Le tracce che hanno definito il mio 2010

Si consolida la tradizione delle (personali) tracce che, in un modo o nell’altro, hanno definito l’anno che ci lasciamo alle spalle. Rispettando i dogmi della setta guylumbardonesca, la classifica è per sua natura eclettica come solo un blog eclettico ospitante può essere.
Tutto sommato, sono in molti in rete che scrivono di musica, recensioni, riflessioni, paragoni, storia etc., ma, infine, quel che conta è quella dannata e non trascurabile roba che troviamo nei lettori mp3 che ci trasciniamo dietro, e che ci porta più volte a premere PLAY and REWIND.
Ho evitato di citare ulteriormente, per quanto possibile, gli album già eletti, con eccezioni troppo eclatanti per fare degli omissis. La mole elencabile possiamo ritenerla sterminata (soprattutto se contiamo ascolti estemporanei mai più ripescati o trovati), ma quelli che seguono sono in qualche modo i pezzi che più hanno colonizzato i programmi di riproduzione e gli ipod, con un occhio di riguardo verso qualche sonorità trascurata dal panorama. Ma solo un occhio però, perchè poi c’è Rihanna.

The Knife – Colouring of Pigeons: è qui un oltraggio, inserire solo questa canzone, dal misterioso e sperimentale lavoro che i Knife hanno fatto su commissione per un opera teatrale. L’avevamo prontamente segnalato, perchè ci è parso troppo The Knife, troppo The Residents, troppo corale, troppo ambizioso e il fatto che sia stato poco notato poco importa. Il piacere è il nostro. Da ascoltare durante una battuta di caccia.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/12/The-Knife-Colouring-of-Pigeons.mp3]

The Irrepressibles – In this shirt: l’album degli Irrepressibles non ha soddisfatto tutte le papille gustative. Non so, è quel barocco che dopo due ascolti incomincia a cacare il cazzo e a infastidirti data la sovrabbondanza. Ma ci sta. “In this shirt” rimane un buon singolo, che conduce verso il baratro con il crescendo di archi e sinfonie di fine mondo. Ascolto consigliato allegando il video musicale tra un Fellini e un Lynch.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/12/The-Irrepressibles-in-this-shirt.mp3]

Rosetta – Je n’en Connais Pas la Fin: i sempre operativi Rosetta, gruppi ed anche singoli componenti con progetti laterali, sfornano un album apprezzato dai seguaci ma che non riesce a portare tanto buon vento come ci si aspettava. “Je n’en connais pas la fin” è breve manifesto rappresentativo del loro sludge, nella sua tremenda semplicità e lettura. E la sua chiusa è indubbiamente tra le migliori sulla piazza dell’anno. Un utente scrive: “This song builds a house in my heart. And then tears it down. There are no survivors”.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/12/Rosetta-je-nen-connais-pas-la-fin.mp3]

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Earth – Angels of Darkness, Demons Of Light 1

Diffile parlare seriamente degli Earth senza sfiorare le tre cartelle di lunghezza. Quindi deciderò di non parlarle quasi affatto. Capeggiati da Dylan Carlson, gli Earth sono stati definiti padri del “Drone” come forma musicale. Il termine si può riferire al bordone, ossia all’effetto musicale in cui una note suona continuamente come accompagnamento. La peculiarità del “drone” è il ronzio o vibrazione, caratteristico delle corde della chitarra elettrica (ottenuti credo sia con effetti sia con un particolare tipo di amplificazione).
Anche se solitamente viene ricondotto ai Sunn il successo di questa forma, sono stati gli Earth, negli anni ’90, a coniugare le sonorità alla Black Sabbath ad un tipo di metal doom (molto più pesante dell’espressione loro ordierna). Successivamente saranno appunto i Sunn O))) a sviluppare e sperimentare  on altre direzioni questo tipo radicale di sonorità (ad esempio ottenendo dei droni pazzeschi lasciando appesa una chitarra davanti ad un amplificatore e sfruttando così il ritorno, per parecchi e parecchi minuti).

Questo è l’ultimo lavoro degli Earth, e chi non ha colpevolemente ascoltato i precedenti farebbe bene a ritagliarsi qualche minuto di tempo.

Curiosità:

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/01/01-Old-Black.mp3]
Earth – Old Black