Aaaaaa! Jalla jalla! Ghisibene aella! A-aaaaa bree! (dice più o meno così)

Amici, fumatori d’oppio, capitani coraggiosi e furbi contrabbandieri macedoni, è tempo di aggiornarci sulle nuove meraviglie giunte dai deserti africani e dal vicino oriente. Ad esempio: Guitars From Agadez Vol. 2 di Group Bombino, Niger, un paese dove morire è molto facile (di fame, di guerra, di uranio) ma dove si fa musica che scalda il cuore. Si passa da pezzi acustici tuareg blues, a vero garage lo-fi desertico e polveroso spesso con registrazioni di bassa qualità che non fanno altro che aumentarne la bellezza. Consigliato a chi è alla ricerca di musica bellissima.

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Group Bombino – Imuhar

Jazeera Nights. Inutile spendere troppe parole, bastino quelle già spese in passato. La speranza è che la riserva segreta di cassette nel caveau della Sublime Frequencies non finisca mai. Faccio notare che la copertina è esattamente la stessa del disco precedente, il che dovrebbe farci intuire quali differenze ci siano in questa nuova compilation di pezzi di Omar Souleyman: NESSUNA. Quindi: 1) abbassare il finestrino, 2) alzare al massimo il volume dell’autoradio e 3) dichiarare guerra agli infedeli.  (tra l’altro…)

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Omar Souleyman – Hot Il Khanjar Bi Gleibi

Altra recente perla Sublime Frequencies: Omar Khorshid, il re dell’arabic-surf guitar.  Sulla leggitimità della sua monarchia non osiamo avanzare dubbi. Ipnotico e psichedelico, questo è il sito a lui dedicato. Egiziano di nascita, ha introdotto lo stile chitarristico occidentale nella tradizione araba e di ciò gli saremo tutti eternamente grati (gli è sicuramente grato Sir Richard Bishop dei Sun City Girls, dato che l’ha omaggiato ed emulato nell’album Freak of Araby).

In questa raccolta ci sono le cose più tradizionali e arabeggianti registrate in Libano tra il 1973 e il 1977, ma prima di morire nel 1981 a 36 anni in un incidente d’auto Omar Khorshid ha fatto anche deliziose cover di pezzi come Popcorn. Aggiungo che dall’altra parte del mondo “the king of the surf guitar” era considerato l’americano Dick Dale, che però era per metà libanese (e lo zio suonava l’oud, bello come tutto torna, no?).

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Omar Khorshid – Guitar El Chark

Ten Ragas To A Disco Beat, disco del 1982 di Charanjit Singh composto da raga che si trasformano subito in semplice ed elementare acid-house con synth e TR-808 a indicare la luna. Il Guardian indaga sulla misteriosa morte e l’altrettanto misteriosa rinascita di questo disco e sulla probabilità che il bollywoodiano Charanjit Singh sia il vero pioniere dell’acid house, dato che i primi pezzi rappresentativi del genere solitamente vengono considerati quelli della Chicago della seconda metà degli anni 80.

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Charanjit Singh – Raga Bhairav

In tema di raga tradizionali invece consiglio il bellissimo raga blog, sito che mette a disposizione tonnellate di ottimi trip per cuocere a fuoco lento i vostri neuroni. A causa di altri impegni tipo vivere non sono riuscito ancora a sentirli tutti, ma tra quelli che sono riuscito a sentire fin’ora segnalo in particolare i dischi della famiglia Dagar, maestri del canto dhrupad, tutta roba che prenderà il vostro cervello e lo farà passare attraverso i vari stati della materia. Qui simpatiche foto di famiglia e anche l’invidiabile albero genealogico della Dagar Family.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/05/02-Bairagi-Dhamar.mp3|titles=02 – Bairagi, Dhamar]
Dagar Brothers – Dhamar

Tanya Tagaq

tagaqoh, mia adorabile tanya. le tecniche di canto inuit, chiamate katajjaq, solitamente riguardano due persone, ma l’adorabile tanya tagaq fa tutto da sola, anche se a volte canta con mike patton. questo è uno dei suoi pezzi più ballabili e si chiama qimiruluapik. volume alto, mi raccomando. bisogna far capire ai vicini chi comanda.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/12/03-qimiruluapik.mp3]
Tagaq – Qimiruluapik

Speed Caravan

Speed+Caravan+sc2

tra i concerti persi al jazz expo anche quello dei speed caravan, ovvero l’oud elettrico e psichedelico di mehdi haddab e il suo gruppo. l’album dei speed caravan è del 2009 e si chiama kalashnik love, ed è un incendiario mix di rock, elettronica e dance araba, che non stonerebbe in una compilation assieme a omar souleyman. da segnalare anche la loro cover di galvanize dei chemical brothers, nell’album assieme a una cover dei cure e a quella di “daddy lolo”, un bellissimo pezzo anni 50 dell’armeno ganimian che dovrebbe provenire da questo album, il cui testo recita “daddy lolo daddy lolo, this is oriental rock and roll!” (qui il pezzo originale da youtube).

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/11/04-qat-market.mp3]
Speed Caravan – Qat Market

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2009/11/10-daddy-lolo.mp3]
Speed Caravan – Daddy Lolo

ma in in tema di bizzarre cover con l’oud elettrico di celebri pezzi elettronici, è praticamente obbligatorio segnalare anche la versione di DuOud – cioè sempre mehdi haddab – dell’immortale “chase” del commendatore giorgio moroder. imperdibile.

Ghédalia Tazartès

mah, io direi che questi 2 minuti e 23 secondi dovrebbero bastare come recensione di ghédelia tazartès. comunque, ghédalia tazartès è un musicista francese di origini turche avvolto per anni da una nube di magica oscurità, un vero celebre fra pochi, che ha fatto una manciata di dischi in 30 anni. molto consigliato se cercate muezzin ubriachi, canti selvaggi, risate tragiche ed elettronica primitiva. a breve è in portogalloqui più info e se proprio ci tenete ci sono anche le foto di casa sua. ma poi che bel nome.

Huun Huur Tu

Huun Huur Tu

gli huun-huur tu sono un quartetto della repubblica di tuva (siberia), maestri di xöömej, il tipico canto gutturale di quelle zone. mischiano tradizione e nuovi suoni e amano collaborare con altri artisti. per dire, hanno appena fatto un disco elettronico col producer carmen rizzo, eternal, mentre in passato avevano collaborato con un dj, un certo malerijia, mischiando xöömej, chitarra elettrica e tecno trance e dando vita a un inaspettato risultato metal post-spacca-culi, come si può vedere in questo fantastico video:

il pezzo è “ancestors call” ed è presente anche nel nuovo disco, però nella versione di carmen rizzo. tra le altre collaborazioni da segnalare anche quella con il bellissimo coro femminile delle “bulgarian voices”, che tra l’altro, leggo qui,  hanno collaborato anche con i tenores di bitti “mialinu pira” (e infatti in passato gli huun-huur tu hanno cantato anche a bitti, e così il cerchio si chiude). altri video consigliati: huun huur tu live in france (l’inizio soprattutto) e quello di orphan’s laments (credo basti il titolo). in generale tutti questi.

questo è il sito ufficiale degli huun-huur tu. a fine post un loro pezzo non elettronico ma molto bello, con il coro bulgarian voices angelite. youtube a parte, altri pezzi ascoltabili si trovano qui, altri nel loro sito, mentre il concerto metallaro a singapore con malerijia è scaricabile da last.

Omar Souleyman – Dabke 2020 (Folk and Pop Sounds of Syria)

omar souleymannuovo album di omar souleyman, siriano, autore di una musica che col mix di suoni tradizionali, bouzouki, sintetizzatore e ritmi dance garantisce un ottimo livello psichedelico. perfetto per i fan dei devil’s anvil (immagino numerosissimi). mi ha ricordato la musica che mettevano a tutto volume, per varie ore di seguito, i miei vicini di casa spacciatori. qui la pagina nel sito della sublime frequencies. qualche video su youtube e a seguire due canzoni. molto consigliato anche l’album precedente di omar souleyman, classificato come jihadi techno, tag che da solo dovrebbe bastare all’acquisto immediato di tutte le copie.

Staff Benda Bilili – Très très fort

staff-benda-bilili

sapete qual è la più grossa band di handicappati del congo? gli staff benda bilili. sono dei paraplegici che si muovono su strane biciclette e vivono intorno allo zoo di kinshasa, dove hanno registrato l’album très très fort.  alla chitarra c’è un ragazzino che la chitarra se l’è costruita da solo con un filo e una lattina. ma sarebbe ingiusto parlare degli staff benda bilili solo perchè buffi, handicappati e negri. il fatto è che l’album è bello: musica tradizionale africana, funk, citazioni di james brown e altro. a seguire, un video introduttivo con immagini incredibili (è il trailer di un film sulla musica del congo) e due pezzi tratti da très très fort: je t’aime, con incursioni di sex machine di james brown, e polio, che parla di poliomielite.

The Devil's Anvil – Hard Rock From The Middle East

bizzarro rock psychedelico mediorientale, anno 1967. leggendo i nomi dei componenti del gruppo sembra di leggere una lista di spammer: Kareem Issaq, Jerry Satpir, Steve Knight, Eliezer Adoram, Bobby Gregg, Herb Lovelle, Mike Mohel e Felix Pappalardi (produttore dei cream e membro dei mountain). hanno fatto un solo disco, questo, e poi si sono messi a fare altro. peccato perché secondo me l’idea era quella giusta e a loro modo i devil’s anvil sono stati dei precursori (pur vivendo in pieno periodo di trip mediorientale-indiano-ecc. ) anticipando di un bel po’ rock in the casbah e tutta la roba transglobal. da non dimenticare.