The Loudest Instruments in History

Oltre a fare musica, Tim Hecker ha studiato e si è occupato, presso la McGill University di Montreal, di storia culturale del rumore urbano nell’America del nord.
E, proprio nella stessa università, il prossimo inverno terrà un corso intitolato Sound Culture, che dà diritto a 3 crediti formativi. Ricapitolando brevemente: corso universitario, a Montreal, sul rumore e sul suono nella vita ordinaria, 3 CFU, professore: Timothy Hecker.
Mentre provo lentamente a scegliere quale reazione avere alla notizia, vi allego la traduzione di un brevissimo articolo preso da Alarm press:

 

Gli strumenti musicali più rumorosi nella Storia (by Tim Hecker)

1. Corno di Themistius, ca. 9-12simo secolo

Roger Bacon trovò nel testo arabo Kitab al-siyasa un riferimento ad un organo progettato per essere sentito ad una incredibile distanza di 60 miglia. Anche se progettato per la riproduzione di un tono musicale, l’organo fu meglio descritto come una violenta sirena fatta per infliggere terrore e lesioni corporali: “E’ uno strumento terrificante usato per vari scopi. Utile per richiamare l’intero quartiere o anche l’intero regno, per radunare velocemente gli ufficiali nel giorno stesso o un numeroso esercito grazie al suono che questo strumento emette per oltre 60 miglia. … In tempo di guerra permette di convocare un esercito dalla distanza e il corno viene manovrato da 60 uomini a causa della sua mole ed enorme struttura”.

2. Congresso Sala dell’Organo di Atlantic City vs. Band Heavy Metal, ca. 1970

Da quando è diventato “lo strumento musicale più rumoroso del mondo”  nel 1930, l’organo, una mostruosità di oltre 33 mila canne e sei turbine a vento che gli conferiscono una potenza atroce, è finito sempre più in brutte condizioni. Nel 1970 era ancora quasi del tutto funzionante, e invitò la band metal più rumorosa a venire all’auditorium e a battersi. Nella battaglia delle generazioni, e degli strumenti musicali, non dovrebbe sorprenderci il fatto che l’organo vinse.
[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/07/08-Analog-Paralysis-1978.mp3]
Tim Hecker – Analog Paralysis, 1978

Blanck Mass – Blanck Mass


Ambient epico e spaziale, proprio quello che ci voleva. Condizioni ideali per l’ascolto: notte d’estate, cuffie, solitudine, leggera brezza che entra dalla finestra, screensaver di Windows “Aurora” (è stato un caso ma si è rivelato perfetto) e lettura di uno dei capolavori di Heinlein, Orfani del cielo, dove l’equipaggio di un’astronave, dopo un viaggio che dura da molte generazioni, non sa più di essere all’interno di una nave che vaga nello spazio ma anzi pensa che l’universo intero finisca dove finiscono le pareti, finchè qualcuno non scopre le stelle e capisce che è tutto molto più grande e che forse c’è qualcosa là fuori.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/07/02-sundowner.mp3|titles=02 – sundowner]
Blanck Mass – Sundowner

Ah, Blanck Mass è Benjamin John Power, cioè metà Fuck Buttons (e infatti si sente). Segnalo anche il video di Icke’s Struggle.

Earth – Angels of Darkness, Demons Of Light 1

Diffile parlare seriamente degli Earth senza sfiorare le tre cartelle di lunghezza. Quindi deciderò di non parlarle quasi affatto. Capeggiati da Dylan Carlson, gli Earth sono stati definiti padri del “Drone” come forma musicale. Il termine si può riferire al bordone, ossia all’effetto musicale in cui una note suona continuamente come accompagnamento. La peculiarità del “drone” è il ronzio o vibrazione, caratteristico delle corde della chitarra elettrica (ottenuti credo sia con effetti sia con un particolare tipo di amplificazione).
Anche se solitamente viene ricondotto ai Sunn il successo di questa forma, sono stati gli Earth, negli anni ’90, a coniugare le sonorità alla Black Sabbath ad un tipo di metal doom (molto più pesante dell’espressione loro ordierna). Successivamente saranno appunto i Sunn O))) a sviluppare e sperimentare  on altre direzioni questo tipo radicale di sonorità (ad esempio ottenendo dei droni pazzeschi lasciando appesa una chitarra davanti ad un amplificatore e sfruttando così il ritorno, per parecchi e parecchi minuti).

Questo è l’ultimo lavoro degli Earth, e chi non ha colpevolemente ascoltato i precedenti farebbe bene a ritagliarsi qualche minuto di tempo.

Curiosità:

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2011/01/01-Old-Black.mp3]
Earth – Old Black

Troum – Mare Idiophonika

Drouuuuuuuuuuuuummmmmmmmmmmruuuuuuuuuuubuuuuuuuuuuummmm, ooooooooooooooooooooooooo, iiiiiioooooooooooooouuuuuuuuu, poi ad un certo punto tata tum tum tete tumtum tata tumtum tutututututututututum tata tum tum tete tumtum tata tumtum tutututututututututum tata tum tum tete tumtum tata tumtum tutututututututututum, boooommmmmmmmmmeeeeeeeeeeeeeee, ed infine nneeeeeeeeeeeeeeeeeeeee  eeeeiiiiieeeeeeeeeeeeee oooooooooooooiiiiiiiiiiiiieeeeeeeeeeeeeeuuuuuuuuoooooiiiiiiiiiiiiiii eeeeeeeeeeeeeee ooo iii……………. …………. …….. ….. … .

Qui per l’ascolto dell’album.

High Wolf, Jeremiah Jae, Jeans Wilder ma soprattutto Boutaiba Sghir

Shangri L.A, di High Wolf. Lui è franco-brasiliano e la grafica acida mistica e psichedelica del suo myspace spiega bene il tipo di suoni che produce: loop indiani, field recording, nostalgia per l’amazzonia ed elettronica stellare (nell’altro album c’è un pezzo che si chiama “Solar System Is My god”). Assieme a Forest Swords e Sun Araw è uno dei migliori esempi di musica drogata che ho sentito quest’anno.

Pezzi molto lunghi, per cui rimando direttamente all’album o al myspace.

“The Caliph’s Tea Party” è la già segnalata raccolta di remix di A sufi and a killer. Pochi quelli interessanti, nonostante la presenza dei Broadcast & Focus Group (è loro il pezzo che dà il titolo alla raccolta, ma non è niente di che) e di nomi osannati tipo Oneohtrix Point Never (che continuo a trovare noioso). Fra questi pochi interessanti invece mi ha colpito quello di Jeremiah Jae, nome che ho provveduto a cercare in un noto motore di ricerca ritrovandomi poco dopo a scompattare un misterioso zip con alcuni suoi pezzi. Suono liquido e nebbioso allo stesso tempo. Pare che abbia a che fare con Flying Lotus. Qualcosa si può sentire anche da Soundcloud, mentre qui c’è un suo ipnotico video. A seguire spaceman, da non confondere con.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/10/1.-Spaceman.mp3|titles=1. Spaceman]
Jeremiah Jae – Spaceman


Jeans Wilder invece è pop lo-fi suonato in una vasca da bagno. O forse in una piscina, visto che uno dei suoi pezzi migliori si chiama Deep end of the pool. Comunque sa di svogliatezza, sonnolenza da tramonto, calo di pressione e nostalgia.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/10/jeans-wilder-tough-guys.mp3|titles=jeans wilder – tough guys]
Jeans Wilder – Tough Guys

Ecco, soddisfatte le orecchie giovani che chiedono sempre novità, parliamo invece delle cose davvero meritevoli, e in particolare di Boutaiba Sghir, considerato il re precursore del raï. Consiglio assolutamente la visione di questo concerto (sono 8 minuti) non solo per apprezzare Boutaiba Sghir ma anche e soprattutto il suo pubblico.

E per finire varie cose che non ci stavano nel post:

Secondo semestre

Qualche segnalazione, anche se ce ne sarebbero molte altre.

Quando l’antropologia incontra la musica elettronica. Gli Shangaan sono una tribù divisa fra Mozambico meridionale e Sud Africa, saliti alla ribalta internazionale qualche mese fa grazie alla raccolta Shangaan Electro: New Wave Dance Music From South Africa, che mette insieme alcuni brani dei maggiori esponenti della musica popolare shangaanese, un genere assurdo di elettronica suonata e ballata a ritmi inumani, piena di suoni presi direttamente da tastiere Bontempi di quarta fascia e con voci al limite del paranormale. Se tutto ciò vi sembra una porcata è perché effettivamente è una porcata, eppure la cosa incredibile ed inspiegabile è l’effetto assolutamente ipnotico di questi pezzi, che nonostante tutto riescono a mantenere in qualche modo un’aura mistica, quasi sovrannaturale. Talmente mistica che dopo venti minuti di marimbe a 180bpm ho avvertito chiari e forti i segni di una crisi di derealizzazione. Tenete i vostri antipsicotici a portata di mano.
Ah, categoricamente imperdibili i vari video di accompagnamento, per esempio questo eterno capolavoro.
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/01-bbc-ngunyuta_dance.mp3]BBC – Ngunyuta Dance
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/09-tiyiselani_vomaseve-naxaniseka.mp3]Tiyiselani Vomaseve – Na Xaniseka

Poi è uscito anche Send Ultimate dei Wire, che a quanto pare sarebbe la versione espansa di Send, a sua volta una riedizione di brani composti dal gruppo agli inizi degli anni duemila, che comunque non ho ascoltato. A dire il vero dei Wire ho ascoltato solo il celeberrimo Pink Flag, che come al solito sembra essere piaciuto a tutto il mondo tranne che a me. Comunque, Send Ultimate è abbastanza interessante. A tratti forse un po’ troppo curato, un po’ troppo “post-punk per papà”, ma interessante.
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/108-wire-read_and_burn.mp3]Wire – Read and Burn
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/204-wire-germ_ship.mp3]Wire – Germ Ship

Passiamo a King Night, primo full-length dei Salem, che forse qualcuno già conosce. L’album non è niente di particolare, nel senso che riprende esattamente lo stesso stile dei vari EP pubblicati in precedenza dal gruppo ed è quindi consigliatissimo, almeno a chi apprezza quel genere di shoegaze malefico e dronico e distorto e stirato e disperato ormai noto come drag.
In allegato anche un brano che ha allietato le mie altrimenti inutili serate estive: l’edit (in versione drag appunto) di “Better Off Alone” degli Alice Deejay, una canzone eurodance che ho amato visceralmente ai tempi delle medie.
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/08%20Hound.mp3]Salem – Hound
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/02%20Asia.mp3]Salem – Asia
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/SALEM%20-%20Better%20Off%20Alone%20%28edit%29.mp3]Alice Deejay – Better Off Alone (Salem edit)

Altra segnalazione per Pop Negro dello spagnolo El Guincho, album di cui stanno parlando tutti i giusti dei blog musicali e che credo possa diventare la nuova moda dell’autunno. Da ascoltare preventivamente per non fare brutta figura con chi vi chiederà un’opinione, ma anche perché è divertente, perché contiene esattamente ciò che dice il titolo (praticamente gli Animal Collective in vacanza al mare) e soprattutto perché ha un cazzo di polpo in copertina, che diamine.
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/01%20Bombay.mp3]El Guincho – Bombay
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/04%20Soca%20Del%20Eclipse.mp3]El Guincho – Soca Del Eclipse

E visto che abbiamo tirato in ballo gli Animal Collective, come non parlare di ODDSAC. E’ la colonna sonora dell’omonima opera visuale psichedelica diretta dall’artishta shperimendale Danny Perez, già autore della loro performance al Guggenheim. Il “film” è bello (pieno di sequenze lisergiche ed evocative come non ne vedevo almeno dai tempi di Altered States) e le musiche – che accompagnano perfettamente il video – pure. L’album in sé si discosta notevolmente dallo psicopop di Merriweather Post Pavillion per tornare alle radici più tipicamente drogate del gruppo, per grande gioia, penso, di tutti. Assolutamente consigliato l’ascolto ma ancor più consigliata la visione per apprezzare appieno il trip.
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/6%20Urban%20Creme.mp3]Animal Collective – Urban Creme
[audio:http://dl.dropbox.com/u/6431609/13%20What%20Happened%20-%20Credits.mp3]Animal Collective – What Happened (Credits)

Poi, roba che non mi è piaciuta e di cui mollicamente non parlerò (lista in continuo aggiornamento)
Chromeo – Business Casual
Röyksopp – Senior
DJ Shadow – Def Surrounds Us / I’ve been trying

E per finire un po’ di cazzate random:
Pan Sonic vs. Fabrizio Corona
Il suono della dopamina
Aphex Twin live feat. il noto gruppo di oligofrenici Die Antwoord

Buone nuove: United Nations e TwinSisterMoon

Ricordo un’intervista emblematica fatta a Jackson Pollock (è raccolta nel libro Lettere, Riflessioni, Testimonianze, ho caricato qui un frammento dal film di Ed Harris):

Pollock, a suo avviso qual è il significato dell’arte moderna?
Per me l’arte moderna non è altro che l’espressione degli ideali (e le tensioni) dell’epoca in cui viviamo.

Ci sono state molte polemiche e commenti sul suo metodo pittorico. Vuole dirci qualcosa in proposito?
Penso che nuove esigenze richiedano nuove tecniche. E gli artisti moderni hanno trovato nuovi modi e nuovi mezzi per affermare le loro idee. Mi sembra che un pittore moderno non possa esprimere la nostra epoca, l’aviazione, l’atomica, la radio, nelle forme del Rinascimento o di un’altra cultura passata. Ogni epoca ha la propria tecnica.

E’ importante, qui, specificare solamente come la terminologia “moderno” assuma un significato differente in America rispetto alla scansione temporale che gli storici dell’arte hanno praticato in italia (da noi, pressappoco dalle avanguardie ad oggi, l’arte viene chiamata “contemporanea”).
Tutto ciò può far balzare agli occhi una cosa: di come l’espressione musicale, malgrado differente nei mezzi rispetto ad altre forme, sia più lenta ad agganciare i cambiamenti epocali, e lo dimostrano gli strumenti che si adoperano. Allo stesso tempo è facile notare come la cultura del tempo (o il Kunstwollen, per citare dottamente quel bacucco di Riegl) incida meno e in maniera più arrancata sulla forma della musica.
Ma gli strumenti evolvono, come il mondo in cui ci troviamo, e Beethoven non avrebbe mai potuto usare le chitarre scatenate degli United Nations o i droni malinconici dei Natural Snow Buildings. Che sicuramente rappresentano, anche se in maniera apparentemente eterogenea nelle forme, lo spirito del nostro tempo.

Nuovo EP per quel gruppo che indossa maschere di Reagan e tendono ad avere problemi di censura. Presenti in questa classifica in buona compagnia. 4 tracce che consiglierei di ascoltare anche al mio nemico.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/06/01-Pity-Animal.mp3]
United Nations – Pity Animal

Vediamo di seguito cosa c’entrano i Natural Snow Buildings. Cercando in rete qualche primizia sul duo transalpino, congiuntamente a qualche foto porno e alla conferenza di Marcello Lippi sulla partita di oggi, mi sono accorto di aver tralasciato un lavoro importante e maestoso pubblicato durante il loro cammino. Sto parlando di The Snowbringer Cult. Composto da due cd, prodotti da tre gruppi che in realtà sono della stessa parentela. Il primo è quello della metà femminile dei Natural Snow, in arte Isengrind. Nulla di speciale, e neanche il suo ultimo lavoro purtroppo mi ha fatto ricredere, per cui una volta e per tutte le consiglio di accoppiarsi in maniera definitiva col suo maschio nelle vicinanze.
Il resto della raccolta però è tutta bellissima. Mi son genuflesso come facevano nel medioevo davanti ad un Cristo triumphans. E la scoperta son stati i Twinsistermoon, in realtà è l’altra metà del gruppo. Si, stiamo in casa insomma, non si capisce che cazzo facciano ‘sti due in casa, ma comunque siano sempre lodati.
Psichedelia, drone, ambient, folk, marce funebri e tardo medioevo. Bellissimo anche tutto l’album del 2009.
Insomma, il duo francese è prolifico, ed è da tenere d’occhio (non mi dilungo, ma chi non ha mai ascoltato l’eterno The Dance Of The Moon & The Sun, è meglio che interrompa immediatamente cosa stia facendo e ripari al danno), anche in vista dell’annuncio di un prossimo. Per cui scaricate pure, ed acquistate, se volete vedere tra i più bei packaging e artworks per cd (corredati talvolta di fumetti, ad opera della stessa Isengrind). Per altri dettagli e approfondimenti rimando, e purtroppo devo farlo stavolta, alla scheda della rivista Sentireascoltare.

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/06/09-Amantsokan.mp3]
Twinsistermoon – Amantsokan

[audio:http://www.guylumbardot.com/wp-content/uploads/2010/06/12-SPells.mp3]
Twinsistermoon – SPells