11 cose sull'European Jazz Expo Festival

JazzHandsCat2
sono stato al jazz expo 2009 di cagliari, non ho visto marcus miller ma ho comunque sentito un po’ di musica, quindi ecco le mie considerazioni in un comodo elenco numerato. il post contiene anche mp3, gossip, misteri e Petra Magoni nuda. jazz hands!

Continua a leggere 11 cose sull'European Jazz Expo Festival

Raymond Scott: tra jazz, Bugs Bunny e Aphex Twin

yhp
altro mito dell’avanguardia pop, pioniere della musica elettronica e non solo. raymond scott, molto attivo tra gli anni 50 e 60, tra jazz e musiche per i cartoni animati, dato che molti suoi pezzi venivano utilizzati nei cartoon della warners bros, e infatti chi non ha mai sentito il tema principale di powerhouse?

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/10/powerhouse.mp3]
Raymond Scott – Powerhouse

finì giustamente per buttarsi nella sperimentazione elettronica. anche lui, come bruce haack, si cimentò nella musica per bambini con una serie di album divisi per fasce d’età, e anche lui, come bruce haack, progettò e fabbricò alcuni strumenti, come l’electronium, ora nelle mani di mark mothersbaugh, leader dei devo. e a proposito, sentite cindy electronium, pezzo di raymond scott del 1959, o little miss echo, del 1963, un bel po’ di tempo prima dei kraftwerk, aphex twin, della musica per videogiochi e in effetti anche prima dei videogiochi.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/10/12-Raymond-Scott-Cindy-Electronium.mp3]
Raymond Scott – Cindy Electronium

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/10/02-Little-Miss-Echo.mp3]
Raymond Scott – Little Miss Echo

invece in questo video tratto dal film “Happy landings” dei ballerini indiani di tip tap ballano sulle note di “War Dance For Wooden Indians” del raymond scott quintet (di cui consiglio anche il video Ali Baba Goes to Town).

quali album ascoltare? per chi fosse interessato, gli album da cui partire sono sostanzialmente due: reckless nights and turkish twilights, per il suo repertorio jazz, swing e looney tunes, e il “completely electronic” manhattan research inc, doppio album che raccoglie il suo repertorio di sperimentazione elettronica, jingle pubblicitari e follie assortite a cui probabilmente devono qualcosa anche i residents. imperdibile.

raymond scott è morto nel 1994, a 85 anni. qui la discografia completa scaricabile. questo invece è un blog a lui dedicato, dove tra l’altro scopro l’esistenza di un documentario.

Radiohead mashup

Cos’hanno in comune i Radiohead e Mino Reitano?
Niente, ovviamente. Però in un post sugli ottimi mashup di tal Overdub mi sembrava il caso di ricordare anche la scomparsa di un mito che – si scoprirà solo fra cinquant’anni – era in realtà un alieno mandato fra noi per un disegno divino più grande che ora non siamo in grado di comprendere. Addio.
No Surprises vs. What A Wonderful World è dedicata a te.

Valerio Cosi – Heavy Electronic Pacific Loop

856841409_af3b37364a.jpg

e finalmente usiamo di nuovo il tag italian ma non sembra grazie a valerio cosi, musicista di taranto direi addirittura eroico per il lavoro che sta facendo. album splendidamente dispersivi, psichedelici, kraut, free jazz (è un sassofonista), elettronici, ambient, noise, drone, insomma: felicità, gioia, amore, estasi, pace, amicizia, bambini che si tengono per mano e fanno giro giro tondo! poi, oltre ai suoi dischi e a decine di collaborazioni, con la sua dreamsheep record si occupa anche della musica degli altri, fra i quali anche l’ottimo C. Spencer Yeah, di cui abbiamo già parlato. qui il sito suo e della dreamsheep record. l’ultimo album è del 2008, Heavy Electronic Pacific Loop, ed è decisamente consigliato.

Gavino Murgia a Borore (28 dicembre 2008)

MurgiaColor.giftra i concerti di gavino murgia che ho visto questo è stato sicuramente il più psichedelico. pochi spettatori, location fredda, buia, isolata, difficile da trovare e acustica mediocre: tutti presupposti per un grande concerto. formazione composta da: badara seck, fenomeno senegalese che nessuno aveva notato prima del concerto perché immobile in un angolo, da solo, nascosto tra le tende, ma una volta sguinzagliato davanti al pubblico si è rivelato una specie di essere demoniaco. poi alla chitarra elettrica marcello peghin, discreto e preciso, a cui si devono notevoli momenti di delay, al contrabbasso salvatore maltana, e infine ovviamente il solito bravissimo francesco sotgiu alla batteria, già visto più volte live assieme a gavino murgia. a un certo punto, a metà concerto, mentre badara seck urlava e declamava chissà cosa e gavino seguiva con il sax il loop di se stesso in versione abissi infernali e tutti gli altri dietro fino all’estasi finale, un vecchio di borore, compiaciuto, ha commentato il tutto con “bette casinu”, ottima conclusione per la serata. segnalo anche un imprevisto effetto glitch dovuto a un microfono malfunzionante proprio durante un freestyle gutturale di gavino, cosa che ha causato numerosi svenimenti, tutti del sottoscritto.

Karl Hector & The Malcouns – Sahara Swing (e a seguire The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble)

funk, afrobeat e psichedelia. immaginatevi di sorseggiare un cocktail in mezzo al deserto con lawrence d’arabia, fela kuti, james brown e karl hector. ma non andate a cercare il nome di quest’ultimo su google perché non si trova nulla, a parte un oscuro album del 1996 con i funk pilots che non so chi siano. sahara swing invece ascoltatelo. nel sito della casa discografica (dov’è possibile acquistare il disco o SCARICARLO integralmente, giuro) viene definito afrodelic kraut funk, che rende bene l’idea. suona come un vecchio disco sconosciuto che oggi, grazie al suo sound affascinante e originale, viene rivalutato e diventa di culto e i diggei lo mettono ai partis. ma detto così è brutto. era molto meglio l’immagine del cocktail in mezzo al deserto con i tre grandi eroi.

e quando i cocktail finiscono, le tenebre calano sul deserto e la serata si fa triste, allora si passa all’oscuro dark-jazz elettronico – sempre africa-related, almeno nel nome – dei kilimanjaro darkjazz ensemble.

Soviet Jazz

Forse non tutti sanno che, incredibilmente, il jazz degli esordi riuscì a penetrare anche nella Russia sovietica degli anni ’20. La sua diffusione fu ostacolata per gli ovvi motivi che legavano questo genere musicale alla cultura occidentale, e addirittura Maksim Gorkij in persona intervenne sulla questione con un articolo molto critico apparso nel 1928 sulla Pravda; a causa di ciò, i grandi compositori russi non ebbero mai la rilevanza internazionale che meritavano.
Oggi, grazie a YouTube, possiamo riscoprire le perle indimenticate di autori come Alexander Tsfasman, Nikolai Minh, Leonid Utyosov e Alexander Varlamov.

Un pezzo imperdibile è Неудачное Свидание di A. Tsfasman, con uno strepitoso coro in lingua originale:
Continua a leggere Soviet Jazz