Radio Xhol

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Gli Xhol sono un gruppo germanico di fine anni ’60/inizio ’70. Nati come Soul Caravan per poi diventare Xhol Caravan e infine perdere anche la seconda parola per una disputa con il famoso gruppo di Canterbury, si distinsero come uno dei primi collettivi di krautrock, ma non solo, a ben vedere. La prima, programmatica, scelta della parola Soul ci fa già intuire che la loro era una commistione che andava un po’ oltre i confini del rock psichedelico, che comunque sottende tutti i brani, sopratutto i più dilatati come Rise Up High sull’album Electrip del ’69. Una considerevole dose di soul/r’n’b quindi arricchisce molte loro composizioni, in più un pizzico di prog-jazz (tipo quello dei quasi omonimi canterburiani ma anche sopratutto dei Soft Machine) e il loro gioco è fatto!

cover

Ma non ci dimentichiamo cosa la Germania era per il rock in quegli anni, un ribollire incessante di novità e sperimentazioni e allora i nostri, nel ’70, decidono di destrutturare, così un po’ a casaccio; ne viene fuori (con due anni di ritardo però perché il gruppo si sfaldava e non trovava chi lo pubblicasse) un album strambo “Motherfuckers GMBH & Co. KG“, che se non erro anche Julian Cope suggeriva nella sua bibbia sul Kraut. E la destrutturazione comincia proprio da loro stessi, auto-campionati e mash-uppati:

Popol Vuh – Die Große Ekstase des Bildschnitzers Steiner

steiner

quella della grande estasi dell’intagliatore steiner è forse la colonna sonora meno nota dei popol vuh, ricordati più per quelle (bellissime) di aguirre e nosferatu. il film è del 1974 ma la colonna sonora è tuttora inedita. uno dei pezzi si trovava già in aguirre, e assieme agli altri – che incredibilmente non si trovano neanche tramite p2p – sono finiti anni fa in un’edizione limitata italiana curata da enrico bassi, fondatore del fan club italiano dei popol vuh (ebbene sì, esiste), al momento fuori catalogo.

non resta che guardare il film, anche perché si tratta di uno di quei casi in cui la musica è indissolubilmente legata alle immagini e forse proprio per questo non è mai stata pubblicata. i suoni malinconici ma epici dei popol vuh e il rallenty di walter steiner che salta sono una cosa sola: grande estasi. nonostante ciò, per puro feticismo, allego un pezzo trovato su soulseek che consiste semplicemente nell’audio del film – credo registrato da qualche disperato che, come me, se non possiede il pezzo in una forma qualunque non è soddisfatto – anche se, ripeto, il godimento maximo nel film è dato dalla ripetizione del tema accompagnato dai numerosi rallenty.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/11/01-Die-Große-Ekstase-des-Bildschnitzers-Steiner.mp3]
Die Große Ekstase des Bildschnitzers Steiner

e a proposito di feticismo ricordo che il fondatore dei popol vuh florian fricke appare in una scena di un altro film di herzog, l’enigma di kaspar hauser, nelle vesti di un pianista cieco che suona e canta al pianoforte “agnus dei”, un altro pezzo dei popol vuh tratto da aguirre.

Beak>

Beak
beak> è il nuovo progetto di geoff barrow dei portishead con billy fuller e matt williams. in questo primo disco mette tutto quello che gli piace e che casualmente piace anche a me. schitarrate ripetitive, elettronica scarna e voci lontane, una buona dose di post rock per rimpiangere la giovinezza, la ballad nera da passare alle femmine e perfino il pezzo noise, oltre, ovviamente, alle consuete e ormai per chiunque irrinunciabili, influenze kraut, anche se in realtà meno di quanto si dica in giro. insomma, è un bel disco scarno, scuro e old style, non grandioso ma è uno dei pochi che quest’anno mi hanno fatto venire voglia di sentirlo più volte, come già mi era capitato con third dei portishead l’anno scorso. qui il video di iron acton.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/11/08-blagdon-lake.mp3]
Beak> – Blagdon Lake

Von Spar – HyBolt

von spar hybolt

i von spar tornano con un pezzone spaziale deliziosamente kraut, consigliato ai moroderiani e ai fan della kosmische music. è proprio quello che ci voleva. inoltre c’è anche il video teaser, molto bello, e il remix di prins thomas, per afro-robot drogati con la passione dei viaggi spaziali. ah, HyBolt vuol dire Hypersonic Boundary Layer Transition.

Lindstrøm + Lindstrøm & Prins Thomas

The Field ci ha fatto ritornare la voglia di kosmische musik. Quale occasione migliore, dunque, per rispolverare un classico della “nuova” kosmische, quella con incursioni dance, la cosiddetta “space disco“, e cioè l’album Where You Go I Go Too, capolavoro del 2008 del norvegese Lindstrøm. Premetto che mi è difficile allegare dei brani completi: l’album è composto da tre tracce, rispettivamente di 29, 10 e 16 minuti, per cui mi permetto di inserire solo alcuni estratti comunque abbastanza rappresentativi. La lunghezza dei brani ricorda un po’ le suite elettroniche degli anni ’70 e ’80, quei viaggi spaziali di Jean-Michel Jarre, Vangelis, Moroder. E infatti si sentono tutti questi signori nelle sonorità di Lindstrøm, insieme appunto ai maestri del kraut-qualcosa (Kraftwerk, Popol Vuh per dirne due) e a tutta la tradizione sintetizzatronica della ambient techno. L’album è meraviglioso, ma è inutile dire altro, se non: recuperatelo immediatamente e fatevi quest’oretta di discoteca intergalattica.

Tra l’altro a fine Maggio uscirà il nuovo album di Lindstrøm, II, in collaborazione con Prins Thomas, un altro astro nascente della dance sperimentale.
(Purtroppo ci tocca sottolineare che dei delinquenti senza rispetto l’hanno già diffuso in rete, ma ricordiamo anche che Guylum Bardot si proclama fedele a San Pio, la Madonna di Medjugorje e i dischi originali)
II è forse più classico nell’impostazione (brani più corti anche se – per fortuna – sempre prolissi, mai sotto i 6 minuti), nei suoni e nelle melodie, tanto che alcune tracce (For Ett Slik Og Ingenting e Note I Love You + 100) hanno qualcosa addirittura degli Air. Non per questo però meno originale, e il contributo di Prins Thomas si fa sentire soprattutto nella sua specialità: i ritmi tribali (se pensate che bonghi e moog non vadano d’accordo, ricredetevi immediatamente). Insomma, forse non regge il confronto con la pietra miliare da solista di Lindstrøm, ma per quanto mi riguarda finisce dritto dritto nella Top 20 del 2009.

Scopro anche che Lindstrøm ha suonato al Dissonanze 2009. Un peccato essersi persi un concerto a cui comunque non sarei mai andato.
Nella foto, da sinistra: Lindstrom e Prins Thomas

Faust – C'est com… com… complique

faustin un periodo in cui molti gruppi sembrano ispirarsi al glorioso kraut-rock dei bei tempi che furono, ecco che riappaiono i faust di Jean-Hervé Peron. alcuni infedeli diffidano di questo disco e degli attuali faust, ovviamente sbagliando. a me è bastato leggere il titolo di questa traccia per innamorarmi. e l’ascolto ha confermato l’innamoramento. sì, la copertina è molto brutta. ma come abbiamo già visto deve trattarsi di una scelta stilistica.