Francis Bebey

Artista, musicista e scrittore del Camerun, abbastanza noto nel suo paese e in Francia, Francis Bebey è stato autore di un curioso etno-jazz elettronico. Negli anni 70 si è procurato un sintetizzatore e una drum machine e nei decenni successivi ha rilasciato una ventina di dischi dai suoni magici e insoliti. Ad esempio in questo bellissimo Akwaaba del 1985 aggiunge il basso elettrico a strumenti più tradizionali, come la Sanza (magari l’avete già sentita nominare come Mbira). Il risultato è magnifico e bizzarro. In “Bissau” passa senza soluzione di continuità dalla scanzonatezza alla Oronzo Canà che va in Brasile a comprare Aristoteles al dramma abissale della voce che alla fine del ritornello si incanta in un inaspettato urlo quasi harsh noise:

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Francis Bebey – Bissau


Il disco è stato ristampato dalla tedesca Trikont con un altro titolo, African Moonlight. Molto consigliati anche altri pezzi dalla bellezza indescrivibile come Sassandra e Tumu Pakara.

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Francis Bebey – Tumu Pakara

Recentemente poi è uscita questa raccolta “African Electronic Music 1975-1982”, ascoltabile dal sito della Bord Bad Records.

Francis Bebey (1929/2001)

[con questo post diamo il benvenuto all’amico mongodrone, che condivide con noi la passione per esotismi, elettronica esoterica e oscurità di vario genere. finegarten]

The Playful Drummer

Così, ogni tanto mi piace ricordare e omaggiare Raymond Scott. Questa viene dal terzo disco di Soothing Sounds for Baby del 1964 (lo stesso da cui proveniene la meravigliosa Little Miss Echo), l’elettronica minimalista pensata da Scott per i bambini. La fascia d’età indicata per questo pezzo è 12/18 mesi, ma io sono un po’ più grande e gradisco lo stesso, pensate un po’.

“Particularly on Soothing Sounds for Baby, Scott proved to be one of the first composers to merge the Brave New World of electronic sounds with a rhythmic pop sensibility.”

(Irwin Chusid, Manhattan Research Inc. CD book)

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Raymond Scott – The Playful Drummer

Le stagioni di Artavazd Pelechian

Le stagioni di Artavazd Pelechian (1972) part 1part 2part 3

Questa è la versione originale, quella con le musiche di Vivaldi, ed è un capolavoro. Ma ne esistono due versioni più recenti, una musicata da Gavino Murgia e una da Arnaldo Pontis. Sulla prima purtroppo credo sia assolutamente impossibile trovare una testimonianza, se non nel ricordo di chi ha assistito all’esibizione durante il Babel Festival di Cagliari dell’anno scorso. Invece per quanto riguarda la seconda, quella di Arnaldo Pontis, è possibile visionarla unicamente presso la sede della Cineteca Sarda, quindi diciamo che è solo leggermente meno introvabile della prima. Ed è un peccato, perché è assolutamente magnifica, principalmente elettronica, con loop di cori armeni, canti gutturali manipolati, parti alla Popol Vuh e un finale praticamente post-rock che si combina alla perfezione con la lotta tra uomo e natura e il continuo susseguirsi di intemperie, scivolate, pendii, rapide e “vita in tumulto” del corto di Pelechian. Il finale in particolare, con i pastori armeni che scivolano in una scarpata abbracciati alle pecore (a quanto pare una versione particolarmente spettacolare della transumanza) è immediatamente diventata una delle mie combinazioni suono-immagine preferite in assoluto, dritta in classifica con il volo di Steiner musicato dai Popol Vuh. Mi sembra di capire che Arnaldo Pontis sia noto anche come Magnetica Ars Lab, che segnalo volentieri anche perché mette a disposizione gratuitamente la propria musica.

Raymond Scott – A Boy Scout in Switzerland (electronic version, 1963)


L’immagine non è la copertina, anche se può sembrarlo vista la coincidenza della data, ma è semplicemente un boyscout in Svizzera (beh, decidete voi quanto “semplicemente”). A Boy Scout in Switzerland è anche il nome del classico jazz del Raymond Scott anni 30, qui rifatto in versione elettronica dallo stesso Scott nel 1963, e ritrovato circa 50 anni dopo da un appassionato nel garage della vedova Scott. Sempre grande, però non ho ancora capito cos’è che fa un boyscout in Svizzera.