph’s Tea Party” è la già segnalata raccolta di remix di A sufi and a killer. Pochi quelli interessanti, nonostante la presenza dei Broadcast & Focus Group (è loro il pezzo che dà il titolo alla raccolta, ma non è niente di che) e di nomi osannati tipo Oneohtrix Point Never (che continuo a trovare noioso). Fra questi pochi interessanti invece mi ha colpito quello di Jeremiah Jae, nome che ho provveduto a cercare in un noto motore di ricerca ritrovandomi poco dopo a scompattare un misterioso zip con alcuni suoi pezzi. Suono liquido e nebbioso allo stesso tempo. Pare che abbia a che fare con Flying Lotus. Qualcosa si può sentire anche da Soundcloud, mentre qui c’è un suo ipnotico video. A seguire spaceman, da non confondere con.

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Jeremiah Jae – Spaceman


Jeans Wilder invece è pop lo-fi suonato in una vasca da bagno. O forse in una piscina, visto che uno dei suoi pezzi migliori si chiama Deep end of the pool. Comunque sa di svogliatezza, sonnolenza da tramonto, calo di pressione e nostalgia.

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Jeans Wilder – Tough Guys

Ecco, soddisfatte le orecchie giovani che chiedono sempre novità, parliamo invece delle cose davvero meritevoli, e in particolare di Boutaiba Sghir, considerato il re precursore del raï. Consiglio assolutamente la visione di questo concerto (sono 8 minuti) non solo per apprezzare Boutaiba Sghir ma anche e soprattutto il suo pubblico.

E per finire varie cose che non ci stavano nel post: