Just noise and distortion: Neil Young, la guerra e il rumore

Che Neil Young non sia solo un chitarrista bravo a scrivere canzoni ma anche un folle sperimentatore amante del rumore, è una cosa dimostrata da album strani e deliziosamente non riusciti come Trans, Landing on Water e Re-ac-tor, ma anche e soprattutto da colonne sonore capolavoro come quella di Dead Man. Un altro esempio della sua grandezza – perché, se non si fosse capito, questo è un post che ha come scopo ribadire la grandezza di Neil Percival Young – è questo strano disco del 1991 – Arc – senza dubbio appartenente alla categoria degli album strani e deliziosamente non riusciti. Se non vi interessano gli album di serie B di musicisti di serie A, potete lasciare perdere subito e tornare a sentirvi Harvest e After the Gold Rush. Altrimenti.

Intanto, la copertina: Neil Young come un vampiro grunge con un enorme amplificatore alle spalle che non si capisce se sta salutando o se si sta arrendendo e in questo secondo caso non si capisce bene a chi o a cosa. Poi, l’idea: e cioè prendere intro e finali dei pezzi di Weld, potente album live del 1991 con lunghe code chitarristiche, e unirli tutti in un solo pezzo-collage, ovvero 34 minuti di feedback, distorsioni e brevi frammenti vocali. E’ come sentire l’inizio di una canzone che non comincia mai, oppure il finale di una canzone che però non è mai cominciata, questo è Arc. L’idea iniziale era addirittura più bella e consisteva in una videocamera puntata sull’amplificatore, pare per farci un film intitolato “Muddy Track”. L’audio risultato di questo esperimento era, secondo le parole di Young, “fuckin’ distorted to hell”, qualcosa, insomma, che oggi ci dispiace non poter sentire. Poi Young mostrò il risultato a Thurston Moore dei Sonic Youth (che facevano da spalla durante quel tour) il quale gli suggerì di fare un disco intero così, con gli attacchi e i finali delle canzoni. E questo disco è appunto Arc, realizzato però con le registrazioni ad alta qualità di Weld, non con quelle super distorte della videocamera. Peccato. Comunque all’epoca venne rilasciato perfino il singolo da tre minuti e mezzo.

http://www.youtube.com/watch?v=JmnHpOlTxXg

Chissà se Moore aveva in mente il famigerato disco noise di Lou Reed, Metal Machine Music. A molti sicuramente è venuto in mente, anche se sono due album molto diversi. Hanno in comune il fatto che sono rumorosi e che sono considerati come due momenti di follia nell’onorabile carriera di due rispettati autori di canzoni, per quanto entrambi da sempre dediti alla sperimentazione/provocazione (in questa categoria, in un certo senso, rientra anche Two Virgins di John Lennon, ma lì c’era Yoko Ono). Quel che rende Arc interessante come testimonianza è che secondo me è un disco che parla di guerra, come altre cento canzoni di Young (in realtà “solo” 27, secondo questo sito) e perfino interi album, come l’incazzatissimo Living in War del 2006, quando ce l’aveva a morte con Bush Jr, e come non capirlo. Ma quello è il Neil Young cantautore, quello che usa le parole, ed è piuttosto bravo, lo sappiamo. In Arc invece a parlare è principalmente il rumore. E’ musica libera da ritmo e struttura, just noise and distortion, come dirà lo stesso Young a proposito del disco. Rumore che però racchiude l’essenza di quelle canzoni.

Il fatto è che gli anni di Arc sono quelli di Bush senior e della guerra del Golfo, di apocalissi nel deserto, bombe, fumo nero e pozzi di petrolio in fiamme. Per capire che aria tirava basta sentire la cover di “Blowin’ in the Wind” che Young faceva proprio in quel tour con i Crazy Horse. Inizia con rumori di guerra, sirene dell’allarme antiaereo e bombardamenti (aveva già messo la mitragliata in musica nella bellissima Shots del 1978, molto prima dei colpi di pistola di Paper Planes di M.I.A.), poi avanza lentamente, epica e allo stesso tempo funerea, mentre si chiede cose tipo quando i cannoni smetteranno di sparare e la gente di morire e altre domande retoriche scritte molti anni prima da Dylan che oggi trovate nei libri di scuola. Sarà per questo che a sentire le distorsioni e le schitarrate condensate in Arc viene in mente più l’inno americano di Jimi Hendrix che la metal-macchina di Reed. Insomma, la guerra. Nel bellissimo video dell’esibizione live Young sembra davvero un vampiro che emerge dall’oscurità e canta la sua litania avvolto nel fumo (mi lascio andare al citazionismo e mi permetto di ricordare che: “Good times are comin’, I hear it everywhere I go / Good times are comin’, but they sure comin’ slow”Vampire Blues).

Detto ciò, Arc è soprattutto una bella idea, ma di quelle che difficilmente riascolti due volte, come può essere appunto Metal Machine Music di Lou Reed o, in tempi più recenti, Delirium Cordia dei Fantomas. Fase uno: FI-GA-TA! Fase due: ok, non lo ascolterò mai più. Un disco che invece si può – anzi si DEVE – sentire e risentire più volte è il live Weld che l’ha originato, il Young elettrico e incazzato più in forma che mai. Diciamo che si tratta di una momentanea vittoria delle canzoni sul rumore. E a proposito di canzoni, se per caso avete perso Neil Young negli ultimi anni e siete convinti che non abbia più fatto niente di interessante da Weld in poi, sappiate che non è così. Nel 2010 ha fatto un bel disco, forse anche questo nella categoria deliziosamente non riusciti, comunque è sicuramente il suo disco migliore da un sacco di anni. Si chiama La Noise. Voce, schitarrate e vari effetti di riverberi e delay (Walk With Me). C’è un pezzo molto classico che si chiama Love and War e c’è pure un video in bianco e nero con Neil Young seduto che questo pezzo lo canta e lo suona e quindi non dico altro.

Valigie vuote e assalti sonici: Mizutani Takashi & Les Rallizes Dénudés

Mizutani Takashi dei Rallizes Denudes

LES RALLIZES DENUDES

Mizutani Takashi ha l’aspetto da tipo strano, uno che potrebbe tranquillamente passare su People of Wallmart, fotografato mentre compra i cereali al supermercato vestito completamente di nero, pantaloni di pelle nera, maglione nero a collo alto, frangetta e occhiali da sole neri a coprire la faccia, con il dettaglio che è una delle figure più enigmatiche e segretamente venerate dell’intera storia del rock. Aggiungeteci che è giapponese, e sappiamo tutti cosa vuol dire. Continua a leggere Valigie vuote e assalti sonici: Mizutani Takashi & Les Rallizes Dénudés

Buoni propositi per il 2010: ascoltare meno musica nuova

I buoni propositi non si rispettano, lo sapete. Severance è il nuovo album di Carlos Giffoni. Meno esaltante di un pezzo come The endless mirror, Giffoni fa i compitini per casa e la maestra, la signorina Diana *Giant Tits* Droness, gli dà un setteppiù. Noise, minimal drone molto preciso e una spolverata di musica concreta. Disco da sentire a volume molto alto mentre si fa l’aerosol (io l’ho sentito così, e consiglio di sentire tutti i dischi in questo modo).

[audio:http://www.guylumbardot.com/x/shavedarms.mp3]
Carlos Giffoni – Shaved Arms

Balaclavas vuol dire passamontagna. E’ un trio post-post-punk di Houston, psichedelici, ritmici e rumorosi, con momenti languidi e melodici. L’album si chiama Roman Holiday e ogni tanto c’è pure il sax.

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Balaclavas – Night Worship

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/02/08-Vuitton-Twisted-Wires-Mix.mp3|titles=08 Vuitton (Twisted Wires Mix)]
Balaclavas – Vuitton (Twisted Wires Mix)

E infine un nuovo pezzo dei grandiosi Indian Jewelry, su cui ormai non c’è più bisogno di sprecare parole, uscito in uno split della stessa etichetta del gruppo di sopra. Sentendo Zing Zang sembra che gli amati texani psichedelici stiano scivolando nella grande Oscurità. Bene. Anche qua volume molto alto, ma potete fare a meno dell’aerosol. In attesa del nuovo album consiglio ancora una volta l’ascolto di Free Gold.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/02/zing-zang.mp3|titles=zing-zang]
Indian Jewelry – Zing Zang

(dal prossimo post però SOLO musica pre-1977)

Black Dice – Repo

black-dice-repo-album-artquesto disco del 2009 dei black dice è caotico, imperfetto ed eccessivo. insomma, da inserire al volo nella tradizionale e imminente classifica di fine anno. è come fare le bolle con gomme da masticare alla nitroglicerina davanti a una televendita di cesare cadeo.
[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/12/02-Glazin.mp3]
Black Dice – Glazin

This Heat

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uno dei gruppi migliori del momento? i this heat. solo che hanno sbagliato i calcoli e sono apparsi nel 1979. bella bella bella bellorum bellis bellis (da S.P.Q.R.).

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/10/06-24-track-loop.mp3]
This Heat – 24 track loop

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/10/02-horizontal-hold.mp3]
This Heat – Horizontal Hold

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/10/04-s.p.q.r..mp3]
This Heat – S.P.Q.R.

Six Finger Satellite

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sottovalutata band metà anni 90, tra post-punk e no-wave, che ho ascoltato per un motivo apparentemente stupido, e cioè perché incuriosito dal titolo dell’album the pigeon is the most popular bird, loro esordio del 1993. in seguito si sono mossi tra post-punk, voci distorte che declamano cose, sintetizzatori, noise ed elettronica un po’ in stile residents. il chitarrista poi è diventato famoso facendo dance. a volte va così. molto consigliati.