Turkish Delight ovvero il Turco in Alamannia

turkish delight

di poco ci si può accusare, e tra quel poco non c’è la mancanza di gusto per la turcheria (& si parlava di Tutte le mattine del mondo poco fa, quindi). eccovi allora i Turkish Delight, misconosciuto gruppo turco degli anni Ottanta con delle uscite per un’etichetta tedesca ma abbastanza diverso da ciò che al tempo si faceva Germania. o in Turchia. oscilla tra il noise punk e una versione turca dell’art rock disturbata e paranoide. notevolissimo poi il video qui sotto di Saburié.


Turkish Delight – Saburie

soulseek sbianca, ebay manda qualche segno di vita e discogs segnala un modestissimo numero di dischi e una reissue in mp3 del 2013 per una tal Move di cui però non sono riuscito a scoprire granché. se le info su youtube sono relativamente scarse (la maggior parte dei video li ha caricati l’utente alaturkaliberal, che io all’inizio avevo letto come ‘ataturkliberal’ ed era premio per il miglior username, poi ho visto i suoi video e mi sono commosso), perché una reissue? c’è un seguito cultistico in Turchia che vuole scaricarseli? e io i dischi da dove li compro o li scarico? ma soprattutto, c’è qualcuno che ancora si accanisce su discogs?


Turkish Delight – Neit, Cabruhsma Ha Samahoi


Turkish Delight – Vrşna

Tim Hecker live nella Chiesa Metodista a Roma

Venerdì 30, a Roma, una frangia di Guylum Bardot sarà al concerto di Tim Hecker nella Chiesa Metodista in Via XX settembre 123.

Qui sotto viene offerto (in sacrificio per voi) un recente articolo apparso sulla rivista Musicworks, a bientot!

[audio:http://www.harrr.org/guylumbardot/wp-content/uploads/2012/11/06-Hatred-Of-Music-I.mp3]
Tim Hecker – Hatred of Music I

L'aggettivo afro davanti al trattino


DRC Music – Kinshasa One Two (2011)
DRC, ovvero Democratic Republic of Congo: Damon Albarn e altri produttori europei con musicisti congolesi di generi diversi in 5 giorni di registrazioni. Poteva essere una delusione e invece no: è bello e cresce con gli ascolti. C’è un po’ di tutto. Alcuni pezzi potrebbero essere hit dei Gorillaz, altri sono come ti immagini la dance africana, tra Konono n.1 e Shangan Electro. Ci sono anche cose più oscure e musica tradizionale. Nei momenti più afro-electro-pop mi ha ricordato anche quella meraviglia proveniente un po’ da Londra e un po’ dal Mali di Warm Heart of Africa dei Very Best. I ricavati delle vendite vanno in beneficenza (altrimenti vanno a mediafire). Damon Albarn ancora una volta vincitore.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/11/11-Ah-Congo.mp3|titles=11 Ah Congo]
DRC Music – Ah Congo

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/11/06-Lourds.mp3|titles=06 Lourds]
DRC Music – Lourds


Cut Hands – Afro Noise (2011)
Con un approccio totalmente diverso, Afro Noise è la via africana di William Bennett dei Whitehouse. Il titolo dell’album giustifica la presenza in questo post, anche se proprio il titolo può facilmente portare a una delusione. Più che di noise in senso stretto si tratta di una specie di versione industrial della musica tribale sub-sahariana. Violenza percussiva, suoni puliti e spigolosi, con tappeti di drone ad aggiungere oscurità, più qualche pezzo più sporco già pubblicato come Whitehouse. Affascinante o irritante, dipende. Io l’ho sentito in treno e mi è piaciuto, ma si sa che i rumori del treno migliorano tutto.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/11/11-Ezili-Freda.mp3|titles=11 – Ezili Freda]
Cut Hands – Ezili Freda


Various Artists – Extreme Music From Africa (1997)
Per chi poi volesse “vero” afro-noise, segnalo questa compilation del 1997, sempre a opera di Bennett, dal titolo Extreme music from Africa, dove sono riuniti vari artisti sperimentali provenienti da Marocco, Sud Africa, Zimbabwe e Uganda (oppure ha fatto tutto lui firmandosi con nomi diversi, non lo so, ho il dubbio).

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/11/03-Long-pig.mp3|titles=03 Long pig]
Jonathan Azande – Long Pig

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/11/14-Massacre-rite.mp3|titles=14 Massacre rite]
The Mbuti Singers – Massacre Rite


Andy Stott – Passed Me By (2011)
Chiudo con l’oscura e conturbante techno-dub di Andy Stott. La copertina dice tutto. Qui si va veramente giù, in profondità. Si affonda in abissi neri, disperati e allo stesso tempo eccitati, come con le droghe più pesanti. Dice un commentatore su Youtube: Damn this is deep. Uno dei dischi dell’anno per Guylum Bardot, si consigliano volume alto e cuffie di qualità.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/11/05-Dark-Details.mp3|titles=05 – Dark Details]
Andy Stott – Dark Details

Just noise and distortion: Neil Young, la guerra e il rumore

Che Neil Young non sia solo un chitarrista bravo a scrivere canzoni ma anche un folle sperimentatore amante del rumore, è una cosa dimostrata da album strani e deliziosamente non riusciti come Trans, Landing on Water e Re-ac-tor, ma anche e soprattutto da colonne sonore capolavoro come quella di Dead Man. Un altro esempio della sua grandezza – perché, se non si fosse capito, questo è un post che ha come scopo ribadire la grandezza di Neil Percival Young – è questo strano disco del 1991 – Arc – senza dubbio appartenente alla categoria degli album strani e deliziosamente non riusciti. Se non vi interessano gli album di serie B di musicisti di serie A, potete lasciare perdere subito e tornare a sentirvi Harvest e After the Gold Rush. Altrimenti.

Intanto, la copertina: Neil Young come un vampiro grunge con un enorme amplificatore alle spalle che non si capisce se sta salutando o se si sta arrendendo e in questo secondo caso non si capisce bene a chi o a cosa. Poi, l’idea: e cioè prendere intro e finali dei pezzi di Weld, potente album live del 1991 con lunghe code chitarristiche, e unirli tutti in un solo pezzo-collage, ovvero 34 minuti di feedback, distorsioni e brevi frammenti vocali. E’ come sentire l’inizio di una canzone che non comincia mai, oppure il finale di una canzone che però non è mai cominciata, questo è Arc. L’idea iniziale era addirittura più bella e consisteva in una videocamera puntata sull’amplificatore, pare per farci un film intitolato “Muddy Track”. L’audio risultato di questo esperimento era, secondo le parole di Young, “fuckin’ distorted to hell”, qualcosa, insomma, che oggi ci dispiace non poter sentire. Poi Young mostrò il risultato a Thurston Moore dei Sonic Youth (che facevano da spalla durante quel tour) il quale gli suggerì di fare un disco intero così, con gli attacchi e i finali delle canzoni. E questo disco è appunto Arc, realizzato però con le registrazioni ad alta qualità di Weld, non con quelle super distorte della videocamera. Peccato. Comunque all’epoca venne rilasciato perfino il singolo da tre minuti e mezzo.

http://www.youtube.com/watch?v=JmnHpOlTxXg

Chissà se Moore aveva in mente il famigerato disco noise di Lou Reed, Metal Machine Music. A molti sicuramente è venuto in mente, anche se sono due album molto diversi. Hanno in comune il fatto che sono rumorosi e che sono considerati come due momenti di follia nell’onorabile carriera di due rispettati autori di canzoni, per quanto entrambi da sempre dediti alla sperimentazione/provocazione (in questa categoria, in un certo senso, rientra anche Two Virgins di John Lennon, ma lì c’era Yoko Ono). Quel che rende Arc interessante come testimonianza è che secondo me è un disco che parla di guerra, come altre cento canzoni di Young (in realtà “solo” 27, secondo questo sito) e perfino interi album, come l’incazzatissimo Living in War del 2006, quando ce l’aveva a morte con Bush Jr, e come non capirlo. Ma quello è il Neil Young cantautore, quello che usa le parole, ed è piuttosto bravo, lo sappiamo. In Arc invece a parlare è principalmente il rumore. E’ musica libera da ritmo e struttura, just noise and distortion, come dirà lo stesso Young a proposito del disco. Rumore che però racchiude l’essenza di quelle canzoni.

Il fatto è che gli anni di Arc sono quelli di Bush senior e della guerra del Golfo, di apocalissi nel deserto, bombe, fumo nero e pozzi di petrolio in fiamme. Per capire che aria tirava basta sentire la cover di “Blowin’ in the Wind” che Young faceva proprio in quel tour con i Crazy Horse. Inizia con rumori di guerra, sirene dell’allarme antiaereo e bombardamenti (aveva già messo la mitragliata in musica nella bellissima Shots del 1978, molto prima dei colpi di pistola di Paper Planes di M.I.A.), poi avanza lentamente, epica e allo stesso tempo funerea, mentre si chiede cose tipo quando i cannoni smetteranno di sparare e la gente di morire e altre domande retoriche scritte molti anni prima da Dylan che oggi trovate nei libri di scuola. Sarà per questo che a sentire le distorsioni e le schitarrate condensate in Arc viene in mente più l’inno americano di Jimi Hendrix che la metal-macchina di Reed. Insomma, la guerra. Nel bellissimo video dell’esibizione live Young sembra davvero un vampiro che emerge dall’oscurità e canta la sua litania avvolto nel fumo (mi lascio andare al citazionismo e mi permetto di ricordare che: “Good times are comin’, I hear it everywhere I go / Good times are comin’, but they sure comin’ slow”Vampire Blues).

Detto ciò, Arc è soprattutto una bella idea, ma di quelle che difficilmente riascolti due volte, come può essere appunto Metal Machine Music di Lou Reed o, in tempi più recenti, Delirium Cordia dei Fantomas. Fase uno: FI-GA-TA! Fase due: ok, non lo ascolterò mai più. Un disco che invece si può – anzi si DEVE – sentire e risentire più volte è il live Weld che l’ha originato, il Young elettrico e incazzato più in forma che mai. Diciamo che si tratta di una momentanea vittoria delle canzoni sul rumore. E a proposito di canzoni, se per caso avete perso Neil Young negli ultimi anni e siete convinti che non abbia più fatto niente di interessante da Weld in poi, sappiate che non è così. Nel 2010 ha fatto un bel disco, forse anche questo nella categoria deliziosamente non riusciti, comunque è sicuramente il suo disco migliore da un sacco di anni. Si chiama La Noise. Voce, schitarrate e vari effetti di riverberi e delay (Walk With Me). C’è un pezzo molto classico che si chiama Love and War e c’è pure un video in bianco e nero con Neil Young seduto che questo pezzo lo canta e lo suona e quindi non dico altro.

L'Inferno di Gnaw Their Tongues


Ieri sera guardavo L’Inferno, film muto del 1911 sulla prima cantica della Divina Commedia. Il film è molto bello e ha effetti speciali visionari – molte immagini sono ispirate a quelle di Dorè – ma il problema della versione restaurata del 2002 è la colonna sonora dei Tangerine Dream: decisamente molto brutta. Così dopo qualche minuto ho deciso di togliere l’audio e di sostituirlo con qualcosa di più adatto. Mi sono ricordato che qualche ora prima avevo scaricato il nuovo Gnaw Their Tongues, il progetto noise-ambient-black-metal dell’olandese Maurice De Jong, di cui apprezzammo molto il disco precedente, L’Arrivee De La Terne Mort Triomphante. E ho pensato che le atmosfere horror e i cori infernali sarebbero stati perfetti per l’Inferno dantesco. E infatti. Il film è cambiato da così a così. Quindi il mio consiglio è di scaricare il film e usare come colonna sonora il nuovo disco di Gnaw Their Tongues: Per Flagellum Sanguemque, Tenebras Veneramus. Per chi non si fida, ecco tre minuti di esempio.

I vecchi dischi di Gnaw Their Tongues si possono comprare direttamente dal suo sito. Ad esempio l’ottimo L’Arrivee De La Terne Mort Triomphante si prende con soli 8 euro.

The Loudest Instruments in History

Oltre a fare musica, Tim Hecker ha studiato e si è occupato, presso la McGill University di Montreal, di storia culturale del rumore urbano nell’America del nord.
E, proprio nella stessa università, il prossimo inverno terrà un corso intitolato Sound Culture, che dà diritto a 3 crediti formativi. Ricapitolando brevemente: corso universitario, a Montreal, sul rumore e sul suono nella vita ordinaria, 3 CFU, professore: Timothy Hecker.
Mentre provo lentamente a scegliere quale reazione avere alla notizia, vi allego la traduzione di un brevissimo articolo preso da Alarm press:

 

Gli strumenti musicali più rumorosi nella Storia (by Tim Hecker)

1. Corno di Themistius, ca. 9-12simo secolo

Roger Bacon trovò nel testo arabo Kitab al-siyasa un riferimento ad un organo progettato per essere sentito ad una incredibile distanza di 60 miglia. Anche se progettato per la riproduzione di un tono musicale, l’organo fu meglio descritto come una violenta sirena fatta per infliggere terrore e lesioni corporali: “E’ uno strumento terrificante usato per vari scopi. Utile per richiamare l’intero quartiere o anche l’intero regno, per radunare velocemente gli ufficiali nel giorno stesso o un numeroso esercito grazie al suono che questo strumento emette per oltre 60 miglia. … In tempo di guerra permette di convocare un esercito dalla distanza e il corno viene manovrato da 60 uomini a causa della sua mole ed enorme struttura”.

2. Congresso Sala dell’Organo di Atlantic City vs. Band Heavy Metal, ca. 1970

Da quando è diventato “lo strumento musicale più rumoroso del mondo”  nel 1930, l’organo, una mostruosità di oltre 33 mila canne e sei turbine a vento che gli conferiscono una potenza atroce, è finito sempre più in brutte condizioni. Nel 1970 era ancora quasi del tutto funzionante, e invitò la band metal più rumorosa a venire all’auditorium e a battersi. Nella battaglia delle generazioni, e degli strumenti musicali, non dovrebbe sorprenderci il fatto che l’organo vinse.
[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/07/08-Analog-Paralysis-1978.mp3]
Tim Hecker – Analog Paralysis, 1978